Dal finanziamento alle minacce con la pistola (finta): l’odissea di una vedova
La signora ha denunciato l’uomo, sostenendo che si fosse qualificato come “commercialista” per indurla a chiedere un prestito e poi appropriarseneSi è ritrovata in una situazione drammatica dopo la morte del marito, titolare di una ditta artigiana. C’erano i debiti con l’Agenzia delle Entrate da pagare, erano tanti: cifre con cinque zeri. Per fortuna, aveva pensato, poteva contare su qualcuno che l’avrebbe aiutata: un signore che - dice lei - si era presentato con tutte le credenziali. “Ha sempre detto di essere un commercialista, o consulente del lavoro. Stava cercando uno studio a Savigliano, ma siccome ero senza patente mi avrebbe incontrata a casa” ricorda la donna che l’avrebbe in seguito querelato, per i reati di truffa e violenza privata.
A.R., oggi in carcere per altre vicende, è la persona accusata di aver prima “assistito” e poi minacciato la vedova. Sarebbe stato lui a convincerla a chiedere un finanziamento da cinquemila euro, per poi intascarselo, con la scusa di sottrarre quel piccolo gruzzolo alle mire del fisco: “Mi aveva aiutata nel disbrigo delle pratiche con Equitalia, suggerendomi un finanziamento. A questo scopo ha fatto venire a casa mia un signore, con cui lui diceva di aver parlato in precedenza, e ho firmato le carte”. Ma nell’ottobre del 2020 la signora aveva preteso la restituzione della somma: “Sono andata a casa sua, su invito di lui, e gli ho detto che se non mi avesse ridato i soldi l’avrei denunciato. Lui si è presentato con un panno al cui interno c’era una pistola: mi ha detto ‘ho già gambizzato mio fratello, non ho problemi a farlo con tuo figlio’”. Perché quel riferimento così personale? “Mio figlio si era informato su di lui, mi aveva anche messa in guardia, ma io non l’avevo ascoltato. Avevo paura e ormai ero rimasta sola”.
La denuncia sarebbe quindi arrivata, due giorni dopo. I carabinieri avevano in effetti rinvenuto una pistola nell’abitazione dell’indagato, ma si trattava di un’arma giocattolo: “Era una scacciacani senza il tappo rosso, simile a quella descritta dalla vittima” ha spiegato in aula il maresciallo Pierluigi Sirizzotti, comandante della stazione di Cavallermaggiore. I militari avevano inoltre verificato che A.R., titolare di un’agenzia di disbrigo pratiche a Savigliano, non risultava iscritto presso l’ordine dei commercialisti, né a Cuneo né in ambito nazionale. Ulteriori accertamenti presso l’Agenzia delle Entrate, svolti dalla Guardia di Finanza di Fossano, avevano escluso che fossero stati effettuati accessi presso gli uffici di Savigliano e Fossano su delega della querelante. Stando alle deposizioni, A.R. si sarebbe presentato come “nipote” della donna: non risulta, tuttavia, che tra loro sussistano rapporti di parentela.
“Non ha mai chiesto una parcella per quello che faceva, ha sempre detto ‘non mi devi niente’” aggiunge la persona offesa. A tutt’oggi, una quota sulla pensione di reversibilità di suo marito viene trattenuta per assicurare il rientro del debito: “A causa sua - dice la donna, riferendosi all’imputato - i miei figli avevano interrotto i rapporti con me, perché mi ritenevano un’ingenua”.
Il 15 febbraio è in calendario la discussione del procedimento.
Andrea Cascioli
SAVIGLIANO CARABINIERI - truffa - Savigliano - Cronaca - processo