“Il diabete? Così lo batto ogni giorno”
La borgarina Anna Arnaudo è neocampionessa italiana nei 10.000 metri e detentrice del record under 23. La malattia non le impedisce di primeggiare: “Mi piace trasmettere forza e sogno le Olimpiadi”Pubblicato in origine sul numero del 16 giugno del settimanale Cuneodice - ogni giovedì in edicola:
Si può fare sport ad alti livelli con il diabete? La risposta è tutta nello splendido sorriso di Anna Arnaudo, atleta di Borgo San Dalmazzo che rappresenta il presente e il futuro del mezzofondo italiano.
Ventidue anni da compiere ad ottobre, un talento innato per la corsa, Anna a 18 anni ha scoperto di avere il diabete. Ma dopo lo shock iniziale, le è bastato un semplice “sì” ad una delle prime domande che ha posto al medico che le ha comunicato la malattia, per ritrovare la serenità: “Posso continuare a correre?”. Lei, però, non si è limitata a correre, lo ha fatto davvero forte: in montagna e su pista, su diverse distanze, ha iniziato a collezionare vittorie e piazzamenti a livello nazionale e mondiale. Nel 2018, alla sua prima convocazione con la Nazionale italiana, ha contribuito alla vittoria a squadre nella categoria Juniores; un anno dopo è arrivato un altro oro a squadre nella corsa in montagna, questa volta con la selezione Under 20 ai Mondiali in Argentina (per lei nono posto individuale). Quindi un 2021 da sogno, con il titolo italiano assoluto nei 5000 metri piani conquistato a Rovereto, il prestigioso argento agli Europei Under 23 di Tallin (Estonia) nei 10.000 metri e l’oro a squadre agli Europei di cross di Dublino (sesto posto individuale). In questa stagione, ad inizio maggio si è laureata campionessa italiana nei 10.000 metri a Brescia (suo anche il titolo Under 23) e poche settimane fa, in Francia, nella gara di Coppa Europa di Pacé si è classificata settima, firmando la miglior prestazione italiana Under 23 della storia (32:09.54).
Per non farsi mancare nulla, Anna studia anche ingegneria informatica al Politecnico di Torino e dopo l’atletica sogna un futuro nell’informatica aerospaziale.
Anna, partiamo dall’atletica e dagli ultimi risultati: a Brescia ti sei laureata campionessa italiana. Cosa significa per te?
“Vincere un titolo italiano è sempre una grande soddisfazione. È stato davvero bello, ancora di più perché sono stati due titoli in una sola gara, visto che oltre all’assoluto ho vinto anche la categoria Under 23. È stata una corsa particolare, nella quale mi sono trovata per oltre metà percorso da sola, anche per questo non sono riuscita a realizzare un tempo migliore”.
Ce l’hai fatta poche settimane dopo, in Francia, firmando il record italiano Under 23. Che effetto fa?
“L’anno scorso avevo già corso su quei tempi, mi ero avvicinata. Sognavo questo risultato e sapevo che potevo farcela. Ci sono riuscita ed anche migliorando il tempo di 30 secondi. Sinceramente, faccio ancora fatica a realizzare pienamente che ce l’ho fatta. Sapere che adesso c’è il mio nome nella storia dell’atletica italiana, mi fa impressione”.
Come è nata la tua passione per la corsa?
“Facevo la prima superiore e come tutti gli adolescenti avevo tante insicurezze. Ho iniziato a fare atletica per provare a fare qualcosa in cui potevo distinguermi e da subito correre mi ha portato ad avere molta più sicurezza in me stessa e ad essere felice. Ho capito immediatamente che sarebbe stata la mia strada, perché mi veniva naturale e mi faceva stare bene. Sinceramente, non ho pensato a possibili obiettivi o al futuro, semplicemente mi dava quello di cui avevo bisogno. So che sembra strano, ma più faticavo e più ero felice”.
Poi è arrivata la scoperta di essere diabetica. Ci racconti come è avvenuta e qual è stata la tua reazione?
