Il Roccolo si trasforma in un set cinematografico
Il castello neogotico di Busca ha ospitato una troupe impegnata a girare un corto ambientato in età vittorianaDa questa mattina regna il silenzio al "Roccolo" di Busca. Nelle stanze ora vuote non risuona più alcuna voce, né le candele le rischiarano creando un’atmosfera che appartiene al passato. Per quattro giorni, il castello neogotico si è trasformato in un set cinematografico, aprendo le sue porte alla regista e attrice protagonista Diana Dell'Erba, all'attore coprotagonista Eugenio Di Fraia, al produttore Louis Nero e a tutta la troupe che ha lavorato alla realizzazione del cortometraggio "Beata Beatrix. Una storia d'amore tra luci e oscurità".
Una location perfetta il Castello del Roccolo che, nelle sue stanze, ha ospitato l’Atelier del pittore (in quella che un tempo era la sala da pranzo), una festa ambientata a Whitechapel (nel salone d'onore) e il sogno di un matrimonio (nella chiesa all’interno del parco). Soggetto del corto, in uscita il prossimo gennaio, la figura di Elizabeth Siddal, modella, pittrice e poetessa, e il suo amore turbolento con Dante Gabriele Rossetti, pittore tra i fondatori della "Confraternita preraffaellita", la corrente artistica nata nel 1848, nella Londra vittoriana, che si rifaceva al purismo e al simbolismo della pittura precedente a Raffaello, ritenuto il capostipite dell'accademismo. Consulente artistico del cortometraggio il critico d'arte Luca Beatrice, già curatore, nel 2014, della mostra “Preraffaelliti. L'utopia della bellezza” a Palazzo Chiablese.
Donna intelligente e colta, nonostante le umili origini, animo inquieto di una bellezza eterea, con i capelli rossi e la carnagione diafana che incarnavano i canoni estetici preraffaelliti, "Lizzie" - così era soprannominata - conobbe Rossetti nell'Atelier del pittore. Tra i due nacque una storia d'amore turbolenta fatta di passione e ossessione, adorazione e tradimenti, che fu un connubio di arte e poesia. Rossetti ne fece la sua musa ritraendola in tantissime opere, tra queste "Beata Beatrix", richiamato nel titolo del corto, in cui Elizabeth è raffigurata come la Beatrice dantesca della "Vita Nova". Ma il quadro forse più noto, che avranno in mente anche i meno esperti, è l'"Ophelia" di John Everett Millais, capolavoro che continua a ispirare artisti di tutte le epoche (le citazioni nel videoclip di "Where the wild roses grow", duetto di Nick Cave e Kylie Minogue, o in "Melancholia" del regista Lars Von Trier sono solo due esempi): il cadavere dell'eroina tragica, impazzita per amore e scivolata nel fiume, in mano ancora un mazzo di fiori appena colto, galleggia nella veste gonfiata dall'acqua, trasportato dalla corrente. Posare per quel quadro fu una prova di resistenza fisica per “Lizzie” perché, a causa delle molte ore immersa nell'acqua fredda di una vasca da bagno, riscaldata con alcune candele che si spegnevano ripetutamente, la modella si ammalò di una bronchite cronica che peggiorò la sua salute già cagionevole.
La morte di Ofelia richiama alla mente la fine della Siddal: a 33 anni, dopo aver perso il figlio che portava in grembo, si suicidò con una fiala di laudano, sostanza di cui abusava per la depressione di cui soffriva. Rossetti, disperato per la sua morte, fece seppellire con lei un manoscritto di poesie che le aveva dedicato. Anni dopo, in preda all'ossessione di pubblicarle, riesumò il corpo per riportarle alla luce. La leggenda narra che, una volta aperto il sepolcro, la bellezza di Lizzie fosse rimasta intatta e che i suoi lunghi capelli rossi avessero continuato a crescere anche dopo la morte. Dunque una storia di amore e morte, ed è proprio la morte, con la scena della profanazione della tomba, ad opera di Millais, William Hunt, Ford Brown e dello stesso Rossetti, per riesumare quel taccuino, simbolo dell’unione dei due amanti, a segnare l'inizio del corto.
"Beata Beatrix" riporta in vita, attraverso una serie di flashback e tramite i dialoghi tratti dalle poesie di "Lizzie", una donna forte e fragile, una donna libera che ancora oggi affascina per la sua enigmaticità. “La prima cosa che mi ha colpito profondamente di Elizabeth Siddal sono state le sue poesie. Poco conosciuta come poetessa, dai suoi versi trapela un grandissimo tormento, una ricerca di pace e di bellezza e l'animo fragile di una donna che per tutta la vita sognò di sposare Dante Gabriele Rossetti e di avere un figlio con lui, desiderio che mai si avverò. Il loro fu un grande amore, al di là di tutti i dogmi e le convenzioni dell'epoca, un amore vissuto nell'arte, che nell’arte ha ricercato l'immortalità e che nell'arte vivrà in eterno” spiega Diana Dell’Erba. Un amore intenso e inscindibile dall'arte, come spiega Eugenio Di Fraia: “Per interpretare Rossetti sono partito da un'immersione nelle sue opere e nelle poesie della Siddal, parte integrante per la sceneggiatura di questo lavoro. I due protagonisti hanno vissuto la loro storia d'amore votandola all'arte. Ed è quell'unione di anime che ho ricercato, insieme a Diana, per entrare nella parte”.
Pubblicato in origine sul numero del 24 novembre del settimanale Cuneodice - ogni giovedì in edicola.
Francesca Barbero
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