Quaranta, la ‘mamma’ di Cuneo che venne distrutta dai mercenari
Nel giugno del 1376 uomini e donne che abitavano la villa dell’Oltrestura furono sterminati a fil di spada da una compagnia di ventura bretone. Il borgo si perse nell’oblio del tempoC'è stato un tempo in cui un manipolo di uomini armati poteva arrogarsi il diritto di porre fine alla vita, non solo di una persona, ma a quella di un'intera comunità. Siamo a Quaranta, nel XIV secolo. Se non sapete dove si trova, anzi trovava, non perdete tempo a cercarla su Google Maps: non la troverete e non perché chi scrive dubiti della vostra capacità nel maneggiare lo smartphone, ma più lapalissianamente perché non ne esiste più traccia, se non su carta. Di certo sappiamo che si trovava nell'immediato Oltrestura e che aveva due agglomerati principali, 'vetus' e 'iuvenis'. Secondo il dottor Giovanni Coccoluto, che a lungo si è occupato di reperire documenti sulla 'villa' scomparsa, la 'vecchia' si trovava nei pressi dell'attuale frazione San Benigno, mentre la 'giovane' sulla riva della Stura.
Lo storico torinese Ferdinando Gabotto, nella sua ‘Storia di Cuneo’, pubblicata nel 1898, colloca nel 1018 la nascita di Quaranta, definendola ‘madre di Cuneo’. È noto che la città fondata alla confluenza tra Stura e Gesso, nei primi anni della sua esistenza vide aumentare la popolazione grazie alle migrazioni dai luoghi vicini: “… le parrocchie di Cervasca e Morozzo e dell’abbazia pedonese onde venivano grossi nuclei di abitanti, mentre altri pure convenivano Beinette, Boves, Brusaporcello (l’attuale Fontanelle n.d.r.), Quaranta”. Di qui la definizione di ‘mamma’ di Cuneo. Quella di Cecilia e Roldano, di cui abbiamo già detto, non è che una leggenda.
Secondo il contemporaneo Coccoluto la prima documentazione ufficiale che testimonia l'esistenza di Quaranta risale al 1014, quando un diploma dell'Imperatore Enrico II ricorda tra le dipendenze dell'abbazia di San Benigno di Fruttuaria (nel Canavese), un 'cella in Quaranta'. Non una lugubre stanza destinata alla detenzione, ma una chiesa campestre, di cui si trova descrizione in un cabreo settecentesco.
L'insediamento di Quaranta non nasceva nella selva, ma su territori anticamente segnati dalla presenza dell'uomo. Lo stesso nome dell'abitato avrebbe origine, secondo Coccoluto, all'organizzazione agraria del territorio, legata alla centuriazione - sistema con cui i romani organizzavano il territorio agricolo - che indicava il numero di 'iugeri' del fondo.
Il sistema insediativo era, come confermato da più fonti, composto oltre che dalla villa, da un castello e dalle chiese che ne prendevano il nome. Oltre che alla già citata San Benigno, San Secondo, “entrambe associate alla presenza monastica” scrive ancora Coccoluto. San Secondo di Quaranta, secondo lo storico, sarebbe da identificare in una costruzione superstite, in località Pilone Chiesaccia. Oggi in un campo coltivato, nei pressi di via Torre Bianca, sono rimasti i resti dell’emiciclo absidale, ma questi non permettono di arrivare a una datazione dei ruderi esistenti.
L’abitato di Quaranta, dopo le fortune dei primi decenni, iniziò il suo declino con la fondazione della ‘villanova’ che nei secoli successivi diverrà il capoluogo della provincia (1198). Tutti gli atti successivi di cui si ha traccia sono nell’orbita della città all’ombra della Bisalta. L’economia, come quella del territorio circostante, oggetto di contese più o meno velate tra Cuneo e il Marchesato di Saluzzo, era prevalentemente agricola.
Scrive lo storico Rinaldo Comba nella sua ‘Storia di Cuneo e del suo territorio’, edita da Editrice Artistica Piemontese: “Alcuni ‘consegnamenti’ di terre fatti redigere nel 1257 dal priorato di San Benigno di Quaranta per documentare i propri diritti fondiari in relazione a terre concesse in locazione da tempo immemorabile, attestano chiaramente l’esistenza di tali rapporti fondiari di lunga durata, che da un lato permettevano ai contadini di costituire un saldo possesso sulla terra in locazione e di trasferirlo in eredità nonché di cederlo a terzi, come si è detto, dall’altro consentivano a grandi e medi proprietari terrieri di riscuotere canoni annuali in denaro e in natura, talvolta con donativi di polli e pani, per arativi, prati, canapaie e sedimi, e di inserirsi nelle transazioni contadine relative al dominio utile della terra riscuotendo somme di entratura a ogni passaggio del possesso terriero, che ogni volta tornava ad essere concesso a titolo oneroso in ‘investitura ad fictum’ o ‘in emphyteosim’ ai nuovi possessori. Si trattava di terre frazionate, già pertinenti a mansi strutturatisi nell’alto medioevo e oramai notevolmente frammentati, come denunciano sia i consegnamenti del 1257 sia atti dello stesso tenore fatti redigere dall’ente monastico negli anni 1289-1292”.
In quel periodo storico gli stessi monaci di Quaranta concedevano in enfiteusi terreni recuperati da contadini storicamente inadempienti. Per ogni investitura il monastero percepiva, a seconda della qualità della terra e delle capacità contrattuali dei contraenti “somme di un importo oscillante tra le trenta e le centoventi volte il valore del canone annuo d’affitto” scrive ancora Comba. L’importo molto elevato dell’entratura permetteva di ridurre il canone annuale a una somma poco più che simbolica, rendendo l’accordo simile a una compravendita. Di quegli uomini vi sono poche tracce.
Nei primi secoli del secondo millennio in tutto il Cuneese erano frequenti i passaggi di compagnie di ventura. Masnade composte da soldati professionisti di bassissima estrazione sociale pronti ad uccidere per denaro. Era il giugno del 1376 quando una di queste compagnie, di origine bretone, si rese autrice di una vera e propria strage. “Villas duas Cunei scilicet Carantam et Sanctum Belignum incenderunt. Interfectis pro maiori parte homnibus et mulieribus, et taliter fecerunt quod in solitudinem ipsas villas redduxerunt et uscque in presentem inhabitate remanserunt”. Tradotto: “Abbrugiorono due ville di Cuneo cioè Caranta (Quaranta) e San Benigno. Mandati a fil di spada per la maggior parte huomini e femine, e talmente fecero che ridussero esse ville in solitudine, che sin al presente sono state dishabitate”.
Se è certa la data della fine, va da sé che la data della fondazione non è nota in quanto il 1014 è riferito al primo documento ufficiale che ne attesti l’esistenza. Quaranta è esistita almeno per 362 anni, attraverso quattro secoli. Oggi non ne rimane più nulla, se non su carta.
Samuele Mattio
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