'Ma cos'è diventato il calcio?'
Smette di giocare a 25 anni, stufo dell'imbarbarimento dell'ambiente del pallone locale: una riflessione su una situazione sempre più insostenibileHa rincorso un pallone per 21 anni. Ha vestito le maglie di San Paolo, Pedona, Villar, Busca, Auxilium Cuneo, dalle giovanili fino all'Eccellenza, passando per Promozione e Prima Categoria. Oggi di anni ne ha 25 e ha deciso di dire “basta”, di appendere le scarpette, almeno per il momento, al proverbiale chiodo. Paolo Manfredi abita a Borgo San Dalmazzo, e ha scelto un post su Facebook per annunciare il suo “addio”. Potrebbe sembrare una storia qualunque, una storia uguale a quella di altre migliaia di ragazzi. Sono però le motivazioni che hanno spinto Paolo a prendere questa decisione a indurre ad una riflessione.
“Ho giocato in tante realtà, sempre a questi livelli, - scrive Paolo su Facebook - ma negli ultimi anni ho notato che il calcio sta cambiando in peggio. Troppe polemiche sugli spalti (da ignoranti e genitori accaniti) e in campo, una partita di calcio che anni fa per me era un divertimento unico oggi diventa partecipare a una “fiera”, una protesta unica. All'inizio tutti che si baciano e sembrano amiconi, poi “scemo” di qua, “cretino” di là, “ti spacco una gamba”, “giuro che di qui non esci vivo”. Non è più il mio mondo”. E se un ragazzo di 25 anni, innamorato del pallone da più di vent'anni, arriva ad abbandonare la sua più grande passione perchè qualcuno sta contribuendo a spegnerla, è doveroso fermarsi a riflettere su ciò che il calcio locale è diventato (o sta diventando).
Perchè chi segue il pallone dilettantistico e giovanile sa che il quadro descritto da Manfredi non si allontana di molto dalla realtà. Un quadro che durante questa stagione sportiva abbiamo seguito tramite la nostra rubrica “Controcalcio”: aggressioni ad arbitri e avversari, insulti, minacce e risse sono ormai presenza costante nelle cronache dei fine settimana sui campi della provincia Granda. E chi lo nega ha semplicemente perso di vista la realtà. Ciò che intristisce ancor di più, oltretutto, è che la situazione non cambia sui campi dei settori giovanili, quelli dove i valori di educazione, lealtà e sportività dovrebbero regnare più che altrove.
Winston Churchill sosteneva che “Gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio, e le partite di calcio come fossero guerre”. Smentire il celebre aforisma dello statista britannico è francamente difficilissimo, quasi impossibile. Certo, un pizzico di tensione e certe “scaramucce” sono da sempre parte integrante di una partita di calcio, ma l'escalation a cui stiamo assistendo negli ultimi anni ha del preoccupante: ciò che dovrebbe rappresentare una spiacevole eccezione sta diventando la regola.
Chi scrive non ha la pretesa di imporre la propria visione dei fatti: per rendersi conto con i propri occhi dell'imbarbarimento in atto basta però recarsi sugli spalti di una partita a caso, di un campionato a caso. Se si riuscirà ad assistere a 90 minuti più recupero senza un accenno di diverbio tra i giocatori in campo, senza un insulto dalle tribune verso arbitro o giocatori, senza proteste sguaiate di calciatori e tecnici verso il direttore di gara, o ancora senza battibecchi sulle tribune, allora ci si potrà considerare estremamente fortunati, perchè una partita di pallone priva di almeno uno di questi eventi è ormai diventata un'assoluta rarità. Quasi come se dal “calcio che conta”, non avendo i mezzi per imitare le giocate dei fuoriclasse, ci si fosse accontentati di emulare solamente i lati peggiori.
“Ma che cos'è diventato il calcio?”, si chiedeva nel 2005 Alberto Malesani, all'epoca allenatore del Panathinaikos, in una colorita conferenza stampa diventata “cult” per gli appassionati. E la domanda è più che mai calzante anche “ribaltata” sulla realtà del pallone locale: ma che cos'è diventato il calcio? Ma soprattutto, da che tipo di persone è popolato ormai il mondo del pallone? Persone capaci anche di spegnere la passione nel cuore di un ragazzo che al calcio ha dedicato più di vent'anni della sua vita. E questo è uno dei più grandi “delitti” di cui chi contribuisce all'imbarbarimento di questo sport si possa macchiare.
r.c.
CUNEO calcio - sport - Controcalcio - proteste - Risse - aggressioni - educazione - civiltà