Calcio, Magliano torna a parlare dopo l'esonero: "Col senno di poi, non accetterei di ripartire"
Il tecnico è stato ospite della puntata di lunedì di "Riunione Tecnica". Ha parlato del Cuneo e anche del suo futuro: "Ho voglia di tornare in campo, ma non è un assillo"Per la prima volta dopo l’esonero dello scorso marzo, l’ex allenatore del Cuneo Michele Magliano è tornato a parlare. Lo ha fatto nel corso della puntata di lunedì di “Riunione Tecnica”, attraverso una bella e lunga chiacchierata con Gabriele Destefanis e Davide Enrici in cui si è parlato di tutto: dal percorso nei playoff del Fossano, visto che era presente ad assistere alla partita dei blues contro il Sandonà, alla voglia di tornare in pista, ma senza fretta e con la situazione giusta, passando, naturalmente, per l’amaro esonero dal Cuneo. Magliano ha risposto ad ogni domanda, fornendo anche dettagli e spunti di riflessione inediti in un’intervista che riproponiamo qui e che potete rivedere in forma completa nel video.
Partiamo da questi mesi vissuti senza calcio. Era un po’ che non ti capitava, come sono stati?
“Sicuramente è stato un periodo un po’ particolare, in cui ho riscoperto qualcosa di diverso e ho fatto cose che da un po’ di anni non facevo, anche se la malattia del pallone non è facile da debellare (ride, ndr). Dedico sempre parte del mio tempo libero al calcio, vedendo qualche partita e tenendomi aggiornato: è interessante, perché hai la possibilità di farti un’idea su squadre e giocatori e avere indicazioni che poi possono essere utili per il futuro”.
Per esempio, hai assistito all’incredibile vittoria del Fossano sul Sandonà. Ne hai visti tanti di incontri, ma uno ribaltato così, in 10 contro 11, forse no…
“Capita di vedere partite cambiare completamente faccia, ma è decisamente più raro che accada in gare così importanti. Dopo l’espulsione, l’incontro poteva prendere una piega negativa per il Fossano, che è stato bravo a restare vivo e non disunirsi. E credo che nell’intervallo Alberto Merlo, a cui faccio i complimenti, ci abbia messo tanto del suo. Poi sono entrati dei ragazzi con tanta voglia di incidere, e c’è stato lo zampino di un giocatore che è un piacere vedere giocare”.
Ti riferisci, naturalmente, ad Alfiero.
“Penso che gli allenatori in alcune circostanze possano diventare importanti per tanti giocatori, ma sicuramente certi giocatori sono la fortuna di tutti gli allenatori. Alfiero è uno di questi, un giocatore che rappresenta assolutamente un valore aggiunto per l’Eccellenza: è un piacere vederlo, ha fatto alcune giocate di assoluto spessore. Una decina di anni fa, quando allenavo il Savigliano, lo avevo cercato: l’avevo visto al Chisola e poi la stagione successiva aveva fatto un sacco di gol al Trofarello. Quell’anno era a Moretta e per varie circostanze non era venuto da noi”.
Come giocherebbe la gara di ritorno Michele Magliano?
“In questi casi il vantaggio accumulato nell’andata è molto importante, ma se interpretato nella maniera non opportuna, può trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Credo che il Fossano debba giocare un incontro simile a quello di domenica, di compattezza e solidità, consapevole che gli si potranno presentare le possibilità per far male. Non dovrà essere una partita totalmente di attesa, ma anche di intraprendenza. Credo che abbiano comunque tanto da dire dal punto di vista tecnico e anche fisico, visto che domenica hanno tenuto sempre ritmi alti nonostante l’inferiorità numerica. Da cuneese, io faccio il tifo per il Fossano, credo che sia sempre importante per il movimento se una squadra del territorio riesca a raggiungere determinati livelli”.
Michele, veniamo all’esonero dal Cuneo dello scorso marzo. A distanza di qualche mese, cosa ti senti di dire? C’è qualcosa che ti ha dato particolarmente fastidio?
“Sì, l’esonero (ride, ndr). Quello che ho riassunto nella lettera che ho inviato, che mi è venuto da scrivere in un paio di nottate, è ancora oggi il mio stato d’animo. Sono assolutamente consapevole che una società possa e debba prendere tutte le decisioni che ritiene giuste. Ma a lasciarmi un po’ di amarezza sono stati i tempi e i modi, perché arrivavamo da quattro vittorie, una sconfitta con il Fossano e un pareggio a Cherasco, a sei giornate dalla fine del campionato. Fermo restando che una piazza come Cuneo deve puntare sempre a risultati di prim’ordine, credo che l’annata fosse discreta, non certo stratosferica, con dei passaggi a vuoto di cui mi prendo le responsabilità, ma comunque positiva. Fa parte del gioco, se sei allenatore devi essere consapevole che l’esonero può arrivare. Ma per quanto non sia finita come desiderassi, è un’esperienza che ricomincerei domani e che rivivrei milioni di volte. Ha avuto per me un significato troppo grande, e pazienza per quel finale”.
Qualcuno si chiede se ci sia stato qualche screzio o qualche altra ragione che ha portato all’esonero.
