Il Patto Civico pensa in Granda, Robaldo raduna l’armata dei sindaci
“Contro il partitismo, non contro i partiti” ripetono i convenuti, con l’avviso: “No ai riciclati”. Tallone gela l’assemblea: “Cercherò di capire da che parte state”Se fosse un partito, si direbbe che il neonato Patto Civico per la Granda si candida a rappresentare l’abusata formula del “partito del fare”. Ma loro non sono un partito e ci tengono a ricordarlo. Quello presentato oggi al castello Acaja di Fossano, insieme al logo, è un comitato promotore. L’associazione vera e propria arriverà in autunno, dopo un “percorso di contatto e di presenza sul territorio”. La bozza di statuto c’è già, a breve sarà diffuso anche un manifesto-appello.
Mente e cuore dell’iniziativa è il sindaco di Mondovì e presidente della Provincia Luca Robaldo, cui spetta il compito di sintetizzare ciò che si propone in nome della “trasversalità del buon senso”: “Meno percentuali, meno idee imposte, meno osanna quando si fanno cose poco condivise”. Qualcuno, dice, ha scritto che sarà “il partito del presidente”: “Non è questa l’intenzione. L’intenzione è dare cittadinanza a tante idee che oggi non riescono a trovarla per mille motivazioni e dare una casa a chi oggi non si sente rappresentato dalle idee dei partiti”. I partiti li nominano un po’ tutti, per prenderne le distanze: come i grillini dei primordi, se non fosse che qui siamo all’antitesi del populismo. Semmai si potrebbe parlare di “amministrativismo”, vista la fitta presenza di sindaci, assessori e consiglieri che affollano la sala.
“Non c’è nulla di male nel far parte dei partiti, mi spingo a dire che se mai ci sarà la tessera del Patto Civico potrà anche stare a fianco di una tessera di partito” mette in chiaro Robaldo: il bersaglio polemico è il partitismo. “Quello che ha ridotto la presenza nelle istituzioni” spiega il sindaco-presidente: “La provincia di Cuneo eleggeva sei o sette parlamentari, oggi ne elegge tre ed è più difficile far campagna elettorale in una realtà come la nostra che a Torino, dove cinquecentomila persone le trovi in una sola città”.
Nostalgia della prima repubblica? Senz’altro, non tanto la Balena Bianca quanto il Partito Liberale di Raffaele Costa, vero convitato di pietra (suo figlio Enrico, fresco di rientro nei ranghi di Forza Italia, si è tenuto a benevola distanza). Lo cita il presidente del Consiglio comunale di Mondovì Elio Tomatis, cui spetta il ruolo di “padre nobile” della futura associazione. Ma anche il saviglianese Piergiorgio Rubiolo e il sindaco di Venasca e consigliere provinciale Silvano Dovetta: “Era una politica un po’ diversa da quella della seconda repubblica, per andare avanti bisognava avere elettori. Oggi si va avanti, magari, trovandosi nel posto giusto al momento giusto e si arriva direttamente a Roma”.
Almeno su questo, sia detto per inciso, è difficile negare che sia stato il sistema dei partiti a generare gli “antipartitici”, ieri populisti e oggi amministrativi. Come Crono che divora i suoi figli, dopo aver abolito le preferenze il parlamento ha messo in campo una serie di riforme elettorali che hanno spesso ridotto le camere a un’assemblea di schiacciabottoni - a prescindere dalle qualità dei singoli. Col risultato che in certi paesi, soprattutto in una provincia sterminata come la Granda, magari non si vede un deputato o un senatore di passaggio dai tempi di Carlotto e di Costa senior. La critica dei civici, se vogliamo, è tutta qui.
