Cirio contro i fuoriusciti forzisti: “Io non ho mai cambiato casacca”. Eppure…
Oggi il governatore tuona contro i voltagabbana. La sua carriera, però, cominciò con uno strappo nella Lega. E c’è chi non dimentica l’“avvicinamento” a FdI“Per parte mia rispetto tutte le posizioni, perché la democrazia è fatta anche di chi decide di percorrere altre strade. Non condivido il cambio di casacca perché non l'ho mai fatto: la mia posizione non la cambio”. Parole di Alberto Cirio, pronunciate non più tardi di ieri a margine del congresso della Uil piemontese. La frecciata - con tono felpato, com’è nello stile del personaggio - era rivolta agli illustri fuoriusciti che hanno lasciato Forza Italia con armi e bagagli, dopo lustri di onorata militanza: Renato Brunetta, Mariastella Gelmini, Mara Carfagna. Tutti costernati dallo strappo del Cavaliere che ha assestato al governo Draghi la mazzata finale.
Il governatore in questi giorni aveva brillato per assenza, forse colto di sorpresa da una mossa che - dicono i rumors - ha spiazzato anche lui: “Sono concentrato sul mio lavoro. Che è quello di garantire il meglio per il Piemonte” la risposta laconica a chi gli chiedeva come si sarebbe regolato, a fronte di una ennesima fuga di eletti (in Piemonte si dà per già trasmigrata verso i lidi di Azione la deputata “gelminiana” Claudia Porchietto, mentre è in dubbio Carlo Giacometto, consigliere di Brunetta al ministero). Ora è arrivata la sua condanna ufficiale, segno che qualcosa o qualcuno ha indotto l’albese ad abbandonare la tradizionale prudenza e riposizionarsi.
Eppure, ricorda qualche “memoria storica” della politica, nelle sue parole c’è una nota stonata. Perché ai cambi di casacca non è estraneo nemmeno il Richelieu di Sinio, che la sua prestigiosa carriera politica incominciò sotto altre insegne: quelle della Lega di Bossi. Correva l’anno 1995 quando l’appena 23enne Cirio, all’epoca studente universitario, venne scelto come vicesindaco di Alba nella giunta guidata dal centrista Enzo Demaria. Col sindaco non mancarono gli alti e bassi, come quando nel settembre dell’anno dopo si aprì una crisi in maggioranza provocata dalla partecipazione di Cirio alla manifestazione indetta da Bossi a Pontida, quella della celebre “secessione della Padania”. La cacciata del vicesindaco e dei padani si sarebbe concretizzata nel 1997, ma ormai la strada era spianata: nel dicembre 1998, a 26 anni, Cirio veniva eletto segretario provinciale della Lega Nord. Era destino però che le sue strade si separassero da quelle del Carroccio, infatti nell’estate 1999 l’enfant prodige seguì la scissione dell’ex ministro e leader piemontese Domenico Comino. Bossi al morozzese ne disse di tutti i colori: “traditore”, “venduto”, “mangiabistecche berlusconiste”. Allo stesso destino andò incontro l’ex proconsole albese, eletto pochi mesi dopo segretario dell’effimera lista autonomista Piemont, tanto più che nel frattempo lui era riuscito addirittura a farsi assegnare la sede provinciale della Lega a Cuneo, con sentenza del tribunale. Il resto, come si dice, è storia: nel 2000 Cirio, tornato vicesindaco, aderirà a Forza Italia portandosi dietro un assessore e tre consiglieri ad Alba e dando inizio a un percorso tuttora ininterrotto.
C’è chi dice che lo “strappo” non sia mai stato dimenticato dal Carroccio, tant’è che ai piani alti di via Bellerio quello del vicesindaco albese, poi assessore regionale, poi europarlamentare, è rimasto a lungo un nome impronunciabile. Tutto archiviato, sembrerebbe. Più di recente, però, di un suo cambio di casacca assai futuribile si è parlato eccome. Non più tardi di due anni fa il passaggio a Fratelli d’Italia sembrava cosa fatta: Cirio avrebbe portato in dote a Meloni - nonché all’ex compagno di partito Guido Crosetto, mentore dell’operazione - un centinaio di amministratori. Poi qualcosa si è arenato, complici le fughe di notizie e - pare - qualche azione maldestra del suo emissario a Roma, il senatore Marco Perosino.
E adesso? Gli azzurri stanno “tra color che son sospesi”, per dirla col sommo poeta, in attesa di sapere se il “listone” con la Lega si farà oppure no. C’è chi ritiene che quello di Salvini sia un abbraccio mortale e chi vi intravede l’ultima possibilità di bilanciare - soprattutto al Nord - gli appetiti sempre più famelici dei “fratelli”. Non è dato conoscere, per ora, cosa ne pensi Cirio. Visti i tempi, sulla questione del cambiar casacca, verrebbe da ricordargli una massima della saggezza popolare: “Mai dire ‘di quest’acqua non ne bevo’”.
Andrea Cascioli
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