ItalExit suona la carica con Gianluigi Paragone: “Alle comunali di Cuneo ci saremo”
Il movimento sovranista annuncia la discesa in campo nella Granda e non chiude alle intese. Lauria ammicca: “Sono stato il primo no euro in città”Per molti osservatori è l’uomo nuovo del populismo italiano, di cui ha incarnato il volto cangiante tra la tribuna televisiva e quella politica. Parliamo di Gianluigi Paragone, ex direttore de La Padania sotto Bossi, poi senatore pentastellato e infine creatore di ItalExit, ovvero il Brexit Party in salsa tricolore.
In provincia il movimento è attivo da alcuni mesi con nuclei a Cuneo, Bra, Alba e Fossano, sotto la guida del marenese Alessandro Balocco. C’era lui ad accompagnare il leader nella sua tappa ai Giardini Fresia, dove ItalExit ha scoperto le carte annunciando la costituzione di una lista per le comunali del 2022: “Cuneo sta vivendo un’involuzione che non merita. C’è un problema enorme di sicurezza, una città che invecchia e si rinchiude su se stessa subendo al contempo flussi migratori di ogni genere”. Il bersaglio è il solito Movicentro ma c’è un pensiero anche per la questione impianti sportivi: “Uno stadio non degno di una città capoluogo”.
Oltre alla discesa in campo nella città dei sette assedi i sovranisti no euro valutano un’eventuale competizione elettorale anche a Savigliano, dove proprio in questi giorni la maggioranza a trazione Pd si interroga sulla ricandidatura di Ambroggio mentre gli avversari scalpitano. Alleanze? “Non con il centrodestra né con il centrosinistra, - premette Balocco - ma siamo pronti al dialogo con le forze civiche”. A Cuneo questo identikit rimanda a un profilo ben preciso, quello del battitore libero della destra Beppe Lauria. Non a caso l’ex campione di preferenze aennino, in anni recenti avvicinatosi a CasaPound, era presente all’incontro: “Sono stato il primo a portare il simbolo no euro in un’elezione comunale a Cuneo” ha rivendicato, lasciando intendere a sua volta che gli spiragli per trattare ci sono.
ItalExit punta a raccogliere il malcontento dei delusi grillini, di chi ha vissuto il fallimento del gialloverdismo e la successiva normalizzazione sia dei 5 Stelle che della Lega a trazione Giorgetti. Impresa ardua, perché - riflusso astensionistico a parte - i concorrenti sono agguerriti: i meglio posizionati sono certo i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (un loro drappello era nell’uditorio di Paragone a Cuneo). Ma bisognerà valutare anche le mosse dell’ormai ex pentastellato Alessandro Di Battista e degli altri dissidenti. Sembra essersi invece smarrita l’effimera creatura di Diego Fusaro, nata come Vox Italia e poi ribattezzata Ancora Italia in seguito a una scissione di cui si è avvantaggiata proprio ItalExit: a Cuneo se ne sono perse le tracce subito dopo la presentazione in pompa magna nel centro congressi della Provincia.
Per differenziarsi Paragone punta tutto sulla single-issue, il no all’euro e all’Unione Europea: “Siamo gli unici a proporre una soluzione radicale come l’uscita dall’Europa, credo perciò che saranno gli altri ad avere problemi a dialogare”. Agli ex eurocritici come Borghi e Bagnai rinfaccia di essere passati dalle campagne elettorali con i palloncini “Basta euro” al governo Draghi. L’altro cavallo di battaglia è l’opposizione alle misure anti-Covid: nessuno strepito sulla dittatura sanitaria, ma numerose critiche all’obbligo vaccinale per medici e infermieri (“un’imposizione feudale”). Sul fronte sociale l’ex anchorman di L’ultima parola e La Gabbia denuncia la volontà di cancellare la legge Bramini sui pignoramenti delle prime case: “Si tornerà a sbattere fuori casa le famiglie prima dell’asta giudiziaria”.
In questo quadro di crescente tensione rientra la tragedia di Biandrate, costata la vita a un sindacalista dei Cobas: “È una sfida disperata tra ultimi e penultimi, tra chi lavora nei servizi e il padroncino. Queste reti di cui si avvalgono le multinazionali stanno crollando e i lavoratori si ritrovano scoperti su previdenza e contratti. Solo il sistema delle consegne e l’e-commerce si è sviluppato in quest’ultimo anno, nella compressione dei diritti più elementari”. In barba a chi già intravede la fine dell’età d’oro del populismo aperta dalla vittoria di Trump e dalla Brexit, Paragone ricorda che “restano sul campo le lacerazioni che hanno portato al risultato del 2018, aggravate dalla crisi del Covid. Siamo in una bolla dove i mutui, i licenziamenti, le rateizzazioni e le cartelle sono sospesi. Quando questa sospensione terminerà scaricherà tutto a terra in modo violento. Ci sarà allora un contenitore politico che possa offrire una prospettiva o dovranno schierare l’esercito?”.
Andrea Cascioli
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