Quando in provincia "Tutto era turbo"
Il nuovo docufilm di Remo Schellino racconterà gli anni '80 nella Granda. Un viaggio dentro le rovine delle discoteche per riportare alla luce un decennio di edonismo sfrenato e di grandi cambiamentiProcedono le riprese di “Tutto era turbo” del regista Remo Schellino. Secondo capitolo di una nuova trilogia iniziata con “Portavo allora un eskimo innocente”, il documentario racconterà gli anni '80 nella provincia cuneese. A fare da fil rouge le discoteche, di cui oggi - se non si tratta delle poche sopravvissute o di quelle riconvertite in spazi commerciali - restano le imponenti rovine lungo le strade provinciali o le vestigia decadenti nascoste dalla vegetazione che cresce nelle zone industriali, custodi silenziose della memoria di un tempo che non esiste più. In quelli che il regista ha definito “oratori laici” i ragazzi si incontravano, si divertivano, si innamoravano. Intanto fuori la storia faceva il suo corso con avvenimenti di portata mondiale come lo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl, la caduta del Muro di Berlino, l'arrivo dell'eroina o di portata nazionale come lo scandalo del vino al metanolo. Per raccontare un decennio di eccessi e di edonismo sfrenato (sono gli anni in cui un vicepresidente del Consiglio pubblica "Dove andiamo a ballare questa sera?", una guida alle discoteche più raccomandabili d'Italia completa di recensioni e punteggi) ma anche di grandi cambiamenti, Schellino ha riportato quei ragazzi degli anni '80 all'interno di alcune discoteche abbandonate cuneesi, affidando la narrazione alle testimonianze e ai ricordi di chi quel periodo l'ha vissuto da protagonista. Abbiamo fatto una chiacchierata con il regista per farci raccontare del docufilm, per approfondire il significato degli anni '80 in provincia di Cuneo, per capire dove andavano a ballare i cuneesi (nella sua guida Gianni De Michelis segnalò ben tre discoteche della Granda), per scoprire che alle Cupole, uno dei luoghi del divertimento della nostra provincia, in quel periodo si esibirono Franco Battiato e Fabrizio De André.
Sono in corso le riprese di “Tutto era turbo”, secondo capitolo di una trilogia iniziata con “Portavo allora un eskimo innocente” in cui hai raccontato gli anni '60 e '70 nel cuneese. Nel secondo capitolo racconterai gli anni '80. Che anni sono stati? E perché questo titolo?
“Sono stati anni completamente diversi dagli anni '70, molto politicizzati con un forte legame di appartenenza. Gli anni '80 sono stati più scanzonati, in parte più frivoli. L’edonismo sfrenato, ma anche anni che hanno visto cambiamenti epocali. La caduta del Muro di Berlino, i primi movimenti ecologisti dopo il disastro nel 1986 della Centrale di Chernobyl. La provincia Granda pullula di nuovi luoghi di ritrovo, le discoteche. Ogni paese o quasi ne aveva una se non due. Erano un po' degli oratori laici dove ci si andava per ballare ma soprattutto erano diventate luogo di aggregazione. Il titolo richiama il fatto che in quel periodo veramente tutto era turbo: le macchine, il nostro modo di vestire, i colori sgargianti. Mi ricordo dei maglioni fucsia terribili, stivaletti detti Camperos calzati pure d'estate, capelli colorati, i primi orecchini nei maschietti. Tutto era esagerato, spinto al massimo come la canzone di Vasco”.
Le discoteche sono il filo conduttore di un film che narrerà la dimensione locale degli anni '80 indagandone tutti gli aspetti, anche quelli più bui. Un decennio che, nella nostra provincia, rievoca anche lo scandalo del vino al metanolo.
“Sì, il film ha come fil rouge le discoteche, le cattedrali del ballo, dove ci si incontrava, ma sono stati anni anche bui per certi aspetti. Lo scandalo, nel 1986, del vino al metanolo che ha scosso la nostra provincia. Una truffa perpetrata mediante adulterazione di vino con il metanolo. Diciannove le vittime e molte altre con conseguente di danni neurologici”.
Tornando alle discoteche, che cos'erano e cosa rappresentavano questi oratori laici? Chi erano i giovani che li frequentavano?
“Erano prevalentemente i nati negli anni '60, che in quel periodo avevano vent’anni. Un mondo variegato, molto vario e non settario. In quegli anni si afferma uno stile di vita che ha come obiettivo la felicità individuale e persegue l'affermazione personale. È il decennio della tecnologia, dell’esagerazione e del narcisismo. Anni che però non furono soltanto rose e fiori, arrivò l’eroina anche in provincia e molti di loro furono travolti”.
È negli anni'80 che esplode il fenomeno delle maxi discoteche, costruzioni di ampia capienza, luoghi di socializzazione giovanile differenti dalle sale da ballo, dove i ragazzi si divertivano, facevano amicizia, si innamoravano. Nella nostra provincia alcuni locali erano delle vere e proprie meraviglie architettoniche e di design. Penso al Paolina B di Borgo San Dalmazzo, progettato dall'architetto Gianni Arnaudo come ampliamento del FlashBack. Perché il boom esplode in quel periodo?
“Forse perché, in parte, la generazione '80 si è staccata dal peso degli anni precedenti che indubbiamente sono stati importanti per la conquista di molti diritti oggi acquisiti; ma la cappa del terrorismo aveva fatto da cesoia. Uno stacco. La voglia di provare ad uscire dagli anni detti di piombo è stato forse il motivo che ha portato il fenomeno discoteche come luogo di ritrovo per scrollarsi di dosso le tensioni degli anni precedenti”.
