L’esame della pressione oculare non è reato: assolto un ottico fossanese
Era a processo per esercizio abusivo della professione. Ad avviare le indagini, per conto degli oculisti, un’investigatrice privata che si era finta clienteÈ una sentenza che farà giurisprudenza, nel settore professionale interessato, quella che il tribunale di Cuneo ha pronunciato nei confronti di un ottico fossanese, a processo per esercizio abusivo della professione. Assolto perché il fatto non sussiste, ha stabilito il giudice Anna Gilli: nessun reato è stato commesso dal professionista al quale si imputava l’utilizzo di un macchinario riservato - in teoria - agli oculisti.
Si tratta del tomografo a soffio, usato per misurare la pressione oculare dei pazienti e utile in particolare a chi è affetto da glaucoma. Prima dell’introduzione di questo apparecchio, per rilevare la pressione occorreva un anestetico e quindi un oculista che potesse somministrarlo. Il nuovo strumento, invece, sfrutta un soffio d’aria che modifica per una frazione di secondo la curvatura della cornea e fornisce il dato. Il problema è che il tonometro a soffio non figura nell’elenco delle strumentazioni che gli ottici sono autorizzati ad utilizzare. La normativa in materia, risalente al 1992, non è mai stata aggiornata.
Su questo hanno fatto perno le argomentazioni difensive del giovane ottico, contro il quale si erano costituiti in giudizio la Società Oftalmologica Italiana e l’Ordine dei Medici. Nel maggio del 2020, all’interno del suo negozio di Savigliano, l’ottico era stato avvicinato da una cliente che aveva chiesto di poter effettuare la misurazione della pressione oculare. La donna ha raccontato di aver fatto presente la propria familiarità con il glaucoma e anche che l’esercente le aveva consigliato, più volte, di rivolgersi a un oculista. Ciononostante, alla fine aveva acconsentito a effettuare l’esame con un tonometro a soffio. L’ottico aveva riscontrato la presenza di piccole macchie sull’iride e sollecitato “controlli specifici presso un oculista, perché lui non poteva rilasciare una diagnosi, non essendo un medico”. Lei, però, non era una cliente qualsiasi. Si trattava infatti di un’investigatrice dell’agenzia Argo di Milano, incaricata dalla Soi.
All’esito dell’istruttoria, il pubblico ministero Anna Maria Clemente ha chiesto per l’imputato una condanna a quattro mesi e 8mila euro di multa: “Il tonometro serve a rilevare eventuali cambiamenti della pressione oculare per ottenere una diagnosi precoce. Proprio per questo è necessario che venga impiegato da un medico” sono state state le conclusioni dell’accusa. Ad esse si era associata la parte civile con l’avvocato Riccardo Salomone: “È stata violata una legge che sicuramente vieta l’utilizzo del tonometro a professioni che non siano medici oculisti e un decreto che vieta l’acquisto di determinati strumenti”.
L’avvocato Renzo Cocchi, difensore dell’imputato, ha evidenziato come “l’investigatrice non ha ricevuto alcuna diagnosi e lei stessa aveva detto di avere familiarità col glaucoma”. Il semplice utilizzo dello strumento, ha aggiunto, “non è elemento sufficiente a formulare una diagnosi di glaucoma” e non costituisce in sé una violazione: “Cosa è vietato? È vietato compiere questa rilevazione accompagnata da una diagnosi”. Sul tema si era espresso tra l’altro il presidente nazionale di Federottica, Andrea Afragoli, denunciando “un disallineamento oggettivo” fra le competenze attuali degli ottici e il loro profilo professionale, vecchio di un secolo. Un problema sentito dalla categoria, soprattutto da quando la tecnologia ha fornito molti strumenti, come il tonometro, che prima non esistevano.
Andrea Cascioli
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