In Argentina esiste una scuola di piemontese (e si fa su Whatsapp)
Gli emigrati hanno saputo conservare nel tempo la lingua e le ricette tradizionali. Grazie a loro - e con il supporto di Internet - le distanze si accorciano e la cultura si preservaQuesta è una storia di radici lontane che non vogliono essere abbandonate. E di come la tecnologia possa essere un’alleata nel tramandare il valore delle origini e unire territori molto distanti. A circa 11mila chilometri in linea d’aria da Cuneo ci sono 142 persone che non vogliono dimenticare il piemontese che parlavano i loro avi. Tutto è iniziato grazie all’iniziativa del professore Ronal Comba, argentino di ottantatré anni con origini piemontesi e una particolare predisposizione per l’uso intelligente di Internet. “È sempre stato appassionato di lingue. Anche per questo ha deciso di fondare una scuola di piemontese. I genitori, Luigi Comba e Caterina Venciotti, erano di Brossasco. Alcuni dei figli nacquero in quella città, altri nel comune di Cantalupa, vicino a Torino, e altri ancora in Argentina. Tra quelli nati in Piemonte c’erano il nonno di Ronal Comba e la mia bisnonna paterna Paula Comba de Torleto”, spiega Matias Alejandro Frola, contadino argentino discendente di piemontesi e attualmente residente a Colonia Marina, un piccolo paese in provincia di Cordòba: “Il professore ha appreso il piemontese dai nonni. Poi ha deciso di perfezionarlo con il tempo e di insegnarlo agli altri”.
Attualmente Ronal Comba è fondatore, direttore e insegnante di CEREA - che in piemontese è una forma di saluto in origine reverenziale poi con il tempo diventata familiare, ma ora in parte in disuso. CEREA è una scuola diversa dal comune perché non ha una sede fisica, ma si tiene su WhatsApp: “È completamente gratuita. Fanno parte del gruppo argentini, italiani e argentini con origini piemontesi. La gente che lo frequenta vive in diverse regioni dell’Argentina”. Oltre al gruppo Whatsapp esiste anche un canale Youtube in cui Comba carica tutte le sue lezioni così che siano fruibili anche da remoto e da un maggior numero di persone. L’iniziativa è partita durante i mesi della pandemia e non si è più fermata. “Tacuma ël cors de lenga piemontèisa. Ancheui che al é ël prim de luj 2023”, dice il professore in uno dei video mentre spiega i verbi al tempo presente tenendo in mano il suo libro intitolato “Ròba Piemonteisa”. Le lezioni si focalizzano su conversazioni, dialoghi, pronuncia, scrittura, detti e aneddoti. “Tutti gli iscritti partecipano trasmettendo le proprie nozioni in italiano, spagnolo o piemontese”, continua Frola. A più di diecimila chilometri da noi, quindi, c’è qualcuno che il piemontese vuole continuare a parlarlo e studiarlo. “È parte delle nostre radici. I miei bisnonni erano piemontesi, la famiglia Frola è arrivata in Argentina nel 1893. Mio bisnonno era nato a Verolengo, in provincia di Torino. Da parte di mia mamma la metà sono piemontesi e i restanti venivano dal Friuli. È molto importante per noi preservare le nostre origini. È bello ricordare sempre il piemontese, mantenerlo e non dimenticarlo mai”, aggiunge Matias Alejandro.
Il forte legame è dimostrato anche dalle tradizioni culinarie. Primi fra tutti il “salame casero” (fatto in casa) e il vin brulé. “Ogni anno nella colonia San Augustin, nella provincia di Santa Fe, si celebra la festa della bagna cauda e si ballano i balli tipici”, racconta la signora Dulce Mastricola, anche lei piemontese di origine e attualmente residente in Argentina. “Mia sorella Rosy - continua - è un po’ più grande di me e mi ha raccontato che la nonna faceva un dolce tipico, una sorta di budino al cioccolato. Lo chiamava il bonèt”. Il legame con le proprie origini, quindi, passa dalla cucina, dalla lingua, e viene perpetuato anche con il ricordo dei sacrifici dei propri antenati. “A Colonia Marina c’è il Museo de la colonización piemontes dove è spiegato come furono i primi tempi dei piemontesi arrivati in Argentina, dove sono raffigurati tutti gli sforzi che fecero per costruire le loro case e le loro aziende”, spiega Matias Alejandro.
Preservare il ricordo è possibile. Lo stanno facendo a migliaia di chilometri da noi, mentre qui con il passare del tempo tante tradizioni stanno andando perdute. CEREA e la comunità piemontese in Argentina sono l’esempio che il valore delle proprie origini merita di essere tutelato e tramandato. E in questo la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, facendo da connettore tra persone e territori remoti che, senza Internet, non avrebbero la possibilità di incontrarsi mai.
Micol Maccario
CUNEO piemontese - scuola - Argentina