Dentro l'universo di Regno_
Una chiacchierata su una panchina in riva al lago per parlare di uno dei progetti più interessanti della scena musicale cuneese, "synth pop anni '80 da chi gli anni '80 non li ha vissuti". Perché in provincia c'è anche bisogno di ballareCome concordato vado a prendere Alberto a Fossano. Non ci conosciamo di persona se escludiamo qualche parola scambiata dopo i suoi concerti ma riesco subito a rompere il ghiaccio prendendo una buca nel momento esatto in cui faccio una manovra per evitarla. Non ho ancora capito se, in un sabato mattina del primo giorno davvero caldo dell'estate, in una località lacustre sperduta tra le campagne cuneesi, ho passato qualche ora con Regno_ o con Alberto Laezza. Anche perché gli occhi sono nascosti da un paio di Rayban scuri che toglierà, solo per un brevissimo istante, alla fine della nostra chiacchierata. Chissà se li indossa per il sole, per nascondere i segni di un eventuale hangover, per avere “più carisma e sintomatico mistero”, per timidezza o perché sono il suo segno distintivo quando sale sul palco. Il risultato del tempo passato insieme è una sorta di ibrido tra il racconto comico, lo scambio di battute, il nonsense e l'assurdo, l'introspezione e la riflessione esistenziale. Per approfondire il “progetto synth pop anni '80 da parte di chi gli anni '80 non li ha vissuti”, le sue influenze musicali, capire perché in questa provincia abbiamo davvero tanto bisogno di ballare, vedere se indosserà abiti color ocra...beh, il consiglio è di andare a sentire un suo concerto. Domani suona in Birrovia in occasione di “Shuffle” (per i prossimi live: Regno_).
La strada si interrompe: dobbiamo tornare indietro. Prendi il cellulare e fai tu da navigatore, ok?
“Sì, ti guido io”.
Oddio la buca...sarei capace di prenderla di nuovo!
“No...Tieniti molto sulla destra”.
Scusami davvero.
“Non ti preoccupare, succede...una volta ho preso un fosso”.
Facevamo prima ad andare al mare.
“E fanculo le prove con gli Age Otori!”.
Se vuoi siamo ancora in tempo.
risate (n.d.r.)
Prove con gli Age Otori?
“Oggi provo con Simone e Lorenzo, la nostra band post punk. Lorenzo l'hai già visto suonare perché è anche il batterista di Regno_”.
Cioè il tuo.
“Sì, io parlo di Regno_ in terza persona. Come Giulio Cesare...”.
Adesso dove vado?
“A sinistra. O parlo o faccio da navigatore perché sono pur sempre un uomo e non so fare due cose contemporaneamente”.
E io sono una donna e infatti ho preso una buca...per continuare con gli stereotipi. Non ho mai sentito live gli Age Otori.
“Nessun problema...potrai sempre rifarti!”.
Mah, non lo so...non è che ci tenga particolarmente. Se capita.
risate (n.d.r.)
Ora, di qua?
“Credo si sì”.
Credo? Ok, io e te non faremo mai la Parigi-Dakar insieme. Anche perché li farà un caldo terribile e tu mi tiri su i finestrini.
“Guarda che la direzione è giusta e per il finestrino se vuoi lo abbasso”.
Ma no dai, scherzavo. Non te la prendere!
“Per così così poco?”.
Allora devo impegnarmi di più!
“Inizia a dirmi canti di merda, fai schifo, cose così...”.
Al Festival Urtija sono venuta apposta per sentire te, cioè per sentire Regno_.
“Ecco stacchiamo la figura artistica da quella umana visto che stiamo ancora cercando di capire se siamo una band o se sono io. Sia nel primo ep ('Stato prontamente reversibile di ridotta attività') sia negli ultimi singoli, sono io che ho scritto i testi e composto le melodie suonando tutti gli strumenti. Ma dal vivo diventiamo una band perché sul palco salgono, insieme a me, Davide Viberti (alla chitarra) e Samuele Chiesa (al sound system), loro due mi hanno spinto a portare il progetto nella dimensione live, Emanuele Maunero (già bassista nei John Boy Walker) e Lorenzo Meneghetti (alla batteria). Rallenta, il navigatore mi dice che c'è una strada a sinistra ma non c'è. Quindi non prenderla!”.
John Boy Walker?
