Mezzo secolo di delitti insoluti in provincia Granda
Dal costruttore Dutto al medico Motta, passando per il brutale assassinio di ‘Menta’ e della coppia del camper. Ora anche il caso di Gambasca si chiude senza risposteCon la tragica fine di Modesto Barra, uccisosi due giorni fa nella sua cella a Cerialdo, si è probabilmente chiuso ogni spiraglio per arrivare a una verità giudiziaria sulla morte di Baldassarre Ghigo.
Il boscaiolo Barra era infatti l’unico imputato nel processo per l’omicidio del pensionato fossanese, avvenuto nel novembre 2015 a Gambasca, piccolo comune della valle Po in cui l’accusato risiedeva. Un’inchiesta che la Procura di Cuneo aveva provato ad archiviare per ben due volte, prima che la Procura generale di Torino la avocasse a sé portandola davanti alla Corte d’Assise. Il processo era giunto quasi alle ultime battute. Tra i passaggi mancanti, proprio l’esame che l’imputato, sempre proclamatosi innocente, avrebbe dovuto rendere in aula il mese prossimo. Dal momento che non si è mai ipotizzata la presenza di complici, a meno di clamorosi colpi di scena tutto si chiuderà qui. Salvo che non si decida di approfondire l’ipotesi suggerita dal medico legale, il dottor Abrate: cioè che Ghigo, in quell’auto, si sia in realtà suicidato. Sarebbe un’eventualità che renderebbe ancora più assurda la sorte di un uomo a cui la sopportazione del carcere ha reso insopportabile la vita stessa.
In termini giuridici, si parla in questi casi di ‘estinzione del reato per morte del reo’. È ciò che è avvenuto dopo l’omicidio-suicidio consumatosi nel centro di Cuneo lo scorso 4 luglio, quando il 65enne Germano Sciandra è entrato nel negozio Dimo Sport ponendo fine all’esistenza del titolare ed ex socio Marco Deangelis e poi alla propria, nel giro di pochi, atroci secondi. Tanti interrogativi sul movente del gesto ma nessun giallo, dal punto di vista degli investigatori. Così come è accaduto negli ultimi venticinque anni, punteggiati da delitti risolti ‘sul momento’ o dopo brevi indagini. Tra questi si ricordano due omicidi avvenuti nel capoluogo, quello del 25enne Matteo De Cerce a opera di Santino Cimino nel 2011 e del 19enne Filippo Verros, sgozzato da Bruno Stefano Monchiero nel 2008 davanti a un locale di piazza Boves.
Ci sono poi stati casi che hanno richiesto tutta la bravura delle forze di polizia ma che sono arrivati lo stesso a un verdetto: il delitto della ‘casa degli orrori’ di Borgo San Giuseppe nel 1995, quando la senzatetto tedesca Ingrid Obermeier venne trucidata dal francese Patrick Schaff, ex legionario e vagabondo, autore anche di altri due delitti. Nel 2000 l’omicidio del musicista Giovanni Sacchi a Madonna della Riva, che per settimane fece temere l’esistenza di un ‘killer delle coppiette’ pronto a colpire di nuovo. La morte nel 2001 del piccolo Maverick Argenta, incolpevole vittima di una faida tra i nomadi di Villafalletto e di Carmagnola. E solo pochi mesi fa l’efferato, assurdo delitto di Anna Piccato a Barge, opera di uno sbandato che le avrebbe rubato la miseria di 3 euro e venti centesimi.
Per arrivare a un giallo insoluto bisogna tornare al 21 luglio 1994, con l’assassinio del dottor Renato Motta, ex primario di radiologia dell’ospedale di Cuneo, nel suo studio in via Statuto. Le indagini si concentreranno sul savonese Mauro Ansaldi, fidanzato della figlia minore di Motta, che dopo un calvario processuale verrà comunque prosciolto e risarcito per l’ingiusta detenzione (l’ex accusato, in seguito sposatosi con la sua fidanzata di allora, si è suicidato nel 2005).
In quei primi anni Novanta le cronache de ‘La Stampa’ tornano più volte sui misteri insoluti della Granda, enumerandoli a partire dal 1970. Gianni De Matteis ne conta tredici cominciando da quello della prostituta 33enne Lina Lio, uccisa a coltellate nel suo appartamento di via Roero 10, nel centro storico di Cuneo. Si sospettò la vendetta di un protettore, ma non si seppe nulla di certo. Il fascicolo sarà archiviato.
Al mattino del 23 novembre 1974 risale la scoperta di due cadaveri in riva a un canale, in località Mellea di Centallo: è un pescatore a ritrovare i corpi del 18enne Angelo Barisone e del 19enne Chiaffredo Cavallo. I due giovanissimi di Tarantasca, amici d’infanzia, sono stati vittime di un’autentica esecuzione. Si pensò che avessero avuto un ruolo in una rapina avvenuta quello stesso giorno in paese, e fossero poi stati giustiziati da banditi più esperti. Nessun elemento decisivo venne però raggiunto.
