Giovanni Lo Vano a Canaleontica per presentare "Temporale"
Una chiacchierata con il frontman dei Tanz Akademie per parlare della sua prima pubblicazione, di poesia, di canzoni, del perché la poesia è più underground della musicaChi frequenta la scena musicale della provincia collegherà il nome di Giovanni Lo Vano ai Tanz Akademie. Giovanni, oltre ad essere il frontman di una band che sa bene cosa significhi fare una performance sul palco (chi ha sentito - e visto - un loro live capirà di cosa sto parlando), scrive poesie. Domenica pomeriggio al Festival Canaleontica presenterà “Temporale”, la sua prima pubblicazione. Abbiamo fatto una chiacchierata per parlare della sua raccolta poetica e delle illustrazioni che ne fanno parte, delle affinità e divergenze tra poesie e canzoni, del perché la poesia oggi sia qualcosa di molto più underground della musica...
Nella scena musicale sei noto per essere il frontman della band Tanz Akademie. Ma in te convivono due anime perché -scopriamo con la pubblicazione di questo libro- sei anche poeta. Ci sono affinità e divergenze tra poesia e musica? Scrivere una poesia è differente dallo scrivere una canzone?
“Ciao! Sulle differenze tra musica/canzoni e poesia non mi sbilancerei troppo, perché implicherebbe una dose di giudizio e definizioni che non voglio dare, però posso provare a dire che differenza ci sia tra i due medium nel modo in cui io li approccio; tendenzialmente credo che una poesia debba reggersi in piedi da sola, senza aver bisogno di musica che la accompagni. Una lyric, invece, è strettamente legata alla musica, in quanto nasce (anche) per servirla, e viceversa. Non credo che il testo di una canzone debba necessariamente essere efficace se letto senza musica; quando lo è, tanto meglio”.
Ti definiresti un musicista poeta o un poeta musicista? Quando è avvenuto il tuo incontro con la poesia.
"Preferirei non definirmi, ma un generico 'artista' funziona sempre. Ho fatto entrambe le cose sin da piccolo, ma la musica è sempre stata il mio centro. Credo che il mio primo incontro con la poesia debba essere stato guardando 'L'attimo fuggente', un film che mi ha segnato molto; poi appunto iniziai a leggere Whitman. Uno dei primi libri di poesia che ricordo di aver amato fu un libro di Bukowski. Ovviamente sono sempre ispirato anche dai testi delle canzoni, e da parolieri come Ian Curtis, Morrissey, oltre che da contemporanei; ma dovrei star qui ore. Keaton Henson però ci terrei a citarlo, cantautore, poeta e artista multidisciplinare londinese se non erro, ha pubblicato vari dischi e due libri di poesie che sono tra i miei preferiti in assoluto”.
Quando è nata l'idea della raccolta poetica? E perché la scelta di un'autoproduzione?
"Non ricordo un momento specifico in cui mi sono deciso per una raccolta, ma so che è sempre stato 'in the back of my head' sin dai tempi del liceo. L'autoproduzione è stata una scelta avvenuta in seguito, anche tramite il prezioso consiglio di amiche e amici e il grande aiuto del mio collaboratore Fabio Orioli, eccezionale artista astigiano. Abbiamo anche tentato di inviare il manoscritto a case editrici, ed è stato ignorato o rifiutato. Il ragionamento che mi son fatto è stato: perché ti piacerebbe pubblicare con una casa editrice? Per essere 'riconosciuto' ufficialmente come scrittore/autore/poeta? Forse si, anche, e non è stata una risposta che mi ha soddisfatto. Se vogliamo parlare di vendite/guadagni (di cui mi importa poco per questo progetto - sarebbe giusto bello rientrare nelle spese di stampa) conviene autoprodursi/autopubblicarsi, invece per quanto riguarda la circolazione dell'opera, la promozione, le presentazioni, sono cose sulle quali puoi avere più o meno il controllo, indipendentemente dal fatto che tu l'abbia autoprodotto o pubblicato tradizionalmente. Abbiamo pensato che il progetto che abbiamo creato da soli era necessario portarlo avanti e gestirlo da soli. L'approccio DIY ha avuto perfettamente senso in questo caso”.
Secondo me, oggi, la poesia è qualcosa di ancora più underground della musica.
