'Cena al buio' per i soci del Lions Club Carrù-Dogliani
La serata è stata organizzata dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di CuneoSerata particolare, la settimana scorsa, per i soci del Lions Club Carrù-Dogliani, che hanno vissuto l’esperienza della “Cena al buio”, organizzata dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Cuneo, nella sede del Lions Club, all’agriturismo “La Pieve” di Dogliani. Le “Cena al buio” sono organizzate da oltre 10 anni, su richiesta, in tutta la provincia e sono rivolte a sensibilizzare i vedenti sulle problematiche della cecità, col duplice scopo: da un lato far conoscere e finanziare i progetti della Associazione e dall’altra far provare una esperienza speciale in cui, privati della vista, bisogna affinare i restanti quattro sensi. Tutto per gustare le pietanze servite dai camerieri non vedenti e per interagire con gli altri commensali.
Al particolare momento conviviale hanno partecipato la presidente del L.C. Carrù-Dogliani, Paola Porta e gli officier distrettuali Rossella Chiarena (Poster per la Pace), Giorgio Colombo (Young Ambassador), assieme a moltissimi soci e ospiti. L’esperienza, molto positiva per tutti, è stata spiegata e sostenuta dalla dottoressa Carla Blengio, socia del L.C. Carrù Dogliani e responsabile nazionale della “Formazione,” dell’Associazione Italiana Ortottisti Assistenti di Oftalmologia, (AIOrAO).
Il suo commento: "Per tutti si è trattato di una serata particolare: cenare in compagnia, non potendo vedere nulla, permette di porre maggior attenzione agli altri sensi e di scoprire quanto la vista aiuti ad ’assaporare i cibi. Non vedendo si deve prestare maggior attenzione al coordinamento dei movimenti, una vera sfida a reinventare gesti semplici, utilizzando olfatto, udito e tatto".
A servire in tavola, con professionalità e precisione, nel buio più assoluto, i “camerieri”, Simone Zenini (presidente UIC), Riccardo Pellegrino e Franca Baravalle, tutti ciechi o ipovedenti, assistiti dai volontari: Rita Manfredi, Gianni Gazzera e Riccardo Gregorio.
Così tutti hanno potuto vivere cosa significhi essere privi della vista, mangiando nel buio più completo, inseriti in una particolare ambientazione, che ha permesso di eliminare qualunque barlume di luce. Con l’accortezza di aver spento cellulari e messi da parte orologi fosforescenti. Perché, le difficoltà provate sono state parecchie: dal non vedere né chi sta di fianco, né chi è davanti, tanto da far sembrare la tavola più larga e più lunga. E, per reazione si alza la voce, per rassicurarsi. Non si vede cosa si sta mangiando, si ha difficoltà a trovare il cibo nel piatto e, ancora, è un problema versare il vino o l’acqua. Col risultato che le mani servono da radar per cercare posate e cestino del pane. Si tocca tutto ciò che è attorno, cercando punti di riferimento e, col passare del tempo il buio sembra inghiottire tutto e quasi ci si blocca. Poi, quando torna la luce, la realtà appare in tutta la sua semplicità. Semplicità che, poco prima, era invece un problema, tanto da comprendere veramente cosa significhi essere privi della vista.
c.s.
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