Fratelli d'Italia difende il crocifisso nelle aule scolastiche: ''Non va rimosso''
Ci scrive l'avvocato Coggiola: ''Il simbolo non esprime soltanto valori religiosi, ma anche civili''Riceviamo e pubblichiamo.
Egregio direttore,
la “querelle” sulla legittimità del crocifisso nelle aule scolastiche ed in generale nei luoghi pubblici è un tema riproposto ciclicamente in Italia. In questi giorni, infatti, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 19618 del 18/09/2020 ha dovuto nuovamente affrontare la questione del crocifisso, sollevata da un insegnante che ha rimosso il crocifisso dalla parete dell’aula prima di fare lezione, incorrendo così nella sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per 30 giorni. Con tale ordinanza la Cassazione però non fornisce una risposta chiara, ritenendo opportuno l’intervento delle Sezioni Unite sul punto.
Risulta però evitabile una pronuncia delle Sezioni Unite, in quanto il dibattito sul crocifisso, ampiamente discusso nel decennio passato, si è concluso, dopo quasi 10 anni, nella sentenza Lautsi vs Italia, con cui nel 2011 la Grand Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il simbolo cristiano potesse restare appeso nelle scuole pubbliche italiane. Infatti, la Corte non ha ravvisato, nella presenza in classe di questo simbolo, nessuna lesione al diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni e tantomeno al diritto degli alunni alla libertà di pensiero, di coscienza o di religione. Inoltre, a supportare tali convinzioni, emerge anche che gli insegnamenti previsti dal piano didattico scolastico non prevedono alcun corso obbligatorio di religione cattolica, al contrario si riscontra nella scuola pubblica italiana l’apertura ed il rispetto nei confronti delle diverse religioni e minoranze.
Considerate le conclusioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo – che dovrebbero ritenersi oltre che corrette anche definitive -, non si comprende perché in Italia periodicamente si verifichino eventi quali la rimozione dei crocifissi nelle scuole o nei luoghi pubblici al solo fine di non “mettere in imbarazzo” o
rispettare i diritti dei bambini appartenenti ad altri credi religiosi, per lo più musulmani, sempre più presenti nelle classi italiane. Ciò contrasta non solo con le decisioni giuridiche, ma anche con la cultura ed il quadro storico-geografico che appartiene all’Italia, in virtù di un rispetto che appare sempre più un’islamizzazione silenziosa. La rimozione dei nostri simboli operata da dirigenti scolastici, insegnanti, genitori, comporta inevitabilmente il rifiuto dei nostri valori, nel nome di un’accoglienza distorta che privilegia l’immigrato, anche se irregolare e/o irrispettoso delle norme.
L’islamizzazione avviene sulla base della forte presenza di numerosi immigrati di fede musulmana. Sul punto giova ricordare lo studio realizzato dalla Fondazione Farefuturo, con il contributo dell’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia, pubblicato nel Primo rapporto sull’islamizzazione d’Europa, dal quale emergono dati allarmanti e preoccupanti. Si è stimato, infatti, che nel 2100 metà della popolazione italiana potrebbe essere musulmana; ciò potrebbe avvenire sia perché le immigrate musulmane hanno un tasso di fertilità doppio rispetto a quello delle italiane, sia perché la maggior parte dei richiedenti asilo e degli immigrati è di religione musulmana. A fronte di tali considerazioni diventa ancor più necessario professare quell’idea di laicità ponderata posta alla base del nostro Stato.
Infatti, seppur possa essere idealmente astratto un significato di laicità statale assoluta, è inverosimile credere di non dover declinare la laicità con riferimento alla tradizione culturale ed ai costumi di vita di ciascun popolo, così come si sono riversati nei rispettivi ordinamenti giuridici. Pertanto, la laicità ponderata, applicata in Italia - ed avallata anche dalla sentenza Lautsi vs Italia – con l’affissione del crocifisso nei locali pubblici esprime in chiave simbolica, oltre all'origine cristiana di alcuni valori fondanti espressi dalla nostra Carta costituzionale, il ricordo di un messaggio liberatore ed autenticamente innovativo
che ha permeato della sua essenza l’area europea occidentale.
Dunque il crocifisso in Italia non deve essere rimosso dalle aule e dai luoghi pubblici, poiché è un simbolo atto ad esprimere correttamente, senza chiamare a nuove crociate, valori non solo religiosi ma anche civilmente rilevanti.
Alberto Coggiola
Consigliere comunale di Cuneo - FdI
Redazione
CUNEO Alberto Coggiola