A Carloforte si celebra il cuneese Giuseppe Cavallera, “apostolo socialista” in Sardegna
Nato nel 1873 a Villar San Costanzo, organizzò le prime lotte sindacali dei minatori dell’Iglesiente, poi divenne sindaco e deputato sia sull’isola che nella GrandaIl nome di Giuseppe Cavallera (Villar San Costanzo 1873-Roma 1952) forse non dirà molto ai cuneesi di oggi, si tratta però di uno dei massimi interpreti del socialismo e del sindacalismo del primo Novecento in Sardegna e nell’Italia intera. La sua vicenda politica e umana è legata in particolare a Carloforte, il paese fondato sull’isola di San Pietro nel 1738 da una colonia di liguri proveniente dall’isola tunisina di Tabarka (per questo i carlofortesi sono tuttora detti “tabarchini” e parlano un dialetto di derivazione ligure).
A Carloforte il cuneese Cavallera fu protagonista delle lotte politiche nel primo scorcio del Novecento, fino a divenire sindaco del comune, il primo eletto tra le file dei socialisti. A lui è stato intitolato il teatro locale, di cui quest’anno si celebra il centenario di costruzione. In occasione di questa ricorrenza, nonché del settantesimo dalla morte dell’esponente socialista e dell’imminente celebrazione dei centocinquant’anni della sua nascita (avvenuta il 2 gennaio 1873), la Cooperativa Casa del Proletariato, proprietaria del teatro Cavallera, organizza per sabato 26 novembre una giornata di studi sulla sua figura patrocinata dal comune di Carloforte. L’iniziativa alla quale hanno aderito storici, docenti, autorità politiche, sindacali e rappresentanti del mondo delle istituzioni civili, intende celebrare e rileggere il ruolo sociale e politico che rivestì tra fine Ottocento e i primi cinquant’anni del Novecento, sia in Piemonte che in Sardegna.
Il 1896 è l’anno in cui Giuseppe Cavallera, allora ventiduenne, decise di lasciare il Piemonte per la Sardegna, indirizzato dal partito socialista, pare, per sottrarlo alle persecuzioni della polizia di Torino, ma più probabilmente, per una sua libera ed autonoma decisione. Le sue origini e le vicende della vita lo legano indissolubilmente alla provincia di Cuneo e in modo particolare al Saluzzese: nato in valle Maira a Villar San Costanzo nel 1873, giovanissimo si avvicinò con risolutezza alla politica, confrontandosi inizialmente con il gruppo di socialisti cuneesi (la prima sezione cuneese, sotto la denominazione di Circolo di Studi Sociali, risale al 1892) che allora aveva quale esponente di riferimento Salomone Colombo.
All’Università di Torino fu a stretto contatto con il movimento e divenne promotore del socialismo in provincia di Cuneo e in particolare a Dronero, ove organizzò un nucleo di propaganda, documentato dagli atti del processo del 1894. Qui ebbe intensi e forti legami con i rappresentanti storici: Edmondo De Amicis, Claudio Treves, Quirino Nofri, e Oddino Morgari, giovani che andavano diffondendo la nuova idea socialista. Si trasferì in Sardegna e completò gli studi, laureandosi in Medicina a Cagliari.
Il 7 settembre 1897 su invito dell’amico Fausto Armeni arrivò a Carloforte, nell’isola di San Pietro e qui incontrò Annetta Vassallo, con la quale convolò a nozze ed ebbe sei figli, due deceduti in tenera età. Organizzatore di leghe cooperative e del partito socialista nell’Iglesiente, nel febbraio del 1897 indisse il primo congresso regionale socialista sardo, quindi le leghe dei Battellieri, fu attivo tra i minatori del bacino minerario del Sulcis iglesiente-Guspinese ed ebbe un ruolo determinante nell’organizzazione delle leghe dei minatori. Dopo essere stato arrestato nel 1900 per gli scioperi di Carloforte, avvenuti fra il 1898 e il 1899, scontò undici mesi di carcere al Buon Cammino di Cagliari: durante la prigionia, a Carloforte nasceva il primo figlio, anch’esso di nome Giuseppe, successivamente conosciuto in Piemonte come Copeco, dal nome che scelse nella lotta partigiana per la quale fu commissario politico della 104a Brigata Garibaldi in valle Maira. Nello stesso periodo di detenzione, in Piemonte moriva la madre.
Nel 1906 divenne il primo sindaco socialista di Carloforte e si conquistò un seggio nel Consiglio provinciale; era un clima di burrascosi scioperi. Nel 1904 si delineò il tragico eccidio di Buggerru, dove Cavallera partecipò in prima persona fungendo da intermediario con la società francese Malfidano. Successivamente Cavallera acquistò una nave attrezzata per il trasporto delle aragoste, l’Annetta C., seguita poi da un’altra goletta, per favorire il miglioramento delle condizioni economiche per i pescatori della Lega. Nel 1913 il bastimento naufragò misteriosamente in un viaggio da Marsiglia a Carloforte e con questa tragedia si concluse il periodo più avventuroso della sua attività in Sardegna: nello stesso anno venne eletto primo deputato del partito di Turati a rappresentare l’isola nel Parlamento italiano. Nel 1919 sarà deputato socialista della provincia di Cuneo. Eletto trionfalmente, una volta battuta la lista Giolitti e conquistati ben quattro seggi in Parlamento a Cuneo, Cavallera sopravanza il ministro Soleri di ben 746 voti.
Dopo le parentesi sarda e romana, con l’avvento del fascismo, nel 1924 scelse di stabilirsi a Saluzzo dove fu strettamente sorvegliato dalla polizia insieme ai due figli attivi nella Resistenza, possibili sovversivi e risoluti antifascisti. Giuseppe partigiano in Piemonte, Vindice a Torino e a Roma. Quest’ultimo, militante in Giustizia e Libertà e poi nel Partito d’Azione, fu deferito dal Tribunale Speciale e condannato ad otto anni di carcere. Arrestato dalle SS di Kappler con la moglie Titti in casa di Giulio Einaudi ai Parioli, fu detenuto a Regina Coeli e condivise alternativamente la cella con Augusto Monti, Vittorio Foa, Riccardo Bauer, Massimo Mila ed altri noti antifascisti italiani. A Saluzzo Giuseppe Cavallera rimase fino al 1932 con tutta la famiglia e vi tornò periodicamente; nella città vissero invece il figlio Giuseppe e Araldo, recentemente scomparso, anch’egli sepolto a Carloforte.
Nel 1948, dopo la proclamazione della Repubblica, fu eletto senatore per il fronte democratico popolare nel collegio di Iglesias, veterano del Parlamento a Roma, ricoprì la carica di Commissario Straordinario dell’ONMI (Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia) e partecipò in prima persona ai lavori per ben otto disegni di legge, in materia di lotta alla malaria e contro l’insalubrità delle zone povere del Sud. Morì a Roma il 22 giugno 1952 e oggi riposa con la sua famiglia nel cimitero di Carloforte.
c.s.
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