Si esprime all’insegna del motto che ha portato fortuna al Patto Civico “originale”, quello nato a Mondovì nel 2016: “Le buone idee non hanno colore”. “Ci siamo fatti alcune domande” spiega Tomatis: “E se la maggioranza degli italiani non fosse né di destra né di sinistra? E se la terza area non decollasse solo per assenza di leadership? Il Patto Civico può essere portato in altre realtà? Molti di noi hanno risposto sì ed è il motivo per cui siamo qui”. Le parole d’ordine le lancia l’assessore regionale Marco Gallo: “Pragmatismo e buon senso. Sono le due cose che ho cercato di portare alla giunta regionale”. Posto che, aggiunge, “non sappiamo neanche quando finirà questo mandato regionale, le voci rispetto al futuro della giunta sono tante”. Per l’ex sindaco di Busca la carta vincente dei civici è una: “Non abbiamo la necessità di confrontarci con segreterie di partito regionali e nazionali che molto spesso impongono certe decisioni”. La politica delle “mani libere”, appunto, dove i voti si contano invece di pesarli. Vale anche in rapporto ai territori: “Magari l’idea che è giusta per Cuneo non è giusta per Fossano o per Saluzzo: sono aspetti che a volte, nel dibattito dei partiti, vengono un po’ messi da parte” suggerisce Robaldo.
L’elefante nella stanza resta la questione delle alleanze: a destra o a sinistra? “Con chi staremo? Col buon governo, con chi avrà un ottimo programma da proporci” risponde elusivo il capofila di Centro per Cuneo Vincenzo Pellegrino, rivendicando i risultati del centro-centrosinistra ma senza celare un po’ di insofferenza: “Quello che vediamo, lavorando spalla a spalla con il Pd, è che a volte vengono a verificarsi situazioni contro il buon senso, perché calate dall’alto: per noi, che dobbiamo subire questo sistema, non sono cose piacevoli”. E chi vuole intendere, intenda. “Il medico non ci ha ordinato di partecipare alle competizioni elettorali” taglia corto Tomatis: “Le elezioni per noi sono un’opzione seria, ma non un fine imprescindibile: le liste devono essere chiuse ai ‘riciclati’. Il riciclato non è colui che cambia partito, ma chi vede in noi semplicemente un posizionamento non ci interessa”.
Il vicesindaco di Mondovì Gabriele Campora, uno dei pochi - tra coloro che hanno avuto tessere di partito - ad arrivare da sinistra, reclama “una certa equidistanza di partenza” tra le coalizioni: “Non nascondo una preoccupazione positiva: vorrei che il modello di Mondovì potesse essere replicato in tante altre realtà grandi e piccole della provincia, ma al tempo stesso non vorrei che si instaurassero dinamiche che portino conseguenze negative a Mondovì”. Robaldo ascolta tutti e prende buona nota: “Quello che posso dire è che non ci tireremo indietro e daremo un contributo. In alcuni casi magari avremo anche la forza o l’incoscienza di farlo da soli”.
“L’enfer, c’est les autres” scriveva Sartre. “Les autres” a Fossano ci sono: per la Lega il sindaco Dario Tallone con il senatore Giorgio Maria Bergesio, il sindaco di Marene Alberto Deninotti e Carla Sapino di Fratelli d’Italia, gli ex renziani Francesco Hellman e Alexandra Casu per il neonato Partito Liberaldemocratico di Marattin. Sguarnito il fronte sinistro, a parte due figure illustri e “super partes” come l’ex sindaco fossanese Francesco Balocco e l’ex deputato e sindaco di Savigliano Sergio Soave: anche questo qualcosa vorrà dire. A Tallone, in veste di padrone di casa, competono i saluti molto poco istituzionali: “So che ci sarà un nuovo gruppo: spero non succeda per il bilancio consuntivo quel che è successo per il bilancio preventivo” dice, con piglio da sceriffo e speroni tintinnati, folgorando il suo assessore Gianfranco Dogliani. Il bilancio di dicembre, per la cronaca, saltò per mancanza del numero legale.
“Se sono stato riconfermato - aggiunge - è grazie a tutti i gruppi politici e le liste civiche che mi hanno appoggiato”. Una concessione diplomatica, salvo ricordare che “la Lega l’ha fatta ancora da padrona”. La chiosa finale fa scendere il gelo nell’assemblea ma sintetizza, in fondo, un pensiero comune da destra a sinistra: “Cercherò di capire da che parte state”. Perché le buone idee non hanno colore, ma le giunte sì.
Andrea Cascioli

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