Sara Busè, oltre ogni ostacolo: il racconto di un lavoro buono
Dalla vita in mare fino al lavoro in Michelin grazie al progetto FIS promosso da AFP: la storia di una ragazza autistica che ha trovato la sua realizzazioneIl mare è sconfinato. Una distesa d’acqua cristallina che può apparire ora blu scuro, ora azzurra, perfino nera. Dipende da molti fattori. Eppure, nella sua immensità, racchiude un significato profondo: un’apertura verso nuovi orizzonti. Forse è proprio ciò che ha pensato Eusebio Busè nel 2009, quando per la prima volta ha visto sua figlia Sara relazionarsi con le altre persone. La sua è una storia molto particolare. Sara ha ventidue anni, vive a Ronchi ed è una ragazza autistica, diagnosticata all’età di due anni e mezzo, e non verbale fino ai quattro. “Come genitori, ci è crollato il mondo addosso. Personalmente, non sapevo nemmeno cosa significasse la diagnosi di disturbo pervasivo dello sviluppo. Abbiamo intrapreso un percorso terapeutico con l’ASL, incluso un ciclo di logopedia. Poi ho dovuto fare una scelta: lasciare Sara nella sua zona di comfort, ovvero la sua cameretta, oppure strapparla da lì e tentare qualcosa di nuovo”.
Così racconta Eusebio, che nella difficoltà ha trovato la forza di reagire, individuando proprio nel mare una via d’uscita: “Essendo diplomato come capitano di lungo corso e in possesso di tutte le patenti nautiche, sia per barche a motore che a vela, ho pensato che questa mia passione potesse esserle d’aiuto, attraverso campeggi nautici. Così acquistai una piccola imbarcazione di sei metri”. Il nome della barca? Sara. Una scelta significativa, che si rivela vincente: con il tempo, infatti, la bambina inizia a socializzare. Invita altri coetanei sulla barca, mostra loro i propri peluche, offre biscotti. È l’inizio di una nuova apertura, forse resa possibile proprio dal mare. Negli anni successivi, Eusebio decide di acquistare un’imbarcazione ancora più grande, battezzata Adagio Blu. Un nome carico di significato, come spiega anche Sara: “Adagio Blu poiché adagio richiama la calma del mare, blu come il mare o il cielo. Inoltre, il blu è il colore dell’autismo”.
Fonderanno anche un’associazione, Hakuna Matata, che si occupava di progetti dedicati a ragazzi autistici attraverso attività svolte proprio sulla barca presso Loano. Una sorta di motore per incentivare questi giovani, offrendo loro uno spazio di espressione e crescita. L’associazione ha portato avanti le proprie attività fino al 2021, anno in cui ha cessato le operazioni. Il motivo? Semplice: le priorità erano cambiate. Se in un primo momento l’obiettivo principale era favorire la socializzazione, ora si puntava all’inserimento nel mondo del lavoro. Eppure, quell’esperienza si è rivelata fondamentale, non solo per Sara, ma anche per molti altri ragazzi con diagnosi di autismo. Giovani che, inizialmente, non riuscivano a restare fermi per più di 120 secondi, riuscivano poi a rimanere immobili per ore, tra le lacrime commosse dei genitori.
Ci furono anche collaborazioni internazionali, come quella con alcuni ragazzi giapponesi provenienti da Fukushima, tristemente nota per il maremoto del 2013. Un ambiente controllato ma stimolante, capace di favorire la socializzazione sotto stretta supervisione. “Un percorso straordinario, che ha permesso a Sara di migliorare attraverso il contatto diretto con persone dal percorso atipico. Questo è fondamentale per questi ragazzi: riuscire a stare insieme a coetanei con un percorso di salute ‘normale’, che possano essere al tempo stesso supporto e stimolo per soggetti come lei”. Una strada che ha portato Sara a superare molte difficoltà, come lei stessa ha raccontato: “Tutti questi anni che ho affrontato e con tutte le difficoltà a cui ho dovuto far fronte ho imparato ad affrontare ansie e paure per il mio futuro”.
