Il 95% degli operatori sanitari piemontesi lavora più di quanto previsto dal contratto di assunzione
È uno dei dati emersi da un sondaggio condotto da Anaao Assomed tra i dipendenti delle Asl del PiemonteRiceviamo e pubblichiamo.
Quante ore in più (gratuitamente) lavorano i sanitari? Queste ore, sono completamente regalate all’Azienda, che quindi risparmia e con il lavoro gratuito dei medici e dirigenti sanitari colma le carenze di personale? Che effetto ha, sulla qualità di vita dei sanitari, lavorare per anni più del dovuto?
La carenza di personale legata ai pensionamenti, ai licenziamenti volontari e alle maternità non sostituite, determina un carico di lavoro eccedente per i medici e dirigenti sanitari degli ospedali piemontesi. La carenza di organico ha poi coinciso con un aumento di carico di lavoro, sia burocratico che clinico, per la maggiore complessità dei malati. Anaao Assomed Piemonte ha proposto un sondaggio ai medici ospedalieri e ai dirigenti sanitari per fotografare il problema delle ore eccedenti.
Il sondaggio è rimasto aperto dal 20 Luglio, per 10 giorni. Hanno risposto i dipendenti di tutte le Asl del Piemonte, per un totale di 509 responders, di cui il 54% è di genere femminile ed il 56% lavora in Città della Salute o in ASL Città di Torino. Le risposte sono uniformi in tutta la Regione: il 95% lavora più di quanto previsto dal proprio contratto di assunzione.
Ben il 30% dei responders lavora oltre 300 ore in più ogni anno, percentuale che scende pochissimo, al 25%, se si analizza la sottocategoria delle lavoratrici madri. Lavorare 300 ore in più in un anno, è come non avere il diritto alle ferie. Solo nel 2% dei casi queste ore eccedenti sono remunerate e solo il 6% riesce a recuperarle. Quindi, il 92% dei medici ospedalieri piemontesi regala una parte del proprio lavoro al Sistema Sanitario Regionale, perché tutte le ore in più che fa non sono né remunerate né recuperate con ore di riposo compensative. Alla domanda del perché si debba lavorare di più era possibile dare più di una risposta.
È ben evidente come le criticità si sovrappongano: alla carenza di personale si somma il contestuale aumento di lavoro, sia per pazienti più complessi ed anziani sia burocratico, quest’ultimo da sempre odioso ai clinici. Altra criticità sono le assenze per maternità che non vengono sostituite: data la femminilizzazione del lavoro medico, soprattutto negli ultimi decenni, sono molte le colleghe che si assentano per maternità e che non sono sostituite. Così, sono spesso ed ingiustamente colpevolizzate, perché il carico di lavoro per i colleghi aumenta. Quasi il 30% dei responders afferma inoltre che, pur con un’adeguata remunerazione, non farebbe ore in più. Nonostante quelle italiane siano tra le remunerazioni più basse d’Europa. Poco più del 70% al contrario, sarebbe disponibile a lavorare qualche ora in più, per concludere i casi clinici, o smaltire le liste d’attesa. Ma chiede che il lavoro sia remunerato. Il lavoro “rubato”, cui sono costretti dalle carenze in organico rispetto alla domanda di cura, svilisce il lavoratore. Perché il lavoro gratuito eccedente il contratto, costa. Costa in termini di benessere familiare, sociale, fisico e mentale.
Il lavoro eccedente non remunerato disincentiva le aziende ad assumere: perché dovrebbero, se il lavoro da pagare ad un neoassunto viene fatto volontariamente da altri? E demotiva il lavoratore. Eppure, il 95% dei medici e dirigenti sanitari, lavora gratuitamente più di quando dovrebbe da contratto. Anche in questo caso, è ben chiaro come il sistema si regga sullo spirito di servizio e l’abnegazione dei colleghi. Che però ad un certo punto si stufano, e se possono si dimettono volontariamente.
Dottoressa Chiara Rivetti
Segretaria Regionale Anaao Assomed Piemonte
Redazione
CUNEO sanità