Pallavolo, ecco coach Giaccardi: “Non vedo l’ora di cominciare”
Per “Max” un ritorno a Cuneo dove era stato vice di Piazza dal 2012 al 2014: “Vorrei una squadra di carattere, che dia fastidio a tutti e con una forte identità”“Che caratteristica deve avere la mia squadra? Non puoi scrivere le parole esatte che dirò ai giocatori il giorno del raduno, diciamo che il primo obiettivo è rompere le scatole a tutti, essere molto fastidiosi”. E ancora: “Inizieremo il 3 agosto, prima di tutti. E ci sarà anche della corsa nel programma. A cosa serve? Ai pallavolisti a nulla, ma voglio fare abituare i miei giocatori a soffrire per raggiungere gli obiettivi”. Ecco Massimiliano Giaccardi, per tutti “Max”.
Entusiasmo da vendere, idee chiare, tanta voglia di lavorare e di dimostrare di essere “l’uomo giusto nel momento giusto al posto giusto”. È lui il nuovo allenatore di Cuneo: un fossanese capace di costruirsi quasi dal nulla una brillante carriera da allenatore di volley, senza un passato da pallavolista.
Studio, applicazione e tanta fame lo hanno portato a fare esperienze in giro per il mondo, da assistente e da primo allenatore: Romania, Grecia, ma anche tanta Italia e addirittura un’esperienza in Qatar come tecnico della Nazionale, fino alla Svizzera, dove nelle ultime cinque stagioni ha guidato il Losanna, vincendo due campionati e due Supercoppe svizzere. Ed ora la chiamata di Cuneo: un ritorno, visto che è stato vice di Roberto Piazza dal 2012 al 2014.
Ci racconti come hai reagito quando è arrivata la chiamata di Cuneo?
“Non me l’aspettavo, perché i desideri sono una cosa, la realtà spesso un’altra. Non ci ho messo molto per accettare: ci siamo subito detti che loro non avrebbero cercato un altro allenatore e che io avrei rifiutato altre proposte”.
Cosa significa per te, da fossanese, allenare Cuneo?
“Il fatto che io sia fossanese è un qualcosa in più, ma non ciò che conta. Il vero valore è Cuneo, il blasone della piazza e la bontà del progetto. Per me è una grande sfida. Penso di essere nel posto giusto al momento giusto. Farò di tutto per essere anche l’uomo giusto”.
A Cuneo sei già stato da vice di Piazza dal 2012 al 2014. Che ricordi hai di quegli anni?
“Due anni completamente diversi. Nel primo abbiamo raggiunto la finale di Champions League, quello dopo è stato l’ultimo della vecchia gestione. Diciamo che nel giro di due anni ho vissuto due pagine di Cuneo completamente differenti, ma entrambe molto formative”.
Cosa vedi nella società attuale?
“Vedo una realtà che dal punto di vista societario è pronta a fare il grande salto. Ed è il passaggio giusto da fare, perché se hai una squadra molto forte ma non le strutture giuste, rischi di fare un disastro. Invece qui la struttura che sta intorno è pronta, ora bisogna vedere se riusciremo a fare il resto, ed è una sfida che mi stimola molto”.
Ecco, appunto. La società è ambiziosa e vuole migliorare i risultati della passata stagione, quando è arrivata in finale di Coppa Italia e dei playoff. Cosa vuol dire questo?
“Vuol dire che non ce la dobbiamo raccontare tanto: l’obiettivo è vincere. E per me è un grandissimo stimolo. Bisogna cercare di alzare l’asticella, ma sappiamo anche che le aspettative vanno gestite in una certa maniera. Se sentiamo le dichiarazioni delle squadre in questo periodo, i proclami sono sempre gli stessi: ovviamente tutti vogliono vincere. Io vorrei trovare uno standard di gioco che ci permetta di avere un’identità di squadra per raggiungere le vittorie. Anche con i giocatori, a livello comunicativo, dire che si vuole vincere è tutto, ma non è niente: bisogna dirgli come fare per vincere, cioè arrivare ad un livello di gioco che ci permetta di poter combattere con tutte le squadre che affronteremo”.
