Anche in Piemonte è esodo dalla sanità pubblica: "Una lettera di dimissioni al giorno"
Secondo il sindacato Nursing Up la nostra regione vive una delle situazioni più critiche in tutta Italia. Tra le cause "disorganizzazione, turni massacranti e obbligo di rinunciare alle ferie"Una lettera di dimissioni al giorno. È questa, secondo il sindacato Nursing Up, la situazione con cui sono alle prese le aziende sanitarie del Piemonte. Anche la nostra regione, quindi, si trova a fare i conti con un vero e proprio esodo di professionisti verso la sanità privata e verso le cooperative.
“Sempre più infermieri, soprattutto al Nord, decidono di lasciare i reparti nevralgici della sanità pubblica, in particolare i pronto soccorsi, e rassegnano le dimissioni dalle aziende sanitarie per decidere di lavorare in autonomia. Decidono di aprire partita iva oppure aderiscono alla realtà, da sempre esistente, delle cooperative. Le ragioni sono molteplici e sono naturalmente legate ai disagi, alle lacune, ai paradossi di un sistema sanitario sempre meno a misura di professionista”, spiega il presidente nazionale del sindacato Antonio De Palma: il Piemonte figura tra le regioni in cui il quadro è più critico. Seguono, secondo Nursing Up, Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna.
Spiegano dal sindacato: “La verità è sotto gli occhi di tutti: l’infermiere medio non ce la fa più a rinunciare alla sua vita privata, non ce la fa più a sottrarre tempo alla famiglia. Disorganizzazione, turni massacranti, l’essere spesso addirittura costretti ad accumulare ferie su ferie a causa della carenza di colleghi, senza poter esercitare il legittimo diritto ai riposi periodici, fondamentale per un indispensabile recupero psico fisico. La triste realtà delle ferie negate non è certo una novità ma rappresenta l’apice di un tortuoso percorso che ci ha condotti, tutti, in un vicolo cieco. Per non parlare poi di quando torni a casa con un ecchimosi sul volto, preso addirittura a pugni da un paziente perché, al peggio non c'è mai fine, vieni anche ritenuto responsabile delle carenze e dei disagi che si riflettono sulla collettività”.
“Ed è soprattutto il personale dei Pronto Soccorsi, della chirurgia e della rianimazione, dove la pressione e lo stress sono più forti, a mollare e ad andare nelle cooperative o a scegliere la strada della partita iva, prediligendo, nel primo caso, una modalità lavorativa che può essere meno stressante e più remunerativa”, prosegue il comunicato di Nursing Up: “Ironia della sorte, ecco i casi degli operatori sanitari richiamati dalle medesime aziende sanitarie con contratto a gettone, con le cooperative che vengono pagate dagli ospedali e dove i professionisti arrivano a percepire anche il doppio dello stipendio che prendevano quando erano dipendenti pubblici, ma con un rapporto più libero e meno stressante, dove non essendo dipendente, l'interessato non può essere certo obbligato ai doppi turni come nel rapporto di dipendenza con l'azienda sanitaria, abbandonando famiglia ed affetti. Certo, quanto percepisce un medico libero professionista, assunto a gettone con compensi fino a 120 euro l’ora, non è nemmeno lontanamente paragonabile al compenso di un infermiere dipendente di una cooperativa. Ci sono poi gli autonomi, coloro che come detto decidono di aprire partita iva: ebbene fummo proprio noi del Nursing Up a rivelare che un operatore sanitario chiamato a fatturare le proprie prestazioni può anche arrivare a guadagni netti superiori a 50 mila euro all’anno, ma con tutti gli handicap legati ad un profilo previdenziale praticamente inesistente”.
In Italia il 36% degli infermieri dichiara di voler lasciare il luogo di lavoro entro 12 mesi; di questi il 33% dichiara di voler lasciare la professione, dato che corrisponde a circa l’11% del campione generale. Sono i dati emersi dallo studio RN4CAST che riguardano una tendenza confermata anche da studi successivi effettuati in altri paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti.
Redazione
CUNEO sanità