“Kissing Gorbaciov”, tutto esaurito al Monviso per l’epopea sovietica di CCCP e Litfiba
Il documentario, presentato a Cuneo dal regista Luigi D’Alife, racconta la vera storia della tournée più leggendaria del rock italiano negli anni OttantaC’era un cinema Monviso pieno come nelle grandi occasioni, giovedì sera, per la “prima” cuneese di “Kissing Gorbaciov”, il film-documentario di Andrea Paco Mariani e Luigi D’Alife sull’incredibile scambio musicale che - tra il 1988 e il fatidico 1989 - portò un pezzo di Unione Sovietica nel Salento, e quattro band della new wave italiana davanti a un pubblico di soldati dell’Armata Rossa, a Mosca.
Ventisei anni prima del famoso tour dei Laibach in Corea del Nord, il viaggio in musica nel socialismo reale lo fece proprio la band che cantava “voglio rifugiarmi sotto il patto di Varsavia”, i CCCP-Fedeli alla Linea di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni. Erano anni in cui i punk subivano il taglio della cresta mohawk e talvolta la galera, nella DDR di Honecker. In Unione Sovietica era già passato il periodo delle rëbra, i dischi registrati sulle radiografie, per diffondere i proibitissimi Elvis Presley e Rolling Stones. Ma la musica restava spesso un affare clandestino, tra concerti interrotti dalla polizia e canzoni registrate negli scantinati, per sfuggire alla censura esercitata attraverso la casa discografica di Stato, la Melodija.
Approfittando della perestrojka, un gruppo di giovani amministratori comunisti di Melpignano, paese di duemila anime nel tacco d’Italia, riuscì lì dove nessuno aveva mai tentato: organizzare un festival italo-sovietico, “Le idi di marzo”, con il patrocinio del governo di Mosca. Che cantanti italiani si esibissero in Russia, da Al Bano e Toto Cotugno fino agli Avion Travel e Sabrina Salerno, era già accaduto. Ma mai prima di allora i musicisti sovietici avevano oltrepassato la cortina di ferro. A ispirare il sindaco melpignanese Antonio Avantaggiato e i suoi collaboratori Antonio Princigalli e Sergio Blasi fu il libro “Compagno Rock”, scritto dal pioniere della critica musicale sovietica Artemij Troickij.
Nel comune salentino arrivarono esponenti dell’avanguardia, come i Televizor e gli Igre, insieme ad un’accozzaglia di improbabili imitatori dei Beatles, gruppi glam rock che cantavano in playback e perfino appassionati di country all’americana. “Alle discoteche preferiamo i mausolei, alla Break Dance il cambio della guardia” provocavano i CCCP, negli anni della Milano da bere e dello yuppismo. Eppure pubblico e critici presenti dovettero accorgersi presto che quel mondo oltrecortina, da loro idealizzato, era tutt’altra cosa. E già sognava il capitalismo, magari senza dirlo e senza stare a chiedersi se fosse uguale alla libertà.
“Era un mondo allo sfacelo e anche noi eravamo allo sfacelo” ricorda Giolindo Ferretti nell’intervista per il film, la prima realizzata insieme agli ex CCCP al gran completo. Insieme a loro c’erano i Litfiba, ancora nella formazione originale, i Rats e i Mista & Missis, tutti a bordo di un aereo che li avrebbe portati per otto giorni tra Mosca e Leningrado, con alcuni giornalisti e gli organizzatori del festival: “L’unica volta in cui siamo stati una rock band” dice ancora Ferretti, memore dell’accoglienza da capi di stato, in quello che Reagan aveva definito l’“impero del male”. Lasciamo a chi vorrà immergersi nelle immagini e nelle interviste di “Kissing Gorbaciov” il piacere di riscoprire quella storia, mai mostrata fino ad ora: l’incredibile performance di Annarella Giudici, “benemerita soubrette” dei CCCP, vestita da matrioska davanti a San Basilio. La foto di Pelù che sbuca da Arbat con indosso un colbacco di visone. Il comizio conclusivo di Boris Eltsin nella prima campagna elettorale libera del Paese, cui gli italiani assistettero per caso. I video del concerto di fronte a una platea di militari dell’Armata Rossa a Mosca e quello, ben diverso, nel leggendario rock club di Leningrado, il cuore della scena underground nell’Urss di quegli anni.
“Quel viaggio - ha ricordato D’Alife alla platea di Cuneo - è stato uno spartiacque per molti: per i CCCP, per i Litfiba, per la storia di Melpignano”. I primi avrebbero concluso il loro percorso di lì a poco, trasformandosi in CSI con l’apporto proprio di quattro ex Litfiba. I Litfiba “superstiti”, ovvero Piero Pelù e Ghigo Renzulli, si sarebbero invece lanciati verso il successo commerciale. Sul treno da Mosca a Leningrado, oltre a questi incontri, sbocciò anche un’idea che avrebbe rivoluzionato il Salento e la musica, pochi anni dopo: le Notti della Taranta, organizzate da Sergio Blasi a Melpignano e divenute uno dei più grandi eventi musicali italiani.
Per decenni è stato impossibile reperire materiale, tanto che - confida il co-regista - la prima ipotesi era di farne un mockumentary: “Un’idea pazza, mettere in dubbio che tutto questo fosse mai accaduto, visto che non si trovavano documenti. Poi per fortuna li abbiamo trovati”. Purtroppo non c’è stato modo di reperire nessun filmato in Russia, nonostante la tv sovietica avesse seguito tutto il viaggio: “Le immagini del telegiornale Vrémja (“Tempo”, tuttora il notiziario del Primo Canale della tv russa, ndr) non sono originali: sono totalmente ricostruite da noi con gli attori, ci abbiamo voluto giocare per rendere l’idea del tg di propaganda”. Il documentario, a sua volta, è stato la scintilla per la reunion dei CCCP: da lì è nata l’idea di realizzare la mostra Felicitazioni! a Reggio Emilia, prorogata fino al 10 marzo prossimo. “Penso abbiano parlato della mostra, per la prima volta, due giorni dopo l’intervista” rivela D’Alife, chiarendo anche il motivo dell’assenza dei Litfiba nel film: “Dall’inizio il nostro obiettivo era raccontare i protagonisti in un’intervista collettiva. Con i Litfiba questo non è stato possibile”.
Un’altra ambizione a cui i registi hanno dovuto rinunciare è quella di ritornare sui luoghi della tournée: “Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo film, nel 2020, avevamo previsto un viaggio in Russia, con i protagonisti della storia: poi purtroppo abbiamo dovuto abbandonare l’idea, a causa del conflitto e di tutto ciò che è accaduto. Però ci è sembrato davvero paradossale che mentre lavoravamo a questo film, qualcuno pensasse di vietare lo studio di Majakovskij: è semplicemente inaccettabile, la cultura serve ad avvicinare le persone e a far parlare anche quando è difficile parlarsi. Per noi, il messaggio di attualità del film è questo”.
Dopo il successo di Cuneo, gli autori di “Kissing Gorbaciov” affrontano un weekend torinese con due serate, venerdì e sabato, al cinema Massimo. Chi si fosse perso la proiezione al Monviso non disperi: lunedì 22 è in programma un altro appuntamento a Saluzzo, presso il cinema teatro Magda Olivero.
Andrea Cascioli
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