La Procura chiede la condanna per la “iena” Giulio Golia: “Oltrepassati i limiti”
L’inviato della trasmissione di Italia Uno è a processo per diffamazione dopo la denuncia di un tecnico ortopedico di Savigliano, finito sotto accusa in un servizio tvVolge al termine il processo per diffamazione contro Giulio Golia celebrato davanti al tribunale di Cuneo. La “iena” di Italia 1 è stata denunciata da un tecnico ortopedico di Savigliano per un servizio, mandato in onda nell’ottobre del 2018 dalla popolare trasmissione televisiva.
Il pezzo d’inchiesta intitolato “L’uomo a cui hanno rubato le gambe” prendeva origine dalla storia di un artigiano di Treviso, Fulvio Marotto, che nel 2003 aveva subito l’amputazione degli arti inferiori a causa di un’infezione da meningococco. In seguito aveva deciso di costruire da sé un paio di protesi, secondo una tecnica che aveva suscitato interesse anche da parte di numerosi esperti di settore. Dopo aver incontrato Galfione in una fiera sanitaria nel 2010, Marotto aveva avviato con lui una collaborazione. Quando due anni dopo il tecnico saviglianese aveva presentato un brevetto relativo a una protesi, Marotto si era sentito defraudato della sua invenzione. Le Iene si erano occupate della vicenda intervistando sia Marotto, sia Galfione. A carico di quest’ultimo, Golia non aveva lesinato giudizi critici: la frase “da una parte abbiamo il classico inventore e dall’altra il classico furbetto che, fiutato il business, si è intascato l’idea”, in particolare, è quella che ha spinto l’ortopedico a chiedere al tribunale di dirimere la questione.
In istruttoria il giudice ha ascoltato entrambi i protagonisti della vicenda, nonché lo stesso Golia, presentatosi per rispondere alle domande del pubblico ministero e degli avvocati: “Nelle mail a Marotto - ha spiegato - Galfione si era esposto abbastanza, raccontando di non aver mai visto una protesi del genere. Quando lo abbiamo incontrato a Savigliano è stato molto gentile, abbiamo realizzato un’intervista di un quarto d’ora circa che poi è stata montata e inserita nel servizio. Abbiamo eliminato le pause, ma non è stato alterato il senso di quanto aveva detto”. Circa la paternità della frase sul “furbetto” accusato di essersi “intascato l’idea”, l’anchorman ha spiegato: “Utilizziamo un copione solo in fase di post-produzione. È il cosiddetto stand up, la parte in cui spieghiamo ciò che è accaduto. Quando giriamo, invece, non c’è nulla di preparato”. Stamane in aula è stato sentito l’autore del servizio, Marco Fubini, il quale ha affermato di condividere i dubbi già espressi da Golia: “Ci ha colpiti il fatto che Galfione non abbia raccontato i particolari del suo brevetto, mentre era palese che Marotto maneggiasse questi argomenti nella sua quotidianità. Anche l’approccio di Galfione nei confronti di Marotto era chiaro, affermava che lui avesse superato la sua idea e che la sua invenzione avesse tratti di genialità”. All’intervista con Le Iene, ha aggiunto l’autore, “Galfione si era presentato con una cartellina smilza che sembrava preparata per una difesa e con documenti in inglese che lui non riusciva a leggere: tutto un po’ farraginoso, un po’ furbetto. Il servizio avrebbe potuto cambiare verso se avesse portato altre argomentazioni: certo noi lo possiamo condire con commenti ironici o esaltarne alcune parti, ma il live è quello”.
Quanto ai contenuti dell’intervista, nell’udienza in cui è stato sentito Galfione ha smentito di aver commesso una gaffe, mostrando alle Iene uno studio scientifico la cui pubblicazione - secondo Golia - era posteriore e non precedente alla data del suo brevetto: “La ricerca che ho mostrato a Golia è del 1999 e si riferisce a un sistema sviluppato già negli anni Settanta”. Benché la decisione di interrompere la collaborazione con Marotto fosse stata presa solo tre mesi prima di presentare il brevetto, ha aggiunto il tecnico, a quello scopo stava lavorando già da prima di conoscere il trevigiano: “Il metodo di Marotto non mi sembrava molto professionale né efficace e l’idea di base era comunque già nota”.
Nei confronti di Golia il pubblico ministero Gianluigi Datta ha formulato una richiesta di pena pecuniaria quantificata in 2.500 euro: “Golia è un freelance, non un dipendente di Mediaset RTI, a maggior ragione avrebbe potuto scegliere di non realizzare un servizio il cui contenuto diffamatorio è evidente già dal titolo. C’è una ricerca dello scoop che travalica i limiti del diritto d’informazione”. Benché secondo il rappresentante dell’accusa l’intervistatore non sia l’unico responsabile del danno d’immagine arrecato, la “iena” avrebbe comunque diffamato l’autore della querela: “Non si capisce perché la versione di Marotto fosse giudicata più ‘genuina’ di quella di Galfione, per usare le parole dell’autore dei testi”. Il procuratore ha richiamato anche un caso recente e non collegato, relativo al suicidio di un uomo che era finito “nel mirino” della trasmissione di Mediaset: “In un’intervista di pochi giorni fa a La Stampa, lo stesso Piersilvio Berlusconi ha invitato a un vaglio più attento. Anche in questo caso i limiti sono stati superati, creando danni alla persona offesa”.
Al 20 marzo del prossimo anno è fissata la discussione della parte civile e della difesa, prima della sentenza del giudice.
Andrea Cascioli
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