“Regno_ nasce come side project di questa mia vecchia band di rock psichedelico. Le primissime canzoni erano dei pezzi scartati che io riarrangiavo in chiave elettronica perché volevo avessero una dimensione più da one man band. Poi, quando in seguito al Covid la band si è sciolta e le nostre strade si sono divise, il progetto di Regno_ ha preso vita in questa forma”.
Arriviamo a destinazione. Avrei voluto fare la mia prima intervista su un pedalò ma il poco entusiasmo di Alberto (non voglio credere che Regno_ non mi avrebbe assecondata) e le circostanze ci fanno optare per una panchina sotto a un albero in riva al lago. Visti da fuori potremmo sembrare un po' Vladimiro e Estragone che aspettano Godot anche se qui l'unico che non arriverà mai è il ragazzo che si occupa dell'affitto dei pedalò. Ma noi non lo sappiamo ancora...(n.d.r.)
"Mi accendo una sigaretta, ti dispiace?".
Fa pure. Speriamo che il ragazzo dei pedalò arrivi in tempo, non ti ho portato qui per stare su questa panchina.
“Oh, io spero...No, evito di parlare”.
Tu non puoi evitare di parlare: devi fare un'intervista!
“Allora citerò il V emendamento della costituzione americana: 'Non posso rispondere perché potrei autoaccusarmi'”.
Certo che nei tuoi live ballano davvero tutti e c'è sempre un pubblico molto eterogeneo.
“Siamo riusciti a creare una cosa diversa e a lanciarla. In provincia, come ben sai, ci sono tanti concerti stoner, punk, hardcore... ma, alla lunga hanno un po' rotto perché non puoi solo andare ad ascoltare quei concerti e spaccarti le orecchie. La gente ha anche voglia di ballare e divertirsi...Uh, guarda!”
I nostri sguardi si posano su un unicorno viola poggiato nell'erba (n.d.r.)
L'ho vista prima io.
“Unstable Unicorns! Ci ho giocato una volta, devi allevare gli unicorni mentre i tuoi avversari cercano di impedirtelo”.
Gli Unicorni? #occhiali da sole, #bellicapelli (sono alcuni degli hashtag scritti sulla carta n.d.r.). A proposito, tu hai tagliato i capelli.
“Sì, sto facendo un percorso di empowerment. Il primo step era un lavaggio dell'auto professionale con i rulli e il secondo un taglio di capelli”.
Non voglio sapere il terzo. Però non potrai più scuoterli nei live ed era visivamente molto interessante.
“In effetti ne abbiamo anche discusso in sala prove”.
In sala prove parlate di capelli?
“Beh Regno_ è un progetto studiatissimo anche nella performance e nelle pose. Mi sono ispirato a L'Impératrice, band francese che abbiamo visto live al Mi Ami l'anno scorso. La loro cantante li agita davvero molto bene!”.
Credo dovremmo iniziare l'intervista.
“Non è già iniziata?”.
Guarda, una folaga!
“Sei esperta di...?".
Sì, di ornitologia. Chissà se è un maschio o femmina, non ricordo se la specie presenta un dimorfismo sessuale marcato. Allora iniziamo? Chi è Regno_?
“Subito con la domanda importante. È un nome singolare che sta a rappresentare ormai una pluralità di cose e persone. Regno_ é nato come un io, come mio alter ego, e si sta pian piano evolvendo in questo progetto nella dimensione della band. Non mi è mai piaciuto muovermi da solo -non ce l'ho proprio mai fatta neanche nella vita- e preferisco sempre condividere le gioie e i dolori. Quindi Regno_ sono io ma anche gli altri”.
“Regno_ sono io” avrebbe fatto un po' Salvador Dalì.
“Allora se vuoi scrivila così”.
E Alberto Laezza, chi è?
“Non lo so...Ho 31 anni e soffro il fatto di averli perché sono uno di quelli che ha patito il passaggio dai venti ai trenta, che è avvenuto in pandemia. La risposta qui è davvero 'Alberto sono io'”.
Dopo esserci persi a tracciare un profilo più dettagliato completo di segno zodiacale, altezza e hobby, per capire meglio chi è Alberto, continuiamo la chiacchierata (n.d.r.)
.
Pesci ascendente vergine?
“Non so cosa voglio dire. L'unica cosa astrologica di cui mi intendo sono i Cavalieri dello zodiaco”.
Quanto erano fighi? E Sailor Moon?
