'Quando sento parlare di censimento etnico sono preoccupato'
Il commento di Andrea Olivero, intervenuto insieme a Federico Borgna e Milva Rinaudo all'incontro promosso da Monviso in Movimento, 'La nuova sfida tra populismo e popolarismo'Una quarantina di persone, tra le quali molti giovani - e per i tempi che corrono non sono poche - hanno partecipato all’incontro dibattito “La nuova sfida tra populismo e popolarismo” organizzato, nella sede di Cuneo, dall’Associazione Monviso in Movimento. Assente il presidente, l’assessore regionale, Alberto Valmaggia, per impegni istituzionali, l’iniziativa è stata introdotta e moderata dal giornalista e scrittore Giorgio Aimetti. “Il populismo - ha detto - è legato al percorso di avere un leader forte, il popolarismo costituisce la sintesi tra democrazia rappresentativa e l’esperienza sociale e politica. Nel momento in cui un cittadino deve scegliere tra il populista e chi lo imita, decide per l’originale. Stiamo vivendo la stessa grande trasformazione del sistema economico e produttivo del 1914, poi evoluta nelle catastrofi che conosciamo. Purtroppo, però, non ne abbiamo più memoria e questo rappresenta un grande pericolo in quanto può indurci agli stessi errori”.
Il primo intervento è toccato all’ex viceministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Andrea Olivero. “Populismo e popolarismo non sono ideologie, ma approcci alla politica. Il populismo - e lo stiamo vedendo dalle dichiarazioni di Salvini - mina alla base la democrazia, mettendo a repentaglio le Istituzioni del nostro Paese. Un capopopolo può lanciare slogan in campagna elettorale, ma quando è ministro dell’Interno rappresenta tutti i cittadini e non può, con le parole, andare oltre i limiti previsti dal dettato Costituzionale. Deve essere garante delle Istituzioni. Quando sento parlare di censimento etnico sono preoccupato”.
Olivero, poi, ha messo sul tavolo alcune considerazioni sul come possa ripartire il popolarismo: “Con il populismo non ci può contrapporre attraverso la normale dialettica politica e non possiamo sconfiggerlo usando lo stesso linguaggio. Per contrastarlo dobbiamo essere preparati e seri. E prendo spunto da quanto scrisse Paolo VI: il popolo bisogna studiarlo, amarlo e servirlo. In questi anni, forse, il centrosinistra su alcuni aspetti ha peccato di superficialità e non è riuscito a costruire un percorso capace di entusiasmare le persone attorno a un progetto. E non è stato capace di stare tra i cittadini. Ha pensato di più ai diritti individuali che a quelli sociali della collettività. Adesso è necessario lavorare partendo dal basso attraverso un modello di partecipazione vera e costruendo una rete civica diffusa sul territorio che possa aggregare i cittadini e invogliarli a fare politica”. La consigliera provinciale, già sindaca di Costigliole Saluzzo e vicepresidente di Monviso, Milva Rinaudo, ha raccontato la sua esperienza diretta da amministratrice pubblica sul territorio rispetto alla crescita del percorso populista. “Dai populisti i cittadini si sentono dire quello che è nelle loro corde. Sui migranti non sempre abbiamo saputo dare risposte chiare. E anche la burocrazia ha contribuito in modo negativo. Il populismo lo abbiamo lasciato crescere piano piano, ignorandolo”.
Il presidente della Provincia e sindaco di Cuneo, Federico Borgna, ha sottolineato come il cittadino ormai viva la politica più sul percepito che sul vissuto. E ha portato due esempi. “Chiaccherando al bar di Bernezzo, paese dal quale provengo, un amico si è scagliato contro il fenomemo dell’immigrazione, ma poi mi ha raccontato di quanto sia brava la badante marocchina di sua madre. Allo stesso modo alle ultime elezioni politiche ha vinto chi ha saputo trasmettere i messaggi che stanno a cuore ai cittadini, mentre nello votazioni amministrative conquista il successo la persona. Altrimenti non mi spiego come nella frazione di San Benigno ho ottenuto l’82% dei consensi e un anno dopo la Lega ha conquistato il 60% dei voti”. Ci sono soluzioni per invertire il percorso? Per Borgna “c’è bisogno di un ricambio generazionale nella classe dirigente del Paese, ma non solo in politica. Poi, occorre tornare a parlare alla testa delle persone e non alla pancia - lavoro complicato, ma possibile e senza alternative -, riportando in primo piano i valori. Perché ad alzare muri, prima o poi la situazione scoppia”.
Dopo alcuni interventi del pubblico il dibattito è terminato con le conclusioni di Olivero: “Se vogliamo ricostruire dobbiamo essere certamente pragmatici, ma essere altrettanti rigorosi sui diritti e i doveri di tutti i cittadini. Emarginando le posizioni razziste. E dovremo organizzarci in modo diverso rispetto ai partiti di un tempo, perché quel modello è finito. Sarà necessario ascoltare i giovani e chi ha idee nuove e modelli nuovi di dialogo con il territorio”. L’interessante iniziativa ha saputo offrire un’occasione di confronto e di dialogo, quanto mai importante in questo momento di grande confusione.
c.s.
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