Fenomeno padel: la storia del bovesano Matteo Giordanengo, diventato maestro
Dal calcio alla nuova disciplina che sta conquistando tutti, dopo aver lasciato il precedente lavoro: "Questo sport mi ha cambiato la vita, non sarà solo un fuoco di paglia"Chi non ha provato almeno una volta a giocare a padel? Pochi, pochissimi. E chi non l’ha mai fatto, avrà sicuramente degli amici che da tempo gliene parlano e che prima o poi lo faranno cedere. A parlare sono i numeri: negli ultimi 8 mesi, i campi da padel sono cresciuti del 45% in Italia. Oggi sono 472 (e 197 club), con il Piemonte terza Regione dopo Lombardia e Lazio con 209 campi indoor (più del 50% nel Torinese). Ma perché questa padel mania? “L’approccio è immediato, è facile riuscire a giocare e divertirsi fin da subito”, spiega Matteo Giordanengo, maestro di primo livello del Boves Padel Club, realtà partita ufficialmente dal 19 settembre, che verrà inaugurata con un grande evento sabato 8 ottobre. La sua storia racconta nel migliore dei modi cosa può fare la “padel mania”: ex giocatore di calcio di buon livello e con un lavoro, Matteo ha deciso di scommettere su questo nuovo sport, che gli ha cambiato la vita.
Quando ti sei avvicinato per la prima volta al padel?
“Cinque o sei anni fa: qui da noi non lo conosceva ancora nessuno. Avevano costruito il primo campo a Saluzzo, l’unico in zona. Io sono sempre stato un grande appassionato di sport ed un curioso, con tanta voglia di provare cose nuove. Così con alcuni amici abbiamo iniziato a provare. Ci siamo studiati le regole, ci siamo interessati. Quando dicevamo alla gente che giocavamo a padel, ci guardavano come dei matti”.
Ed è stato subito innamoramento?
“Inizialmente ci giocavo ogni tanto d’estate, perché durante la stagione calcistica, con gli allenamenti non riuscivo. La vera molla mi è scattata nel lockdown: il calcio aveva iniziato a stufarmi, capivo che non avevo più molto da dare. In quel periodo ho iniziato a giocare più spesso a padel e ha risvegliato in me tutto quello che per il calcio mi si stava spegnendo: la voglia di allenarmi, di mettermi in gioco, di migliorare. È diventata una malattia, volevo giocare tutti i giorni. Pensa che per migliorare per un anno tutti i mercoledì io e mio cugino andavamo alle 7 ad allenarci per un’ora, prima di andare a lavoro”.
E poi ti è venuta la voglia di farlo diventare più che una semplice passione.
“Esatto. Ho iniziato ad informarmi, anche studiando quello che accade in Spagna, dove ci giocano da molto più tempo: ho capito che questa cosa poteva esplodere, che c’era un futuro e che poteva essere anche un’opportunità per me, così ho deciso di investire su me stesso. Sono andato a Torino per prendere lezioni da un maestro argentino, ho iniziato a fare tornei e poi ho cominciato il percorso per diventare maestro, facendo un corso federale. Ho sempre sognato di lavorare nello sport. Mi sono detto: ‘Perché non provare?’”.
Quindi sei diventato maestro di primo livello, a dicembre avrai l’esame per diventare di secondo livello, hai lasciato il lavoro che avevi e ti sei buttato in questa scommessa.
“Sì. Quando è partito il progetto di questo nuovo circolo a Boves, mi è stato proposto di gestirlo, oltre che fare le mie lezioni. Ho accettato, non è stata una scelta difficile: l’eventualità di non farcela non mi ha spaventato. Ora penso che possa essere il mio lavoro per molti anni”.
Perché il padel sta conquistando tutti?
“Principalmente perché l’approccio è molto più semplice e immediato rispetto ad altri sport. Non serve né una tecnica particolare, né una preparazione fisica importante per riuscire a giocare fin dall’inizio e divertirsi. Dopo aver provato la prima volta, tutti dicono subito: ‘Ce l’ho fatta, sono portato’. E questo ti fa venire voglia di tornare a giocare per migliorare e sfidare gli amici. In più, non è troppo stancante, è adatto a tutte le età e c’è una componente di strategia che affascina. Per questo credo che non sarà un fuoco di paglia, ma un fenomeno destinato a durare. Oggi per trovare i campi è una guerra, non ce ne sono abbastanza”.
Qual è il prossimo passo?
“Cuneo è più indietro rispetto ad altre parti d’Italia, ma anche qui c’è un movimento che sta crescendo. Ci sono tornei, la Coppa Italia. Col tempo, io spero di riuscire a creare una scuola per ragazzini che vogliono praticare il padel a livello agonistico. Finora è visto solo come un divertimento e basta, sarebbe bello che diventasse uno sport a tutti gli effetti che i bambini possano decidere di praticare fin da piccoli”.
L'intervista è stata pubblicata sul settimanale Cuneodice di giovedì 6 ottobre.
Gabriele Destefanis
CUNEO giordanengo - Padel