È necessario cambiare la nostra visione delle patologie psichiatriche
Torna l'appuntamento con la nostra rubrica psicologica 'Il Punto', curata dalla psicologa e psicoterapeuta Elena RittanoIl 29 agosto 1980 muore Franco Basaglia, psichiatra conosciuto generalmente per il grande impegno rivolto alla tutela delle persone affette da patologie psichiatriche. La legge 180 del 1978 fu l’obiettivo raggiunto dopo un grande lavoro di sensibilizzazione e di responsabilizzazione comunitaria. L’intenzione era creare servizi di salute mentale adeguati in tutto il paese, con l’intento di curare e tutelare le persone deboli, piuttosto che segregarle. Il coinvolgimento della popolazione avveniva attraverso denunce, articoli e servizi televisivi che mostravano gli orrori ben lontani dall’immagine generalmente diffusa dei manicomi.
Egli rivoluzionò il modo di leggere la patologia, retaggio culturale che vedeva nel “malato di mente” una persona pericolosa da reprimere e allontanare. Basaglia sottolinea come la sofferenza umana appartenga a tutti sotto diverse sfumature e che, pertanto, non si possa stigmatizzare nessuno. È necessario cambiare visione della questione e porsi di fronte alla persona in quanto uomo o donna e non come malato sul quale imporre il proprio potere culturale, sociale, lavorativo. Ciò non significa avvicinarlo con pena e compassione, altro rischio che lo psichiatra sottolinea nella trattazione della problematica. Il sostegno e la reintegrazione, tutelata, nella realtà sociale, sono gli aspetti che umanizzano e che restituiscono dignità.
Il cambiamento che Basaglia sostiene non è esclusivamente circoscritto alla realtà manicomiale, ma è culturale, politica e sociale. A distanza di 40 anni, la percezione della psichiatria e dell’utente che può accedere al servizio è a tratti cambiata, ma ancora, purtroppo, si trascina l’impressione dicotomica del sano e del malato. Spesso si pensa che dallo psichiatra e dallo psicologo si vada solo se si sta impazzendo e ci si difende da questo rischio negando a sè i propri vissuti, la propria sofferenza, le proprie paure e ansie. Comunemente è più facile curare una sintomatologia fisica piuttosto che una mentale e in quest’ultimo caso frequentemente si preferisce assumente farmaci piuttosto che abbandonarsi alla parola e alla narrazione di sè. Come ci insegna Franco Basaglia, non c’è un cut off chiaro per definire se una persona sia o meno sana mentalmente. La sfida che ci ha lanciato è quella di responsabilizzare noi stessi nei riguardi nella nostra salute, prendendoci a cuore i segnali che arrivano.
Redazione
CUNEO Il punto