E quale sarà questo standard? Che caratteristiche avrà Cuneo?
“Mi piacerebbe dare alla squadra l’identità di una formazione da combattimento, con carattere, che non molla mai. Lavoreremo per questo. Sto già preparando il discorso che farò ai giocatori il giorno del raduno: non puoi scrivere le parole esatte, ma diciamo che dirò loro che il primo obiettivo è essere una spina nel fianco per tutti gli avversari, dare fastidio e rompere le scatole a tutti”.
Cosa ne pensi della squadra che avrai a disposizione?
“È competitiva. Ma al di là dei nomi e dei valori dei giocatori, noi dobbiamo trovare qualcos’altro, dobbiamo lavorare per cercare l’alchimia che ci porti ad elevare il nostro livello, anche se a volte quel livello non c’è proprio dappertutto. In quanti avrebbero scommesso su Reggio Emilia l’anno scorso? Ecco, l’esempio è quello. Altrimenti dovremmo dire che Vibo Valentia vincerà perché ha il palleggiatore e l’opposto da Superlega, ma poi il bello è che può succedere che la quarta squadra del campionato vinca due finali”.
Inizierete presto, il 3 agosto…
“E io non vedo l’ora che arrivi quella data, sto facendo impazzire mia moglie! (ride, ndr). Sono carico, ho tanto entusiasmo. Inizieremo così presto perché non alleno mai il sestetto tutto insieme: se facessi così, basterebbero sei settimane, ma per arrivare tutti pronti all’inizio della stagione, ho bisogno di più tempo, e l’ho imparato dalle mie precedenti esperienze”.
Hai già parlato con i giocatori?
“Sì, con tutti. Qualcuno, quando ha saputo della data di inizio, mi ha risposto con dei messaggi pieni di punti interrogativi, come a dire: ‘davvero?’. E ci sarà anche della corsa nella preparazione, ai pallavolisti non serve particolarmente, ma credo che sia importante raggiungere la sofferenza per arrivare ad ottenere i risultati. In loro ho sentito la stessa voglia che ho io. Per me ogni stagione è una strada, con al fondo una curva: io voglio andare a vedere cosa c’è dopo quella curva. Un professionista che non ha l’idea di migliorare, mi sta stretto. Nei miei giocatori quella voglia l’ho percepita. Vorrei fargli capire che il mio primo proposito è di aiutarli ad ottenere obiettivi personali, attraverso quelli poi si arriva anche ai risultati di squadra. Se io riesco a migliorare un po’ tutti i giocatori, poi insieme miglioreranno ancora di più”.
Cosa ti ha dato l’ultima esperienza in Svizzera?
“Tanto, anche se avremmo potuto vincere di più. Io sono sempre stato un sostenitore del lavoro, ma nella mia esperienza a Losanna ho toccato con mano questa cosa. Ne ho avuto davvero la prova. In generale, comunque, tutte le esperienze che ho avuto mi hanno lasciato qualcosa, come modelli di lavoro, valori umani, cultura fuori dal campo. Tutte le volte che c’è una sfida nuova, mi metto in gioco, metto in dubbio le mie conoscenze, comincio a studiare e prepararmi. Per me è uno stimolo, mi dà tanta energia”.
In conclusione, hai un messaggio per i tifosi?
“So che sono molto presenti e questo è uno stimolo in più. A loro e a tutti quelli che verranno a vederci voglio dire questo: il risultato sarà un’altra cosa, ma lavoreremo perché escano dal palazzetto sempre felici ed orgogliosi di aver visto la squadra giocare. Poi, ripeto, il vincere o il perdere è una questione che a volte dipende anche da un po’ di fortuna. Ma io voglio spostare l’attenzione: la vittoria è un risultato, non un obiettivo”.
Gabriele Destefanis
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