“Di Sailor Moon ero patito. Uno dei cartoni giapponesi più censurati da Mediaset”.
Tra le passioni l'astrofilia.
“É bello contemplare il cielo e farsi domande sull'esistenza o su quanto siamo piccoli nell'universo...”.
Il cielo stellato sopra di me.
“La legge morale dentro di me, quella roba lì”.
Che sarebbe Kant...Guarda sono arrivati due cigni. Lo sai che sono monogami? A volte muoiono di dolore quando perdono il partner.
"Come i gabbiani. Dopo aver sentito 'Povero gabbiano', canzone neomelodica di Gianni Celeste (la conosci?) ho fatto una ricerca e sì, è tutto vero. Quella è una canzone con dei fondamenti ornitologici”.
risate (n.d.r.)
Le canzoni di Regno_, invece, sono canzoni che spesso parlano d'amore e che, dietro l'apparenza di una dimensione spensierata, hanno quel retrogusto malinconico in stile anni '80.
“La dimensione malinconica certamente c'è anche perché la nostra canzone di riferimento è 'Dancing with tears in my eyes' degli Ultravox (negli anni '80 c'erano queste canzoni da ballare ma con testi molto più introspettivi rispetto a oggi). Poi, tutte le mie canzoni nascono dalla sofferenza perché sono convinto che se stai bene non riesci a scrivere, è solo quando c'è un malessere interiore che hai l'esigenza di esprimerlo in qualche maniera. Le mie canzoni sono come una scatola dentro la quale chiudere un dolore, e una volta chiuso a quel punto la sofferenza non è più dentro di me e io non ci penso proprio più oppure ci penso sempre ma non me ne accorgo perché, da quel momento, il dolore si è trasformato in una canzone e cambia significato. Alcune, tipo 'La Televisione', non ricordo più nemmeno di averle scritte”.
Quindi le canzoni sono un modo di...
“Una sorta di psicanalisi”.
Adesso vuoi parlare di Freud?
“Oh, no. In effetti non sono abbastanza preparato”.
Qual è il tuo libro preferito?
“Dipende dai momenti”.
Qual è il tuo libro preferito in questo momento?
"Quello che tengo sul comodino e che leggo sempre prima di addormentarmi? Il manuale di musica elettronica e sound design di Cipriani-Giri. Ma nei cigni non c'è il dimorfismo sessuale?".
No, ma dovresti parlarne con un'ornitologa. Tornando all'immaginario di Regno_...Perché adesso ridi?
“No scusa, mi sto immaginando la tua domanda. Ora mi chiederai di parlarti dei miei riferimenti e delle influenze musicali”.
Se continuiamo così non ci arriveremo a quella domanda e neanche a quella sul synth pop anni '80. Il nome del progetto?
“I miei genitori erano videogiocatori già prima che nascessi quindi si può dire che io sia nato con il controller in mano. Tra i miei primi ricordi ho l'immagine di me, avrò avuto quattro o cinque anni, e di mia madre che mi fa provare il Super Nintendo. Il nome è un omaggio a Regina (al maschile sarebbe Regino che, per elisione della o, diventa Regno), protagonista femminile di un videogioco tipo Resident Evil ma con i dinosauri al posto degli zombie. Per me, Regina ha rappresentato la prima cotta che ti prendi da bambino e il primo personaggio a cui mi sono affezionato. E poi da sempre adoro quell'immaginario cyberpunk tra gli '80 e i '90 che non è la fantascienza pulita, simmetrica e ordinata di Odissea nello spazio ma quella di Blade Runner che, invece, è sporca, fumosa, un caos pieno di luci al neon e di scritte in giapponese che creano un melting pot di culture...A cosa pensi?".
A quando sali sul palco. Che cosa vedi?
“Quando Regno_ sale sul palco di solito c'è molto dialogo con il pubblico e si annullano le distanze. Dal palco cerco di scandagliare attentamente un po' tutte le persone incrociando il loro sguardo e quello che vedo è soprattutto la gente presa bene che balla, cosa che mi fa sempre molto piacere perché far ballare era il primo obiettivo del progetto. E qui in provincia questo succede sempre. Poi non so se succederà anche quando usciremo...”.
Se fai ballare la gente nel grigiore di questa provincia credo tu possa farla ballare ovunque. Qual è il tuo colore preferito?
