Parla la prof accusata di abusi su un alunno: “Lui mi ha sedotta, ho sbagliato”
La donna, all’epoca 36enne, ammette i rapporti sessuali e le foto hot inviate al minorenne: “Ma è successo tutto quando non ero più la sua insegnante”Il sesso c’è stato, “in tre o quattro occasioni”. Anche i regali - sempre piccole somme di denaro - e i messaggi spinti sul telefonino, con quelle fotografie hot che lui le aveva chiesto come “pegno d’amore”: “Le aveva chieste più volte perché non riuscivamo a vederci di persona, diceva che le avrebbe tenute solo per sé: io stupidamente le ho fatte e gliele ho mandate”.
Lui è un giovane di origini straniere che è cresciuto e ha studiato in provincia di Cuneo. Lei, la sua ex professoressa di scuola media. Oggi la donna è chiamata a rispondere di abusi sessuali su minore e stalking, dopo la denuncia presentata nel 2018 dalla madre del ragazzo. In tribunale ha raccontato che il figlio aveva cominciato a comportarsi in modo strano: “Passava serate intere al telefono con lei ed era diventato molto scontroso con me”. La scoperta di quelle foto, dei messaggi con vezzeggiativi come “cucciolo” o “amore” da parte di una donna di vent’anni più grande, l’aveva quindi indotta a rivolgersi alle forze dell’ordine e alla preside: “Un po’ per volta le cose sono emerse, dopo la denuncia e l’interrogatorio in Procura mi ha parlato anche del fatto che avevano avuto rapporti sessuali”. L’insegnante, una 36enne residente a Savigliano, era stata assegnata ad altri compiti. Ora deve difendersi dalle accuse in aula, compresa quella di aver perseguitato il suo “pupillo” perfino dopo l’allontanamento: “Ha continuato a contattare mio figlio anche dopo la denuncia - ha detto la madre del ragazzo -, gli chiedeva cancellare tutte le conversazioni tra loro: creava altri profili social per poter comunicare con lui”.
Nell’ultima udienza l’imputata ha risposto alle domande dei giudici e delle parti, ricostruendo la genesi del suo rapporto con l’allievo-amante. Da insegnante di sostegno, aveva seguito il percorso scolastico dell’adolescente: “Mi era stato spiegato che il suo non era un ritardo cognitivo, ma un problema comportamentale. Si trattava di aiutarlo ad essere più efficiente a scuola”. Per evitare il rischio che abbandonasse gli studi, la prof aveva accettato di seguirlo anche in orario extrascolastico: “D’accordo con gli educatori e la madre - precisa -, visto che lui diceva di trovarsi molto bene con me. Veniva a casa mia per qualche ora alla settimana e facevamo i compiti, c’era anche mia figlia che frequentava lo stesso anno, perciò potevano studiare assieme”. In più occasioni il giovane avrebbe chiesto di rimanere a casa della prof anche alla sera: “Una volta non voleva saperne di tornare a casa sua. L’ho accompagnato alla fermata del bus pensando che la questione si sarebbe risolta come era già accaduto, ma dopo un po’ sua madre mi ha chiamata perché il figlio non era rientrato e non rispondeva. Gli ho telefonato, ha detto che sarebbe rimasto fuori quella notte perché in famiglia stava male. Era disperato”. La docente afferma di aver raggiunto il ragazzo e di aver cercato di persuaderlo a tornare a casa. Solo dopo un consulto con l’educatore e la psicologa che lo seguivano avrebbe poi deciso di ospitarlo.
Questo episodio avrebbe contribuito ad avvicinare ancora di più i due: “Abbiamo instaurato un rapporto più stretto: aveva bisogno di una figura autorevole accanto a lui. Io sapevo che aveva subito violenze in passato e avevo preso a cuore la sua situazione, ero anche preoccupata perché frequentava una cattiva compagnia. A scuola parlava pochissimo, gli altri insegnanti mi dicevano che era molto agitato quando non c’ero”. Solo con il cambio di incarico della professoressa, sollecitato dalla madre dell’allievo, i rapporti si sarebbero interrotti, per poi riprendere dopo la fine dell’anno scolastico e sfociare in una relazione sessuale: “Mi ha ricontattata tramite mia figlia. Quando ci siamo rivisti aveva un atteggiamento molto più deciso, ha provato anche a baciarmi ma mi sono sottratta. Nel corso dell’estate è venuto altre volte a casa mia, ritentando un approccio sessuale: in quella situazione, sbagliando, mi sono lasciata andare”.
A detta dell’imputata, la “relazione proibita” si sarebbe consumata solo dopo l’interruzione dei loro rapporti scolastici, non durante, come invece sostengono sia il ragazzo che tutti i testimoni d’accusa. Inoltre, secondo la difesa il giovane aveva in realtà sedici anni al momento dei fatti: “Mi disse che suo padre l’aveva registrato all’anagrafe solo un anno dopo la sua vera nascita” giura la prof. La questione è dirimente, perché la legge ammette i rapporti sessuali consenzienti con un partner che abbia compiuto quattordici anni, a meno che l’adulto non eserciti nei confronti del minore una funzione di tutela o di responsabilità, come appunto quella tra insegnante e allievo: in quel caso, il limite è elevato a 16 anni.
L’accusata sostiene di non essere mai stata innamorata di lui, nonostante i regalini e le frasi inviate via Whatsapp, quando ancora si frequentavano a scuola: parole come “vorrei che tu vedessi il tuo viso e sentissi la tua voce quando ti lasci andare, e quando ti lasci andare ci sono io davanti a te, ci sono io dentro di te. Ti amo cucciolo”. “Lo dicevo in senso affettuoso, per dargli sicurezza, non perché avessimo già una relazione” risponde lei. Anche quel tatuaggio con il nome di lui che si era fatta, spiega, sarebbe un più generico “omaggio” alle persone con lo stesso nome che aveva incrociato nella vita: “Era solo affetto”.
Il 7 settembre in tribunale verranno ascoltati tutti i testimoni convocati dalla difesa.
a.c.
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