"Dove andiamo a ballare questa sera?". È il titolo di una guida del 1988 che contiene la recensione di 250 discoteche d'Italia particolarmente raccomandabili. L'autore è Gianni De Michelis, esponente del partito socialista all'epoca vicepresidente del Consiglio dei ministri, un nome in seguito legato allo scandalo di Tangentopoli. Nel libro sono segnalate tre discoteche nella provincia cuneese: le albesi Gallery Feeling Club e Studio Vu e Le Macabre di Bra. In provincia ce n'erano molte di più. Dove andavano a ballare i cuneesi? Quali discoteche racconterai nel film?
“Per ora le discoteche che ho raccontato, tutte con testimoni di quel periodo, sono il Cesar Palace (ex Ippodromo e Centro) di Magliano Alpi, La Goba di Niella Tanaro e La Baia Blanca a Levice. Il taglio del docufilm, come tutti i miei lavori precedenti, si focalizza sul racconto del vissuto in prima persona. Il testimone, libero di girare tra i luoghi abbandonati (in questo caso lo sono), cammina nei luoghi, calpesta le macerie, ricorda, si commuove e racconta. Alcuni locali che sono ancora intatti e funzionanti verranno utilizzati per piccoli flashback utili alla costruzione del docufilm. I prossimi set in alcune discoteche saranno senza dubbio la mitica Cucaracha a Monterosso Grana, che da un sopralluogo ho trovato ancora intatta nell'arredo anni '80, e Le Cupole di Cavallermaggiore dove avrò la possibilità di trovare materiale audiovisivo girato in quegli anni, utile in montaggio per una più completa narrazione di quel periodo”.
Nel film intervisti chi ha vissuto quegli anni da protagonista. E lo fai portandoli all'interno di spazi che oggi sono decadenti rovine. Perché la scelta di affidare la narrazione ai ricordi e alle emozioni di chi gli anni '80 li ha attraversati?
“Rientrare in quei luoghi è un po' come rinascere. Affiorano meglio i ricordi, tutto ritorna alla mente. Un dettaglio di un particolare abbandonato, una poltrona, un adesivo commuove. I miei testimoni sono esclusivamente chi ha vissuto quegli anni. Da loro non cerco discorsi forbiti di sociologia spicciola, ma il racconto del vissuto che è da sempre il punto forte dei miei lavori. Anche i drammi, le sconfitte e le gioie raccontate con autenticità ci aiutano meglio a calarci, come spettatori, in quegli anni”.
Nel 1985 avevi vent'anni, perciò anche tu hai vissuto gli anni '80 da protagonista. Dove andavi a ballare? Mi scatti una o più fotografie dei tuoi ricordi più belli?
“Beh non ero uno che amava il ballo. Ero curioso ed essendo un animale sociale frequentavo molti dei locali della provincia: il Balsamo di Carrù, un ex cinema adibito a discoteca, il Crist a Mondovi e il Centro a Magliano Alpi. Allora in molte discoteche si esibivano cantati e gruppi famosi. La prima volta nel 1981 vidi i Nomadi al Faro di Rodello in Alta Langa. Al Camaco di Borgo Enrico Ruggeri. Alle Cupole Franco Battiato. Mi sono perso il mio caro Fabrizio De André sempre alle Cupole”.
Per ragioni anagrafiche non ho vissuto in prima persona quel periodo, ma l'impressione è che la provincia fosse molto più viva. Anni più liberi, più felici forse, seppur nella loro intrinseca malinconia. Sbaglio? O sono stati solo anni di eccessi, edonismo e apparenza? Anni di templi effimeri dentro i quali venerare i nuovi idoli del divertimento sfrenato?
“Erano anni sicuramente un po’ più frivoli ma pur sempre gli anni della giovinezza dove è emerso di più l’individualismo. Dove gli aspetti più politicizzati erano stati mandati in soffitta. Non del tutto però. Parlo per me. Io sono riuscito a tenere insieme il mio impegno politico assorbito in famiglia per esempio con le lotte contro l’ACNA di Cengio. Ho scelto il servizio civile come obiettore di coscienza che ho svolto nella Caritas di Alba a fine anni '80. Ricordiamoci che i primi movimenti ecologisti sono nati proprio in quegli anni. Definire quegli anni come anni spazzatura non me la sento. Bisogna saper discernere e questo vuol anche dire essere capaci di vivere tutte le situazioni ed epoche. Questo è il mio parere”.
Poi a un certo punto la stagione delle grandi discoteche è terminata. Poche hanno mantenuto la loro funzione, cambiando nome o aspetto. Alcune sono state convertite in spazi commerciali. Molte, invece, sono rovine dimenticate, effigi imponenti di un passato che non esiste più. Cosa ha portato alla loro fine?
“La fine secondo me arriva quando subentra la generazione degli anni '90. Completamente diversa dalle precedenti. Chiamati i digito nativi. Il tutto connesso ha portato ad una forma di chiusura in se stessi ma anche una facilità relazionale che, ahimè, spero non ridotta ad un contatto social. Le discoteche chiudono, sono out, subentrano le birrerie e in ultimo gli apericena. Tema che affronterò nel terzo e ultimo docufilm della trilogia”.
Ora che il tempo è passato, lo possiamo dire cosa resta di questi anni 80?
“Mi sembra che Raf abbia interpretato molto bene in questa canzone cosa resta degli anni 80.
'Anni come giorni son volati via
brevi fotogrammi o treni in galleria
è un effetto serra che scioglie la felicità
delle nostre voglie e dei nostri jeans che cosa resterà .
Di questi anni maledetti dentro gli occhi tuoi
anni bucati e distratti noi vittime di noi...
...e la radio canta una verità dentro una bugia.
Anni ballando, ballando Reagan-Gorbaciov
danza la fame nel mondo un tragico rondò...'”.
Francesca Barbero
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