“Il blu e mi vesto anche molto di rosso o di nero. Ma sono da poco entrato in contatto con l'armocromia. È venuto fuori che sono un autunno e ora il blu non lo posso più mettere perché non esalta il mio incarnato. Dovrei mettere l'ocra...”.
Quest'intervista non ha senso. Senti: “Dada means nothing"?.
“Me lo chiedi ogni volta che ci vediamo. La risposta è, sì, dada means nothing perché l'ha detto Amerigo. Cioè in realtà l'ha detto Tristan Tzara, ma la voce è di Amerigo perché ho inserito un suo messaggio vocale dentro quella canzone (La Televisione n.d.r)”.
Amerigo il tuo unico amico? Il robot della canzone?
“Sì, non l'hai mai visto ai miei concerti? É un mio carissimo amico ma c'è un aneddoto che spiega perché io ne parli come un robot”.
Si chiama davvero Amerigo?
"Sì, per la canzone di Guccini".
Pensavo per Amerigo Vespucci
"Ma stai ancora pensando al pedalò?".
Non ho mai smesso da quando siamo qui. L'aneddoto?
“Periodo natalizio non ricordo di quale anno. Mia madre torna dal supermercato e mi dice: 'Oggi ho pensato che potrei regalarti un cagnolino robot così per una volta ti vedo con un amico'. Allora mi sono chiesto se in quel periodo della vita sembrassi così triste da dare l'impressione di non avere amici, al punto che addirittura mia madre volesse colmare la mia solitudine regalandomi un amico che però non era nemmeno un essere vivente ma un robot. La cosa mi ha divertito e ci ho fatto una canzone”.
Quando dici “fosse capitato a me morirei” di cosa stai parlando?
“Sono sempre parole di Amerigo, anche se lì sono io che canto, e riguardano la storia di una Play Station 5. Le mie canzoni per me che le scrivo e per chi mi conosce hanno un significato, ma chi le ascolta ci trova altri sensi. Sono un po' come l'oroscopo: se vuoi trovare dei riferimenti nella tua realtà va bene e se non li trovi e non capisci cosa dico, ma ti piace quello che stai ascoltando, va bene lo stesso”.
Pensavo parlassi di nuovo di amore.
“Si può anche provare amore per le cose”.
Tipo per gli strumenti musicali?
“Io do i nomi alle mie chitarre”.
Come si chiamano?
"Non posso dirtelo perché sono nomi di ragazze. Le chitarre per me sono strumenti con cui si instaura una relazione. Non ricordo chi diceva che ogni strumento ha dentro di sé un numero di canzoni da esprimere e che quando si arriva al punto in cui non riesci più a scriverne non sei tu ma è la tua chitarra che ti ha dato tutto. E allora, a quel punto, la cambi e il feeling diverso che hai con il nuovo strumento ti spinge a scrivere cose nuove. Io sono molto attaccato alle mie chitarre (ci sono proprio affezionato) ma non sono il tipo che va in paranoia se si rigano. Anzi, ne sono felice perché così portano le loro cicatrici e raccontano delle storie. Insieme agli adesivi”.
Dovreste farli gli adesivi di Regno_.
“Oh, c'erano ma li abbiamo dimenticati al Cinema Vekkio e non li abbiamo più ritrovati”.
Io stavo per dimenticarmi di dirti che ti ho portato qui per via della mia canzone preferita, "Kalimba”.
“É una canzone che parla di un amore finito, di frasi non dette e in cui si allude alla dimensione del lutto che si ha alla fine di una relazione. Nel ritornello volevo fare una citazione di 'Vamos a la playa' dei Righeira mentre la kalimba, in realtà, doveva essere un altro strumento ma ho fatto confusione con i nomi. Davvero è quella la tua preferita e non 'Instamatic 25'?”.
Sì, quando canti “Ce ne andiamo al mare e una kalimba suonerà” per me è davvero un liberatorio andatevene tutti a fanculo.
“Io ora devo andare alle prove”.
risate (n.d.r.)
Ma con Regno_ dove provate?
“In un posto top secret molto figo”.
E perché siamo venuti qui?
“Sei tu che mi hai portato qui”.
Almeno dimmi che non sai nuotare.
“L'acqua non è proprio il mio elemento però, sì, certo che so nuotare. In realtà ho fatto nuoto agonistico in passato...ma in ogni caso qui c'è il divieto di balneazione e il lago non è poi così blu”.
Francesca Barbero
FOSSANO anni 80 - regno - age otori