Pd, Davide Sannazzaro in campo per la successione a Calderoni
Il sindaco di Cavallermaggiore e consigliere provinciale assicura un passaggio di testimone senza scossoni. Ma sui dem pesa l’incognita di un futuro all’opposizioneDavide Sannazzaro scende in campo nella contesa per la successione all’attuale segretario provinciale del Partito Democratico, il consigliere regionale Mauro Calderoni. L’ex sindaco di Saluzzo, eletto nel 2021 alla guida dei democratici cuneesi, non è più rieleggibile ai sensi dello statuto regionale.
Pronto a raccogliere il testimone c’è il suo vicesegretario con delega all’organizzazione: “Questa scelta, maturata negli ultimi mesi, nasce dalla volontà di proseguire il percorso di unità e rafforzamento del partito che, negli ultimi tre anni, ha avuto nel segretario uscente Mauro Calderoni un riferimento autorevole e capace” spiega Sannazzaro, lodando Calderoni per aver permesso di “superare la frammentazione interna, valorizzando il pluralismo senza lasciare spazio a divisioni”. Parole che prefigurano una successione nel segno della continuità.
Quarantasette anni da compiere a maggio, sposato con Federica e papà di cinque figli, Sannazzaro è educatore di strada e sindaco del suo comune dal 2016. Il suo profilo moderato non dispiace alla sinistra interna, con la quale ha conservato rapporti cordiali anche dopo aver sostenuto la candidatura perdente di Bonaccini alle ultime primarie: “La candidatura che porto in dote - dice - vuole essere un punto di sintesi per tutte le energie e le competenze che vogliono contribuire a un Partito Democratico più aperto, autorevole e vicino alle esigenze reali delle persone e dei circoli democratici che animano la nostra provincia”.
Da consigliere provinciale - subentrato nel 2022 al compagno di partito Flavio Manavella - ha tenuto nell’ultimo biennio l’importante delega all’istruzione, gestendo i cantieri del Pnrr. Con Luca Robaldo, che avrebbe dovuto attribuirgli la vicepresidenza dopo le scorse elezioni (non se ne fece nulla), pare aver mantenuto un certo appeasement anche negli ultimi mesi, mentre Calderoni faceva la parte del “poliziotto cattivo” e sparava bordate contro il presidente fedifrago.
Le incognite principali riguardano proprio il futuro che si prospetta per i dem, in Provincia e non solo, dopo che la ritrovata intesa tra il Patto Civico e il centrodestra li ha schiacciati nell’angolo. Mentre in sala Giolitti si prepara una redistribuzione delle deleghe che taglierà fuori il centrosinistra, i margini di manovra si fanno sempre più stretti. All’assemblea provinciale di Savigliano, qualche giorno fa, Calderoni ha rivendicato i successi delle ultime comunali (Bra e Saluzzo riconquistate, Alba espugnata, Fossano e Racconigi perse per un’incollatura) e la capacità di costruire “coalizioni autenticamente civiche” - a differenza, si fa notare, di quel mondo costiano-robaldiano divenuto “nei fatti organico al centrodestra”.
Il risiko dei territori ha visto il centrosinistra perdente anche nella contesa per la guida di Fondazione CRC, dove Gola - gradito al centrodestra - si è affermato sull’ex sindaco di Cuneo Borgna. E sul capoluogo, dove il Pd governa per la prima volta con un suo sindaco, si addensano le incognite. La riconferma di Patrizia Manassero nel 2027 passa per un rinnovato sostegno dal centro, oggi più spostato a destra di quanto non fosse tre anni fa. Se la ex senatrice non fosse ricandidata, per scelta sua o altrui, il quadro si complicherebbe ancor di più. Le voci su un possibile avvicendamento con Chiara Gribaudo mandano in fibrillazione il mondo politico cuneese: la deputata borgarina non ha lo stesso sostegno in città, soprattutto fuori dal partito. La sua candidatura preluderebbe forse a un’intesa con la sinistra dei beni comuni e quindi a una riedizione dello scontro del 2012 tra Garelli e Borgna, ora come allora difficile da ribaltare rispetto ai pronostici.
Ma questo è un domani ancora da scrivere. Il presente, anzi il futuro prossimo, è la probabile convergenza del partito su Sannazzaro: lo hanno visto arrivare, parafrasando al contrario Elly Schlein. La soluzione unitaria, già varata quattro anni fa per Calderoni, rinforzerebbe la tenuta interna del Pd: da Alba, dove pareva potessero giungere gli unici mormorii, non sembrano esserci obiezioni.
Andrea Cascioli
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