Il 21 marzo 1979 l’episodio tuttora più ricordato a Cuneo città, e non solo: pochi minuti prima delle otto, in viale Angeli, la Bmw del costruttore Attilio Dutto salta in aria nel momento in cui il conducente avvia il motore. Il presidente della finanziaria Euroleasing muore dilaniato da due chili d’esplosivo, ma sarebbe potuta essere una strage considerando che pochi istanti prima era passata lì davanti un’intera scolaresca. Dutto era stato uno dei grandi artefici del boom edilizio della Costa Azzurra e dietro alla bomba, senz’altro piazzata da professionisti, si sospettò la mano della mafia di Marsiglia. Eppure, a quarant’anni di distanza, non si è mai capito chi fossero i mandanti né gli artefici dell’attentato.
Nello stesso anno, altri due fatti di sangue turbano la quiete della provincia Granda: il 12 marzo, nel cortile di un caseggiato in via Saluzzo a Cuneo, era stato rinvenuto il corpo del 31enne Giuseppe Vargiolu detto ‘Barba’, un sardo trasferitosi a Bra. Dopo una nottata in un bar di piazza Virginio si era allontanato esclamando “vado a dare una lezione a quello lì”: non si sa con chi ce l’avesse, forse il protettore di una prostituta di cui si era invaghito. Sta di fatto che venne ritrovato con il cranio fracassato dopo un volo a testa in giù: omicidio premeditato, tentativo di sfuggire a un’aggressione o suicidio, nessuno ormai può dirlo.
A Capodanno, l’operaio Angelo Delfino di Villar San Costanzo viene centrato da un colpo alla testa mentre si trova nei pressi dell’eremo di Busca, in compagnia di una collega che sopravviverà a una ferita al torace. Sembrò accertato il movente passionale, malgrado le reticenze della donna, non così il colpevole.
Nessun responsabile nemmeno per la scomparsa dell’allevatore 22enne di Villafalletto Paolo Astesana, avvenuta la sera del 22 settembre 1986: dopo aver parlato al telefono con una donna, lasciò la partita a carte iniziata con gli amici dicendo di doversi incontrare con qualcuno a Cuneo. “Se mi aspettate torno per un’altra partita” esclamò prima di uscire dal bar in paese. Un’ora e mezza dopo giungerà alla sua famiglia la chiamata di uno sconosciuto che affermava di averlo rapito e di volere un riscatto. Dopo il ritrovamento della sua auto nei pressi dell’ex Celdit di Madonna dell’Olmo, non si saprà più nulla sulla sorte di Astesana.
L’anno 1990 è segnato da due brutali vicende criminali, avvenute a distanza di un mese: il mattino del 16 settembre l’ambulante 75enne Domenico Ponteprino, conosciuto da tutti a Cuneo come ‘Menta’, viene trovato sgozzato nell’androne della sua abitazione in via Bisalta. Si sospetta che l’anziano conservi un ‘tesoro’ milionario da qualche parte, e i suoi aguzzini lo torturano tutta la notte per farsi rivelare il nascondiglio. I contanti ritrovati dopo la sua morte, invece, saranno appena sufficienti a pagargli i funerali.
Il 18 ottobre, la 37enne Felicina Brugiafreddo e il 30enne Aldo Bruno, impiegati del Catasto di Cuneo, vengono freddati da una 357 Magnum all’interno di un camper, parcheggiato in una piazzola a Crissolo. Stesso orribile destino attende a undici mesi di distanza il fiorista 21enne di Caraglio Emiliano Cecco, ucciso con cinque colpi di Beretta sulla Colletta di Barge, mentre riposa a bordo del suo furgone. Delitti da serial killer, e infatti il maggior indiziato in entrambi gli episodi sarà il pluriomicida Arrigo ‘Rambo’ Candela, guardia giurata di Baldissero Canavese, più tardi arrestato e condannato in Francia per l’assassinio di un poliziotto: la responsabilità di ‘Rambo’ è stata accertata anche in relazione a tre omicidi commessi nel Torinese, mentre resta probabile, ma non certa, la sua colpevolezza per i casi di Crissolo e Barge.
Una domanda senza risposta è quella relativa all’identità di chi il 30 ottobre dello stesso 1991, ad Alba, sparò due colpi di fucile contro il possidente Francesco Miroglio, centrandolo alla schiena e in testa. Miroglio, cugino dei proprietari dell’omonimo marchio di abbigliamento, venne colpito nel cortile della sua villa ‘La Favorita’, in località Altavilla. Mistero fitto, da allora, sui possibili moventi. La morte di due conviventi di Serralunga d’Alba nella stessa sera d’autunno farà addirittura parlare di ‘lupara nelle Langhe’. Ma almeno in quel caso si scoprirà la verità: non un delitto di mafia, bensì una vendetta privata.
Andrea Cascioli
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