“Era il 2018, avevo 18 anni e correvo ormai da circa 4 anni. Ero dimagrita e avevo costantemente sete, i classici sintomi dell’esordio della malattia. Ho fatto degli esami che hanno evidenziato una glicemia alta nel sangue. Quando il medico mi ha convocato e mi ha dato la notizia che avevo il diabete, ammetto che subito è stato un trauma. Ma poi mi sono tranquillizzata poco dopo: in quel momento l’unica cosa che mi interessava sapere era se avrei potuto continuare a correre. Quando il medico mi ha detto di ‘sì’, è stato un sollievo. Mi bastava sapere quello, il resto lo avrei superato, qualsiasi cosa avesse comportato. Il fatto di sapere che potevo continuare a fare quello che amavo, mi ha dato una forza incredibile e mi ha aiutato tanto ad accettare una malattia che comunque ti cambia molto la vita, anche perché non esiste una cura”.
Come riesci a gestirla con l’attività agonistica di atleta?
“Non è facile, perché si tratta di sostituire le funzioni di un organo che non funziona. Ci sono equilibri particolari e delicati da mantenere, e tutto ricomincia ogni giorno da capo. Devo fare iniezioni di insulina quattro volte al giorno e ho un’alimentazione rigida che devo rispettare. È necessaria una grande attenzione alla gestione di tutto per poter sostenere gli allenamenti e le gare. Servono sacrifici, ovviamente: è un pensiero in più che hai nella testa, ma io ci riesco. Ho trovato la routine nelle mie azioni quotidiane, faccio ormai tutto in automatico mangiando spesso, più o meno, le stesse cose e riuscendo a trattenermi dalle tentazioni. Il mio vantaggio è che sono un’amante della verdura, mi piace e ne mangio davvero tanta. Certo, a volte non è facile. Nelle trasferte, per esempio, non si ha sempre accesso alle verdure di migliore qualità e alle porzioni che vorresti e le difficoltà aumentano”.
Sei sicuramente un esempio ed un modello per chi ha la tua stessa patologia. Ti senti responsabilizzata in questo senso?
“Sì, e ne sono contenta. Fino ad un anno fa avevo un po’ paura di parlare della mia situazione apertamente. Poi mi sono sbloccata, ho capito che non andavo incontro a giudizi negativi, e che anzi potevo essere di stimolo per altre persone con la stessa malattia. Vorrei riuscire a trasmettere tanta forza a chi ha il diabete con il mio esempio. Uno degli scopi che mi sono prefissata è proprio lasciare qualcosa alle persone. Detto questo, ho passato anche io periodi difficili, è comprensibile avere momenti di sconforto”.
Ti è capitato spesso?
“Mi è successo di avere periodi complicati, particolarmente tosti. Studiando anche, a volte mi è capitato di non avere le energie per fare tutto e di sentire lo stress. Ma fortunatamente ho sempre trovato la forza per superarli e dopo mi sono sentita più forte di prima”.
Già, perché tu studi anche Ingegneria Informatica al Politecnico di Torino.
“Sì, ci tengo tanto, mi piace e faccio tanti sacrifici per riuscire a fare tutto. Mi aiuta la costanza nello studio che ho sempre avuto e l’organizzazione: cerco di non perdere tempo e di essere efficiente. L’atletica mi piace tanto, ma fare esclusivamente atletica non mi piacerebbe, preferisco avere anche altro a cui pensare e su cui concentrarmi. Lo studio mi dà autostima e mi consente di fare lavorare sempre il cervello, tenendolo attivo e non piatto solo sull’atletica. Credo che siano due attività complementari, che mi servono entrambe. Il mio futuro lo vedo nell’informatica applicata all’aerospazio, mi piace molto, come mi piace fare la programmatrice. Ma anche quando dovrò smettere con lo sport a certi livelli, l’atletica sarà sempre comunque presente nella mia vita”.
Per concludere, qual è il tuo sogno?
“È facile rispondere. Un anno fa il mio allenatore Gianni Crepaldi mi ha detto: ‘Adesso fai ancora bene atletica per tre anni, poi fai quello che vuoi’. Il riferimento era, ovviamente, alle Olimpiadi di Parigi. Il sogno è quello. Mi piacerebbe essere un’atleta diabetica alle Olimpiadi”.
Gabriele Destefanis
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