Le prospettive che cambiano
Dicevamo: le prospettive, a volte, cambiano. È successo anche a Sara e a suo padre, Eusebio. Nel 2021, la chiusura dell’attività Hakuna Matata segna un punto di svolta. Se prima l’obiettivo era stimolare la socializzazione, ora l’attenzione si sposta sull’inserimento lavorativo, un diritto fondamentale, troppo spesso dimenticato. È così che Sara ed Eusebio entrano in contatto con l’AFP grazie alla Rete Autismo di Cuneo e vengono introdotti nel progetto FIS. Ma cos’è, concretamente, questo progetto? Si intende “formazione in situazione”. Si tratta di un approccio innovativo e inclusivo, pensato per favorire l’inserimento lavorativo di persone con disabilità psichica attraverso un’esperienza diretta, concreta, sul campo. Una formazione che avviene direttamente nel contesto aziendale, rendendo l’apprendimento autentico, immediato, significativo.
Il progetto è attivo a Cuneo da circa tre anni, come racconta la dottoressa Erica Laschi: “Ho avuto la fortuna di seguire questo progetto fin dall’inizio. È partito tre anni fa e, da allora, abbiamo raccolto risultati davvero significativi. Con la Formazione in Situazione, abbiamo offerto un supporto concreto a molti ragazzi e ragazze in cerca di lavoro, spesso in difficoltà a causa di una disabilità psichica. Il nostro percorso è completamente diverso da quelli tradizionali: prevede l’inserimento e la formazione direttamente all’interno delle aziende. Le persone vengono affiancate dai tutor, che le seguono da vicino, trascorrendo con loro molte ore sul posto di lavoro. Un accompagnamento costante, pensato per rendere il percorso davvero efficace. Prima dell’inserimento, svolgiamo colloqui conoscitivi. Grazie alla rete con cui collaboriamo, riusciamo a intercettare chi è alla ricerca di un’opportunità. È proprio attraverso la Rete Autismo che abbiamo conosciuto Sara e la sua famiglia. Si è presentata presso la nostra sede, ha sostenuto un primo colloquio, le abbiamo illustrato il progetto: le è piaciuto e così è stata selezionata per partecipare alla formazione in situazione. Successivamente, ha incontrato la Disability Manager di Confindustria per individuare l’azienda in cui svolgere lo stage”.
Così ha inizio il percorso di Sara, che viene accolta all’interno della Michelin, una delle realtà industriali più importanti del territorio. Il suo ingresso è stato preceduto da corsi, incontri e un lavoro prezioso di preparazione insieme allo psicologo Paolo Briatore. Non è stato un cammino semplice: ci sono stati momenti difficili, ostacoli, battaglie quotidiane. “Sara ha ottenuto il diploma presso l’Istituto Grandis di Cuneo come segretaria d’azienda tradizionale”, racconta Eusebio. “Niente programmi facilitati: solo tanto impegno, sacrifici, pianti, scoraggiamenti. Ma ce l’ha fatta”.
Una strada in salita, che però ha dato frutti preziosi. E il sostegno dell’AFP è stato determinante. “Soddisfatto del percorso con AFP? Assolutamente sì. Sono grato per come avete seguito Sara, per come l’avete fatta sentire accolta, ascoltata. Ha avuto un contatto diretto con Erica e Alessandra, e questa vicinanza l’ha aiutata ad aprirsi”.
La voce di Sara
Ma per comprendere davvero cosa significhi il FIS, bisogna ascoltare Sara. È lei, oggi, la vera testimone.
“Lavoro nel reparto di verifica. Scansiono ogni tipo di ruota, per veicoli normali o elettrici. Controllo i codici dei difetti tramite il computer, poi procedo. È un lavoro di controllo qualità. Mi piace moltissimo. Dopo il controllo, il prodotto viene inviato al cliente”. Parole semplici, che raccontano un lavoro vero, concreto. Un ruolo all’interno della catena produttiva. Ed è qui la differenza, come sottolinea Eusebio: “In passato, spesso, l’inserimento lavorativo avveniva solo sulla carta: si assumevano persone con disabilità per poi affidare loro mansioni marginali. Sara invece è dentro il ciclo produttivo. Non fotocopie o timbri. Lavora su un’attività reale, formata, riconosciuta. Michelin ha capito quali sono i suoi punti di forza: la precisione, l’amore per i numeri, la scrupolosità. Ha un ruolo attivo”.