“É vero. Credo che sia proprio una cosa che brulica nel sottosuolo e che moltissime persone facciano, indipendentemente dal mostrarlo ad un pubblico o meno. É anche la prova, credo, che sia un qualcosa di estremamente umano e comune, che la scuola o la tradizione hanno fatto passare per elitario e spesso inaccessibile. Non si conosce la poesia contemporanea perché non se ne parla e non si legge, e probabilmente non si legge perché si ha questa concezione scolastica della poesia come cosa noiosa, distante dalla propria vita; mentre è letteralmente il contrario. La si può trovare ovunque, online, su un block notes dimenticato per strada, in una canzone o in un vecchio raccoglitore di tua nonna”.
La raccolta è dedicata a tua nonna, che, appunto, era anche poetessa. C'è una sua fotografia: su una strada di campagna, una giovane ragazza vestita di bianco, i capelli scompigliati dal vento, ha in mano una chitarra e sorride. Anche in quella fotografia c'è tantissima poesia.
"Sì, mia nonna ha sempre scritto. Nonostante avesse la quinta elementare e fosse cresciuta nella campagna siciliana si è messa a scrivere poesie. Perché? Perché ne sentiva semplicemente l'esigenza, aveva letteralmente bisogno di esprimere ed esprimersi, credo che l'arte non debba essere molto più di questo. Nella raccolta c'era una poesia (poi cestinata in seguito) che parlava proprio di questo, cioè dell''Arte Brutta' intesa come arte prodotta al di fuori delle influenze/contaminazioni culturali, accademiche ecc. É un concetto che mi ha sempre affascinato e al quale credo molto. Si potrebbe, credo, tracciare una linea tra questo e l'attitudine/l'etica punk nella musica, alla quale anche mi sento molto vicino”.
Di tua nonna sono anche alcune illustrazioni naif che, insieme alle tue e a quelle di alcuni illustratori professionisti, accompagnano la lettura.
"Esatto, mia nonna faceva dei piccoli disegni affianco ai suoi scritti; disegni puerili, spontanei, semplici, che hanno però fatto emozionare i miei amici e amiche che illustrazione e disegno li hanno studiati e lo fanno a tempo pieno. Credo si colleghi assolutamente alla domanda precedente. Oltre a quelle di mia nonna, nella raccolta compaiono illustrazioni degli artisti e artiste: Fabio Orioli (che ha anche condotto il processo di impaginazione, grafica ecc.), Sara Lo Vano, Miriam Elisabeth Holstvoogd, Giulia Rivelli, Teresa Rosso e Stefano Pedro Porro (di cui è anche la copertina); più un paio mie. L'idea era appunto quella del restare più semplici e spontanei possibile nella realizzazione dei disegni".
Il tuo essere anche musicista io l'ho percepito nella particolare attenzione per i suoni (penso ai denti che masticano una gomma, a un vetro che va in frantumi, al suono dei lupi nelle orecchie...). É solo una mia suggestione?
"Può darsi che lo sia ahahah, come no. Il suono è ovviamente importante nella poesia, ma non saprei né dirti quanto né dirti se sia legato al mio essere musicista. Credo di usare determinate suggestioni più che altro per creare immagini (anche attraverso l'idea di un suono) o sensazioni".
Leggere le tue poesie mi ha dato l'impressione di passeggiare in una città (con una sua biblioteca, il cinema, i giardini di Lussemburgo, il teatro e il suo pavimento, la strada, appartamenti immaginati per andare ad ascoltare i vinili...), una città malinconica dove se piove la pioggia a volte è leggera, altre volte è temporale. Lì dentro gli esseri umani si amano - a volte si stringono e a volte si mancano - vivono, muoiono...Si muovono tra piccole sconfitte e sogni; aspettano il futuro. Mentre i ragni continuano a tessere la loro tela sulle ringhiere, le blatte a cagare nei bicchieri, i gatti a non rivelare i loro misteri. Intanto le stagioni scorrono.
"Bello, non l'avevo mai pensata in questo modo. Uno degli appunti che mi è stato fatto su questa raccolta da amici o conoscenti è stato quello dell'essere tanto rivolto verso me stesso, tanto personale, e in parte è vero. Credo però che oltre alla mia soggettività (o nella stessa) ci sia un bisogno di contatto, e una speranza di immedesimazione. Proprio come fare una passeggiata in qualche città, e guardare le persone e sperare di capirle, o ancor meglio, di sentirle".
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Francesca Barbero
CANALE Canaleontica - Giovanni Lo Vano - Tanz Akademie