“No. Posso garantire che ho avuto la fortuna sempre di allenare un gruppo particolarmente disponibile e di avere a che fare con una dirigenza con la quale mi sono sempre confrontato in maniera assolutamente chiara e schietta. Nessuno screzio. O meglio: ci sono state divergenze di opinioni, confronti anche animati, che fanno parte del mio essere sincero e del dire quello che penso, ma non tali da comportare dei capovolgimenti. E nel gruppo c’era fiducia, penso ricambiata. E attenzione: poi hanno fatto bene nelle ultime sei partite, finendo a 8 punti perché davanti hanno camminato come dei matti. Se ne percepisci il vero significato, l’esonero ha di base l’obiettivo di responsabilizzare il gruppo. E io ero consapevole di essere fortunato nell’avere una squadra formata principalmente di uomini, che infatti hanno dato risposte positive”.
Se potessi tornare indietro, rifaresti tutte le stesse scelte?
“In tutta onestà, non ricomincerei come ho fatto la scorsa estate. Non ascolterei la parte di me che era tanto legata alla maglia, che era tanto amareggiata per il finale della scorsa stagione e che voleva giocarsi ancora una chance. Quella parte che era mossa dall’amore per quei colori e dalla consapevolezza di quello che significa Cuneo per me. Ascolterei invece la ragione che mi diceva che era il momento giusto per voltare pagina e che le indicazioni che avevo recepito dalla società non erano quelle opportune per un mio proseguo. Insomma, cambierei radicalmente tutto. Ma non era facile. Allenavo nella mia città, la piazza più importante della provincia, i colori che per me sono una seconda pelle: io al Cuneo ho fatto tutte le giovanili, mio padre mi portava allo stadio nel 77-78 quando i giocatori erano Berti, per ricordarne uno. Ho fatto l’esordio a nemmeno 17 anni, ho vinto dei campionati, ho avuto la fortuna di fare una piccola parentesi da professionista. Per me quella cosa lì aveva mille significati. E per quanto avessi la lucidità di rendermi conto che o c’era la forza di cambiare tanto per avere un nuovo foglio su cui incidere, se no probabilmente non avrei avuto la forza per reinventarmi, c’era comunque una parte di me che diceva: ‘Magari è l’anno buono, perché non provi a giocartela?’. Insomma, c’erano tanti pensieri. Ho provato a metterci dentro anche una scommessa con il direttore, comprando una bottigilia e dicendogli che l’avremmo bevuta a fine anno. Come ho detto, a bocce ferme e con il senno di poi non ripartirei. Ma non sapendo come sarebbe finita, è una scelta che rifarei ancora”.
Sicuramente anche il finale della scorsa stagione ha lasciato strascichi in tutti.
“Fino all’anno scorso ogni stagione si faceva uno step di crescita sotto tanti punti di vista: si aggiungevano uomini, miglioravano le strutture, si faceva meglio in termini di risultati. E ad agosto si ripartiva di slancio ogni volta. Il finale dell’anno scorso purtroppo ha spento un po’ di quell’entusiasmo: in me, ma penso anche nei giocatori che l’hanno vissuto, perché è stata una parentesi molto educativa, ma particolare. Ripartire provando a migliorarci significava una sola cosa e quella cosa è una grande molla, ma anche una grande responsabilità”.
Cosa manca a una piazza come Cuneo per affermarsi stabilmente a certi livelli nel calcio?
“Per me la discriminante grossa sono gli investimenti, che coinvolgono gli amministratori, gli imprenditori, la ricerca di competenze. E poi serve una crescita graduale e non esponenziale fine a se stessa. È ovvio che Cuneo meriti altri palcoscenici, ma per arrivarci serve una solidità per poterli poi vivere da protagonista e non da meteora. Adesso che non sono più dentro lo dico da tifoso: preferisco mangiare ancora un po’ di cacca per poi godermi un bel pasto in cui mangio l’antipasto sapendo che poi ci saranno tutte le altre portate. La Granda non ha nulla da invidiare ad altri territori per potenzialità, forse però caratterialmente non siamo particolarmente sanguigni e non abbiamo quella predisposizione a farci coinvolgere in maniera passionale da determinate situazioni. Lo sport è un veicolo straordinario e fondamentale e dà tanta visibilità, però bisogna rendersi conto che fare sport a certi livelli comporta tantissimi sacrifici. E aggiungo che noi siamo anche un po’ campanilisti e volte non così bravi a fare sinergia per riuscire a crescere”.
Parlando di futuro, hai voglia di tornare subito in pista?
“La voglia è sempre tanta, ma devo dire che stare un po’ fuori da questo mondo non mi ha fatto male. Sto aspettando di vedere come si evolvono le situazioni, cosa succede. Ma ho una condizione mentale per cui, anche se dovessi non ripartire subito, non sarebbe un cruccio. E non mi dispiacerebbe neanche vedere qualche collega all’opera seguendo alcuni allenamenti per imparare qualcosa di nuovo e prendere spunti utili per il futuro. Diciamo che se mi dovesse capitare una situazione che mi stimola, la prenderei in considerazione, perché la voglia di rimettere le scarpette e stare sul campo è sempre massimale, ma in questo momento non è un assillo”.
Ma qualche contatto con squadre c’è stato, ce lo puoi confermare?
“Sì, un paio di situazioni, non tutte quelle che si sentono in giro. Ma voi giornalisti siete tremendi (ride, ndr). Gli interessamenti fanno piacere, ma ripeto: in questo momento sono molto sereno. Aspetto, mi guardo intorno, mi confronto, senza però l’assillo di rientrare ad agosto a tutti i costi”.
Gabriele Destefanis
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