Una sera tra i colori di Venezia con Tiziano, Tintoretto e Veronese
Teatro Toselli gremito per l’incontro con Giovanni Villa, curatore della mostra in corso a San Francesco: “Ecco i tre artisti che hanno inventato la pittura moderna”Tiziano, Tintoretto e Veronese. Tre nomi che riassumono un’arte capace di raccontare con il pennello la maschera e i volti del potere, il fasto di una città che racchiude in sé il mondo. “Devo tutto a Paolo Veronese” scriverà tre secoli dopo Eugene Delacroix. Perfino gli impressionisti, antiaccademici per eccellenza, si rifanno ai maestri veneti come agli iniziatori della modernità: “Il modello di pittura creato da questi tre artisti è quello che fino alla rivoluzione del cubismo nessuno saprà mutare” dice Giovanni Villa, direttore di Palazzo Madama e curatore della mostra “I colori della fede a Venezia” in corso nel complesso museale di San Francesco a Cuneo.
In un teatro Toselli gremito, giovedì scorso lo storico dell’arte ha condotto il pubblico in viaggio nella Venezia trionfante del XVI secolo, quello in cui la Serenissima tocca l’apice della gloria a Lepanto prima di avviarsi al declino. Malgrado il progressivo spostamento delle rotte commerciali verso le Americhe, è ancora il periodo nel quale “tutto quello che nel mondo viene prodotto passa da Venezia”. Tre artisti di diverse generazioni competono fra loro per assicurarsi le migliori committenze. Il più vecchio è Tiziano Vecellio, originario del Cadore, cresciuto alla scuola di Giorgione. Dopo la morte del maestro Tiziano si afferma a Padova affrescando la Scuola del Santo. Torna poi a Venezia per lavorare a un’enorme tela per l’abside di Santa Maria dei Frari, un’opera così sconvolgente che di essa il contemporaneo Ludovico Dolce dirà “in quella tavola si contiene la grandezza e terribilità di Michelangelo, la piacevolezza e venustà di Raffaello e il colorito proprio della natura”. Ma Tiziano, spiega Villa, è anche l’inventore del ritratto di stato e il primo pittore europeo: a lui, divenuto nella maturità il ritrattista ufficiale dell’imperatore Carlo V, guarderanno Rubens, Velasquez e tutti i grandi artisti di corte.
Di trent’anni più giovane è un altro artista, del quale si dice fosse alto “poco più di un granello di pepe” ma provvisto di una volontà di ferro. Si chiama Jacopo Robusti, meglio conosciuto col soprannome di Iacomo Tentor, Giacomo il figlio del tintore. Veneziano doc, lo troviamo poco più che ventenne a lavorare nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, dove realizza il Miracolo dello schiavo con San Marco protagonista: “Tintoretto - osserva il curatore della mostra cuneese - guarda alle grandi scenografie teatrali, a una pittura che diventa pieno teatro”. “Il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura”, come dirà di lui Giorgio Vasari, è anche un fotografo della nascente società borghese, capace di cogliere un’intera personalità attraverso uno sguardo. Particolare la vena autoritrattistica, nella successione dei dipinti che lo immortalano dalla giovinezza alla maturità: nell’ultimo autoritratto, realizzato intorno ai settant’anni, “il giovane che ci guardava con gli occhi di brace è ora diventato un uomo che tutto ha visto. Ha visto morire la figlia Marietta, abilissima pittrice, ha visto la Venezia trionfante dopo Lepanto avviarsi al declino”.
La stessa gioiosità cromatica dei suoi quadri contraddistingue Paolo Caliari, detto il Veronese. Più giovane di dieci anni rispetto a Tintoretto, una volta giunto a Venezia ottiene subito le grandi committenze, fino ad affrescare i soffitti di Palazzo Ducale. Veronese mette letteralmente in scena nelle sue tele il mercato dei tessuti veneziano, rivelando tutta la sua grandezza come decoratore delle ville palladiane: in questa veste, scriverà il suo allievo e biografo Claudio Ridolfi, “secondò la gioia, rese pomposa la bellezza e fece più festevole il riso”. Il “tesoriere dell’arte e dei pittori”, come lo definirà il pittore e incisore seicentesco Marco Boschini, nelle sue Nozze di Cana inserisce sé stesso e Tiziano nei panni di due musicisti al centro della scena: un omaggio al “secolo d’oro” della pittura veneta dall’ultimo dei suoi grandi maestri.
La mostra “I colori della fede a Venezia” ospita cinque grandi pale d’altare dei tre artisti, provenienti da altrettante chiese veneziane. È visitabile gratuitamente fino al prossimo 5 marzo.
Andrea Cascioli
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