Proteste dei trattori, cosa ne pensano le associazioni di categoria?
Le riflessioni dei rappresentanti provinciali di Coldiretti, Cia e Confagricoltura sulle mobilitazioni delle ultime settimaneNon è servito molto tempo prima che le proteste degli agricoltori e degli allevatori dall’Europa si allargassero all’Italia. Si sono mobilitate le più grandi città italiane, da Milano a Roma, e poi si sono aggiunte anche quelle del Cuneese. Il 31 gennaio oltre 250 trattori e 350 persone hanno riempito le strade del capoluogo della Granda e, nonostante se ne sia parlato in particolare a fine gennaio, le manifestazioni continuano ancora oggi. È proprio di giovedì 15 febbraio, infatti, la protesta nella capitale che ha visto coinvolti migliaia di manifestanti. Al centro c’è la critica alle politiche agricole europee che, secondo i partecipanti, non tengono conto delle necessità reali del settore e delle difficoltà dei lavoratori.
“Noi non abbiamo preso parte alle manifestazioni perché dall’inizio non siamo stati coinvolti e sono partite con toni molto accesi - spiega Enrico Nada, presidente di Coldiretti Cuneo -. Le prime battute a livello nazionale erano critiche anche nei confronti della nostra organizzazione. Tutti protestano per gli stessi motivi per cui noi ci battiamo da decenni. Non abbiamo nulla contro le manifestazioni anche perché saremmo contro noi stessi, combattiamo per le stesse battaglie, con la differenza che noi riusciamo a parlare con i decisori politici”.
Le persone scese in piazza in queste settimane, comprese quelle di ieri ad Alba e Fossano, sono espressione di un malcontento diffuso e che non ha origini recenti. Secondo il direttore provinciale Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Cuneo Igor Varrone “era normale che si arrivasse a questo punto. Già il 26 ottobre scorso a Roma avevamo portato in piazza gli stessi argomenti degli agricoltori. L’unica risposta che abbiamo ottenuto a livello europeo è stata la reintroduzione di alcuni prodotti fitosanitari che in precedenza erano stati vietati. Molti agricoltori stanno vivendo un periodo di crisi totale, ogni anno una percentuale elevata di aziende deve chiudere”.
Nei giorni scorsi una delegazione di Cia insieme ai rappresentanti delle altre associazioni di categoria è stata ricevuta dalla premier Giorgia Meloni per chiedere un intervento urgente per gestire la crisi e le emergenze in corso. In particolare, tra le altre cose, le richieste riguardavano sgravi fiscali e contributivi, risorse del Fondo per le emergenze in agricoltura per sostenere i settori agricoli più deboli e l’adozione di strumenti che possano contribuire a ridurre l’esposizione delle imprese agli elevati tassi di interesse.
“Il 2024 sarà un anno devastante - continua Varrone - molto peggio dei precedenti perché sappiamo che le malattie delle piante aumenteranno. Questo è dovuto al fatto che è il terzo anno di siccità, c’è stato un caldo più intenso della media che ha comportato un incremento delle malattie, quindi maggiori trattamenti e una produzione nettamente inferiore. Siamo molto preoccupati per l’agricoltura cuneese, ma il problema riguarderà tutto il Piemonte”.
È stato depositato dal governo nei giorni scorsi un emendamento al decreto Milleproroghe che ripristina l’esenzione per l’Irpef sui redditi agricoli. In particolare, si tratta dell’esenzione totale fino a diecimila euro e del 50% fino ai quindicimila. Secondo Varrone però “non è un aiuto perché alle piccole e medie aziende non cambia nulla. Bisognerebbe prima di tutto andare a influire sul costo di vendita delle materie prime perché c’è stato un aumento dovuto all’inflazione e alle guerre. Il prezzo per gli agricoltori è rimasto lo stesso, ma nei supermercati è aumentato. La filiera dovrebbe essere una catena di valore, ma l’azienda agricola e il produttore vengono penalizzati. Non ha senso dare incentivi sparsi alla massa”.
Per Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Cuneo, il taglio dell’Irpef “è un passo in avanti perché rappresenta un risparmio per le aziende agricole. Ma c’è un problema di fondo perché non c’è un’equa distribuzione nella catena. L’Irpef è solo una piccolissima soluzione perché incide in minima parte sul bilancio di un’azienda agricola”. Quello che dovrebbe essere rivisto, quindi, riguarda il passaggio dal produttore al consumatore per evitare che siano gli agricoltori a rimetterci.
Il nodo rimane il percorso per compiere la transizione ecologica. “Sappiamo che dobbiamo fare la nostra parte - continua Allasia - chiediamo però che questo passaggio sia fatto in modo graduale. Al momento le richieste sono davvero impegnative da sostenere. Il rischio reale è che molte aziende chiudano. Siamo consapevoli che le regole vadano rispettate, ma devono essere progressive. I vincoli imposti sono troppo importanti e difficili da rispettare in così poco tempo”.
Micol Maccario
CUNEO agricoltura