Dallo stage al contratto. A metà novembre, firma il suo primo contratto part-time. E ora guarda avanti: “Ho ottenuto il contratto di lavoro a metà novembre. Al momento è un part-time e tra maggio e giugno scadrà. Se tutto va bene allora avrò un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Una nuova dipendente della Michelin”. Un sogno che oggi sembra più vicino che mai. Forse per qualcuno un contratto può sembrare scontato. Per altri è una conquista. Per Sara, è affermazione, riconoscimento, identità.
Il ruolo dell’AFP
Tutto questo è stato possibile grazie anche al lavoro instancabile di AFP, con il suo innovativo progetto di Formazione in Situazione. Una formula che ha dimostrato di funzionare, non solo per Sara. “Noi abbiamo avuto la fortuna di lavorare con una grande azienda, che ha compreso l’importanza dell’inclusività e che si è spesa per fare in modo che gli inserimenti lavorativi funzionassero. Con la dottoressa Marinelli (Coordinatrice Diversità, Equità e Inclusione per Michelin Italia) collaboriamo da tre anni, hanno sposato il progetto e tanti altri inserimenti lavorativi che stanno facendo sono proprio tramite il percorso di formazione in situazione. Hanno una grande attenzione, non solo per trovare la mansione giusta per valorizzare le capacità delle persone, ma anche per quanto riguarda l’inclusione in altri momenti come le pause. Oltre a Sara abbiamo fatto altri inserimenti”.
Il progetto funziona perché funzionano gli strumenti che lo rendono possibile. Come sottolinea Mario Figoni, vicepresidente del Centro Servizi per il Volontariato: “Dopo tanti anni nel volontariato, sono qui per testimoniare come una persona fragile possa conquistare ciò che spetta a tutti: il lavoro. Il CSV ha contribuito a far conoscere il FIS, poiché crediamo in una rete dove ognuno, con le proprie competenze, può fare la differenza. Nulla viene lasciato al caso: né la persona, né l’azienda. AFP ha saputo riconoscere in Sara e negli altri partecipanti i ‘pezzettini’ di autonomia, costruendo su di essi un percorso su misura. Non ho dubbi che Michelin renderà il contratto di Sara definitivo. È un esempio. Per tutte le famiglie che ancora oggi fanno fatica a credere in un futuro possibile”.
Naturalmente, anche un progetto virtuoso come il FIS ha le sue difficoltà. Come evidenzia Federico Matteodo, direttore del centro AFP di Cuneo: “Il progetto FIS è per noi una grande fonte di entusiasmo, ma richiede una macchina organizzativa complessa. Servono figure formate, capaci di offrire un tutoraggio costante e personalizzato. Le ore disponibili non sono mai abbastanza, specialmente nelle fasi iniziali, quando la vicinanza è cruciale. Ci sono anche difficoltà economiche per chi affronta il percorso senza una rete familiare solida. Insomma, il progetto è perfettibile, certo. Ma i risultati parlano chiaro: è un percorso vincente”.
Un progetto che cambia la vita
La storia di Sara non può e non deve restare isolata. Deve essere la punta dell’iceberg di ciò che rappresenta davvero il progetto FIS: un mosaico di percorsi che raccontano conquiste, crescita, trasformazione. Quella di Sara non è solo una bella storia. È la prova concreta che il lavoro buono può cambiare una vita. Anzi, due: la sua e quella di suo padre, Eusebio. “Il FIS non è solo un progetto per trovare un lavoro a un ragazzo con disabilità”, racconta Eusebio con voce emozionata. “Non si ferma al traguardo della busta paga. Questo progetto cambia le vite. Ha cambiato la vita di mia figlia. Oggi Sara è un’altra persona grazie a questa esperienza. È autonoma, determinata, felice. Prende la bici per andare al lavoro da sola… Vuole fare il suo percorso, con le sue gambe”.
Una testimonianza semplice, ma potentissima. Racchiude il senso profondo di un percorso fatto di impegno, rete e possibilità. Eusebio si rivolge direttamente alla figlia, con parole molto forti: “Sara, io ti devo ringraziare per quello che hai fatto in tutti questi anni. Sei stata brava, se oggi parliamo di te è perché i tuoi sforzi non devono passare invano, ma devono essere di supporto alle altre famiglie. Questo è il messaggio che vogliamo trasmettere oggi è che tutti possono farcela. Con i propri strumenti, con l’aiuto di questa rete, possiamo raggiungere ottimi risultati, quelli che sta ottenendo Sara”.
Piero Coletta

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