Cuneo napoleonica, dalla ‘città dei 7 assedi’ alla nuova vita del capoluogo
Ricorrono i 250 anni dalla nascita dell’Empereur, il ‘nemico amico’ a cui l'ex piazzaforte militare deve la biblioteca, il liceo e il teatro civico. Oltre al suo ruolo di centro della GrandaIl 15 agosto di quest’anno saranno passati duecentocinquant’anni esatti dalla nascita di Napoleone Bonaparte, il conquistatore d’Europa che la città di Cherasco ha celebrato con una mostra pochi mesi fa. Con l’Empereur la città e la provincia di Cuneo ebbero un rapporto di amore e odio, foriero comunque di conseguenze determinanti per il loro avvenire.
Certo, il ‘piccolo corso’ è colui che dopo secoli di assedi infruttuosi, come quello respinto da Federico Leutrum nel 1744, o di fugaci affermazioni come quella colta da Francesco I nel 1515, permette ai francesi trionfatori di soggiogare l’imprendibile piazzaforte e con essa il Piemonte intero. Ma è proprio nel periodo dell’amministrazione napoleonica che Cuneo diventa qualcosa di più di una città-caserma e guadagna il rango di capoluogo e centro amministrativo della Granda.
Generale di brigata a nemmeno 25 anni, Napoleone fa parlare di sé già tra i ranghi delle truppe francesi che si affacciano oltre i confini nel giugno 1793 alla Maddalena e di nuovo nell’aprile 1794 con l’occupazione di Garessio. Cadrà in disgrazia con la fine del Terrore giacobino, ma solo per pochi mesi. Due anni più tardi, al comando dell’Armée d’Italie, sbaraglia le forze austriache e sabaude. Il 28 aprile 1796 si firma l’armistizio di Cherasco: da Torino giunge notizia che il re ordina “di rimettere ai Francesi la città e piazza di Cuneo provvisoriamente come a titolo di deposito”. I due sindaci chinano il capo, non prima di aver reso noto che il provvedimento “ha riempito l’animo dei cittadini d’una vivissima amarezza”, giacché anche questa volta la ‘citta invitta’ sarebbe stata pronta a difendersi in armi. Alle 22,30 del 28 aprile il primo squadrone francese fa il suo ingresso col generale d’Espinois.
La prima occupazione napoleonica dura solo tre anni, ma lascia il segno. In quel breve lasso di tempo gli occupanti e i loro entusiasti collaboratori locali, riuniti in un ‘comitato rivoluzionario’, si danno un gran daffare: innalzano l’albero della libertà, introducono l’illuminazione pubblica notturna in luogo dei lumicini portati a mano dai passanti (siamo al 1798), istituiscono la Guardia Nazionale e proclamano l’abolizione di tutti i segni esteriori della nobiltà, a cominciare dai titoli e dalle livree dei domestici. “Or si bruciano - come dai vecchi predicatori le ‘vanità’, perché le pazzie popolari non son mai nuove - pergamene e stemmi gentilizi”, scriverà il fervente antinapoleonico Ferdinando Gabotto: ne fa le spese perfino l’emblema del Comune, “ceduto per poche lire a un lattaio”. Il 7 febbraio 1799 la municipalità di Cuneo vota l’annessione alla Francia: nel neonato dipartimento dello Stura sono riunite le antiche province di Mondovì, Saluzzo, Cuneo, Alba e Oneglia. Avrà vita brevissima, ma una conseguenza duratura. Il 20 giugno, infatti, la città ne diviene capoluogo, scalzando la ribelle e saccheggiata Mondovì: Cuneo ha ora la supremazia sul territorio che - con qualche modifica - andrà a formare la provincia Granda.
Mentre Napoleone torna a Parigi dall’Egitto per dare vita al consolato con il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre), la morsa degli austro-russi di Suvorov si è già stretta attorno a Cuneo: l’ultimo assedio si conclude in dicembre con l’inevitabile resa della guarnigione lasciata a presidiare la città. Non passano nemmeno sei mesi prima che Bonaparte rientri in Piemonte mettendo di nuovo in rotta gli austriaci a Marengo, il 14 giugno 1800, e riprendendo tutto ciò che i suoi ufficiali avevano perduto. Per Cuneo questo significa in primo luogo l’abbattimento delle mura, del resto ormai inutili alla guerra moderna, ma anche molto altro, a cominciare da quel Plan et projet d’aggrandissement et embellissement de la Ville de Coni, voluto nel 1802 dal generale Jourdan, che sarà il primo piano regolatore.
