A Sanremo la Ferilli cita Italo Calvino, ma la frase è di un’insegnante e blogger cuneese
Gaffe della co-conduttrice del Festival durante il suo “non monologo” nella serata finale. Prima di lei c’erano cascati (tra gli altri) un giornalista e un cardinaleNonostante il Festival di Sanremo si sia concluso sabato sera con la vittoria di Mahmood e Blanco, nei bar e sui social non si parla d’altro. Con buona pace della lettera di Benedetto XVI e delle beghe interne ai Cinque Stelle. Davanti a cornetto e cappuccino ancora si conversa dell’energia del quasi ottuagenario Gianni Morandi, della classe di Elisa e di quanto avrebbero meritato di più le canzoni di questo o quell’artista, da La Rappresentante di Lista a Dargen D’Amico. A Cuneo, poi, da piazza Torino al parco Parri, è palpabile l’entusiasmo per la convincente esibizione del conterraneo Matteo Romano, che ha dimostrato di poter calcare un palco importante come quello dell’Ariston, scrollandosi di dosso l’etichetta di tiktoker. Oltre al giovane artista di casa nostra, ospite della kermesse canora è stata anche la peveragnese Elisa Balsamo, campionessa del mondo in carica nel ciclismo su strada, che durante la terza serata ha regalato la sua maglia azzurra al conduttore e direttore artistico Amadeus.
I due talenti nostrani sono indubbiamente un orgoglio, ma durante la serata finale della trasmissione “cult” c’è stato un altro momento in cui la provincia Granda è salita sul palco. No, non siamo andati a cercare origini, parentele e affinità di ospiti e artisti in gara. Ad avere dna cuneese è una frase pronunciata sabato sera nel “non monologo” di Sabrina Ferilli e impropriamente attribuita a Italo Calvino, ma andiamo per ordine.
La co-conduttrice della finale sanremese ha esordito così: “Ho pensato che avrei potuto parlare di famiglie, di donne che fanno tanto, hanno i figli, lavorano, educano, una roba articolata, ma io figli non ce li ho, sono un’attrice avviata, ho pure un marito benestante, perché devo andare sulle palle a loro”. “Avrei potuto parlare di uomini che hanno troppo potere ancora, decidono per le donne, occupano tutti i livelli della gerarchia lavorativa: allora, ho pensato, chiedo se posso far fare un monologo agli uomini che comandano, non mi sembrava il caso” ha aggiunto l’attrice. Poi la Ferilli ha regalato diverse riflessioni, fino a giungere al finale: “Non è che non sappia quante cose ci sono da cambiare, da aggiustare, ma io sto nella mia linea, ho scelto la strada della leggerezza. Come dice Calvino, in tempi così pesanti bisogna saper planare sulle cose con un cuore senza macigni, perché la leggerezza non è superficialità”.
Quest’ultima frase è finita nel mirino di alcuni giornali specializzati, perché non si tratta di una citazione dell’autore del “Marcovaldo”, ma di un’insegnante di origini cuneesi, Mattea Rolfo. La professoressa, che insegna all’istituto superiore Bosso Monti di Torino, tiene un blog - “Spigoblog” - e ha scritto diversi libri, tra questi “Palindromi”, pubblicato dalla casa editrice L’Erudita. Nata e cresciuta a Cuneo, prima di laurearsi ha studiato al Liceo Scientifico “Giuseppe Peano”. Fra le altre cose ha insegnato italiano al Centro Migrantes e partecipato all’organizzazione di “Isola di mondo”, la festa multietnica del centro storico. Tra il 2006 e il 2007 ha lavorato alla BNL di via Roma. Poi, dopo un lungo girovagare tra Nizza, Cannes e Genova, si è trasferita a Torino, dove insegna dal 2011. Ritorni legati alla sua vita privata a parte, nel 2018 la si ricorda alla libreria l’Ippogrifo in occasione della presentazione di un suo libro.
Torniamo al nocciolo della questione: come si è arrivati all’errore? Nel 2007 la prof scrisse un post intitolato “L’insostenibile leggerezza di Calvino”, concludendo il suo pensiero con una citazione dello scoiattolo della penna dalle "Lezioni americane": “Prendete la vita con leggerezza”. A questa frase la Rolfo aggiunse: “...che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore”. Ricorda qualcosa? Eh già.
Passano gli anni e la frase, dimenticata dalla Rolfo tra i meandri del web, per molti è diventata farina del sacco di Calvino. Come ricostruito da Luigi Bruschi sul suo blog e da Sofia Lincos su Query - la rivista ufficiale del CICAP - la massima ha iniziato a circolare sui siti di aforismi e sulle pagine Facebook con tanto di traduzione in inglese, ma non solo. È stata ripresa anche dal giornalista Antonio Polito e dal cardinale Gianfranco Ravasi ed è finita perfino su un muro dell’ITIS Mario Delpozzo di Cuneo. A disconoscere la pseudo citazione in questione aveva già provveduto la figlia di Calvino, Giovanna, che due anni fa aveva twittato: “So che verificare le fonti è faticoso e che non importa a nessuno, ma questa frase non è di Italo Calvino. Mi dà fastidio perché nemmeno gli somiglia”. A chiarire ai contemporanei la corretta attribuzione della massima è stato infine, qualche mese fa, il filologo Giuseppe Regalzi, che in un breve saggio intitolato “Diventare Calvino” - sfuggito a molti, compresa la Ferilli - ha ripercorso i passaggi che hanno portato all’equivoco. Concludendo così: “Sono sicuro che la Rolfo converrebbe volentieri sull’estrema difficoltà di emulare il proprio maestro. Le è riuscita però un’impresa ancora più rara: è diventata agli occhi del mondo il proprio maestro; è diventata Italo Calvino”.
In effetti non capita tutti i giorni. Qual è stata la reazione? A rispondere non può essere che Mattea Rolfo, la quale ha scoperto la “seconda vita” del suo aforisma grazie al lavoro di Regalzi: “Tra lo stupito e il divertito - spiega -. Non ricordavo manco di averla scritta quella frase, ne ho scritte tante. Certo è paradossale essere citata da cardinali e scrittori senza saperlo e con il nome di un autore che apprezzo moltissimo”. Poi la chiosa amara: “A dire il vero c’è anche un po’ di disgusto per la superficialità imperante”.
Resta il dubbio: il monologo della Ferilli è stato superficiale o leggero? Al lettore l’ardua sentenza.
Samuele Mattio
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