Giù nella valle il nulla
Deludente il nuovo romanzo di Paolo Cognetti, nonostante una forte promozione pubblicitaria, che si alimenta anche di polemicheNella lezione su musica e letteratura americane inserita come “nota dell’autore” in fondo al suo nuovo romanzo, Paolo Cognetti scrive “non si sa come arrivino agli artisti i momenti di grazia, è un mistero”. Sicuramente non è stato un momento di grazia quello in cui Cognetti ha scritto Giù nella valle, un romanzo di cui si è parlato molto, troppo, per le polemiche suscitate (ad arte?) da alcune dichiarazioni dell’autore sulla Valsesia. In realtà i passaggi contestati dovrebbero essere l’ultimo dei problemi dell’autore, che dovrebbe riflettere, piuttosto, sull’inconsistenza della sua opera. Niente a che vedere con la solidità narrativa de Le otto montagne o con l’autenticità de Il ragazzo selvatico.
Cognetti dopo il successo non è più un ragazzo selvatico, somiglia di più a un giovin signore del sistema editoriale italiano, ormai addomesticato, molto “trendy”, molto “cool”: un autore che ha trovato nel tema della montagna la sua gallina dalle uova d’oro e che cerca di sfruttarlo il più possibile. Non è una riflessione che faccio per la prima volta su questo scrittore: già in altre occasioni mi erano sorti dubbi sul suo modo di trattare la montagna. Ma con Giù nella valle i dubbi si sono rafforzati e hanno virato bruscamente verso la certezza. Veniamo ai contenuti e alle scelte narrative del libro. Innanzitutto si tratta di un romanzo breve (molto breve): tolte le pagine bianche, un inserto poetico, la nota dell’autore, sono circa ottanta pagine. Il primo capitolo si intitola “Valsesia”, ma potrebbe essere collocato ovunque: racconta di due cani, un maschio e una femmina, che vagano lungo il fiume, con il maschio che azzanna e uccide una decina di cani e si guadagna la fama del mostro e del lupo cattivo. Un capitolo che trasuda violenza e costituisce l’antefatto di una trama molto esile, direi fragile se non addirittura inconsistente.
I protagonisti compaiono più o meno a pagina 20: due fratelli che hanno fatto scelte di vita diverse (uno poliziotto forestale per amor di stipendio regolare e uno boscaiolo in Canada, dopo aver avuto qualche guaio con la legge in Italia), ma in fondo molto simili. Un personaggio femminile, moglie del poliziotto ma in passato attirata dal fratello più scapestrato. Personaggi che non hanno il tempo di diventare tali e restano abbozzi, vista la brevità del testo. La trama si sviluppa con alcuni passaggi di punto di vista, prima quello del poliziotto, poi quello del fratello. Tecnica narrativa ben nota. Relazioni tra i personaggi controverse, ma quasi sempre con il retrogusto di avere davanti agli occhi qualcosa di già letto, di già visto. Il Canada, Carver, le bettole di valle, i liquori, le scazzottate, i cacciatori simbolo di certa virilità, un padre burbero suicida, il rapporto conflittuale tra cittadini e montanari. Tutto già sentito e letto. Viste le vendite dei suoi libri, probabilmente a molti lettori piace indugiare sulla visione della montagna proposta da Cognetti, ma sappiamo bene che la questione “montagna” è molto più complessa e articolata di quanto emerge nei suoi libri. Cognetti, inoltre, sa scrivere, possiede stile e tecnica, ma la struttura narrativa di questo romanzo è inaspettatamente debole e indifendibile.
Il successo è insidioso per gli scrittori, soprattutto per quelli delle “nuove” generazioni, spesso mossi a scrivere più da esigenze contrattuali che dall’ispirazione. Dopo il successo planetario del film tratto da Le otto montagne, bisognava immettere sul mercato un nuovo prodotto, per ricavarne il maggior guadagno possibile, per “battere il ferro finché è caldo”. L’editoria segue le leggi spietate del mercato, né più né meno di altri settori industriali. Quando diventa industria, come nel caso di alcuni grandi editori nazionali. Discorso ben diverso si deve fare per i piccoli editori, più attenti alla qualità del libro e non costretti a inseguire senza scrupoli il mercato. Se penso a quanti personaggi dello star system televisivo, a quanti vip (veri o presunti) si sono spesi per promuovere il romanzo di Cognetti, aggiungo ulteriori elementi di certezza ai miei dubbi e alle mie critiche sul sitema editoriale culturale nel nostro paese, in cui è ormai davvero difficile - a livello nazionale - sfuggire alle consuetudini più bieche del marketing. In fondo di questo libro, nonostante le polemiche sulla Valsesia, quel che resta nel lettore è soltanto lo scenario, la natura della Valsesia, che l’autore sa descrivere, al di là o al di qua dei personaggi che ci vivono. Tutto il resto è inconsistente.
d.b.
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