La seconda dominazione napoleonica durerà quasi tre lustri e avrà caratteri molto diversi dalla precedente. Se prima si erano alternati alla guida dell’amministrazione civica uomini di diversi ‘partiti’, dai municipalisti ai giacobini arrabbiati ai fautori dell’indipendenza del Piemonte o di una repubblica federale italiana, ora si impone un arresto alle lotte ideologiche e all’estremismo. Il gattopardo della situazione, l’uomo-simbolo della volontà dei nuovi padroni di conciliare gli slanci rivoluzionari con gli interessi della vecchia classe dirigente, è il conte Carlo Giacinto Caissotti di Chiusano: già colonnello dei granatieri sotto i Savoia, poi entusiasta propugnatore dell’annessione di Cuneo alla Francia e animatore del ‘circolo costituzionale’ nel 1799, volta le spalle alla Révolution all’approssimarsi degli austro-russi e offre il suo sostegno agli assedianti, salvo salutare con rinnovata dedizione la vittoria di Marengo e il ritorno dei francesi che nel 1801 lo nomineranno maire (sindaco) di Cuneo. Una soluzione che non scontenta i membri di un Consiglio dove siedono insieme i repubblicani e gli esponenti delle grandi famiglie, e per la prima volta perfino un ebreo, Salomon Lattes: perché l’avvento degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità significa anche l’emancipazione della comunità israelita dalle discriminazioni patite per secoli.
Sono anni decisivi per una città che contando appena 16.540 abitanti si trova a capo di un dipartimento che ne censisce 429.569 nel 1806. A Cuneo nasce la prima Biblioteca Civica del Piemonte, nel 1802, ospitata nella sacrestia del convento di san Francesco e poi in quello di Santa Chiara. In un altro ex edificio monastico, espropriato ai Cappuccini, sorge nel 1803 una ‘sala per spettacoli’ che diventerà l’attuale Civico Teatro Toselli. Il 21 dicembre 1811, nei locali dell’ex seminario dei chierici, si inaugura il collegio-convitto nazionale, come viene chiamato il liceo: “In un antico palazzo della città i giovani venivano educati a sentirsi parte di un impero continentale, a immaginarsi alla guida di una modernizzazione civile senza precedenti” scrive a riguardo lo storico Aldo Alessandro Mola.
Il fermento intellettuale rivoluzionario si traduce inoltre nella fondazione di logge massoniche, quali La Réunion di Savigliano e poi la Parfaite Union e la Heureuse Union a Cuneo, e dei primi giornali locali: il Journal du Département de la Stura e la Gazette de la Stura, entrambi diretti da Dominique Destombes, segretario della prefettura e autore di importanti studi statistici. Nel campo delle scienze, si registrano la comparsa sul mercato dei ‘pomi di terra’ o ‘tartiffle’, ovvero le patate, grazie all’opera dell’avvocato e agronomo cuneese Vincenzo Virginio, e grandi progressi nella lotta al vaiolo: per l’introduzione e la divulgazione del vaccino a Cuneo verrà premiato con una medaglia il medico Giuseppe Cappa. Altra novità riguardo alla salute pubblica è la normativa sulle sepolture, che ora devono essere collocate fuori dalle città: il 16 giugno 1807 viene eretto il monumento funebre del generale Pierre Dominique Prévost, reduce della rivoluzione americana e comandante militare del dipartimento. La sua è la tomba più antica nel cimitero di Cuneo.
L’efficienza della macchina burocratica dell’Impero non impedisce comunque che il peso della leva militare e dei prelievi fiscali vengano avvertiti dalla popolazione, soprattutto in provincia, stimolando la ripresa del brigantaggio. Anche il persistente attaccamento dei cuneesi alla fede cristiana, testimoniato durante il passaggio del Papa prigioniero Pio VII, alimenta malumori verso il laicismo napoleonico.
Al prefetto Lepélettier d’Aulnay, giunto in città all’indomani della disastrosa sconfitta di Lipsia, toccherà l’atto finale, reso grottesco dalla decisione di annunciare l’abdicazione di Napoleone e l’avvento sul trono di Luigi XVIII cavalcando per la via maestra con indosso la coccarda bianca dei Borbone: “Poche ore dopo, - riferisce Gabotto - uno di quei tipi di buffone che non fanno mai difetto nei piccoli centri, soprannominato Tartaglia, comparve pure a cavallo per le vie di Cuneo, parodiando il prefetto, con una grossa coccarda azzurra”, cioè il colore dei Savoia che l’11 maggio 1814 riprenderanno possesso della città.
Andrea Cascioli
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