La storia del Buco di Viso, il primo traforo alpino mai realizzato
Gli scavi furono avviati nel 1479 grazie alla volontà del marchese di Saluzzo Ludovico II, d’intesa con il re di Provenza Renato D’Angiò: oggi è mèta di tantissimi escursionisti ogni estateDallo scorso sabato 19 giugno è stato riaperto il Buco di Viso, evento atteso ogni estate dagli escursionisti cuneesi (ma non solo). Il tunnel, una galleria di roccia lunga circa 75 metri che collega Italia e Francia, viene chiuso ogni anno al termine della stagione estiva, per evitare eventuali danni provocati delle nevicate invernali. Il tunnel mette in comunicazione i territori comunali di Crissolo e Ristolas ed ogni estate è attrazione per tantissimi amanti della montagna: si trova alle pendici del monte Granero, sotto il versante che separa la valle Po da quella francese del Queyras, ad un'altitudine di 2882 metri. È noto per essere stato il primo traforo alpino mai realizzato e rappresenta una delle più antiche opere di ingegneria civile completate in alta montagna. Gli scavi per il Buco di Viso furono avviati nel 1479 grazie alla volontà del marchese di Saluzzo Ludovico II, d’intesa con il re di Provenza Renato D’Angiò: l’accordo venne sancito ad Arles il 22 settembre 1478. Alla fine del ‘400, sotto la guida di Ludovico II, il Marchesato di Saluzzo si apprestava a toccare l’apice del suo splendore. Il piccolo regno esercitava da secoli un ruolo tutt’altro che secondario sul territorio cisalpino occidentale, e così pure sulla scena internazionale. La politica saluzzese aveva alternativamente seguito le linee dei Savoia e dei francesi e la strategica posizione territoriale rendeva il Marchesato particolarmente ambito dai due governi. Preso il potere nel 1475, Ludovico II inviò una richiesta ufficiale al Parlamento di Grenoble per realizzare una galleria che rendesse più agevole il passaggio tra le sue terre e il Delfinato. Poichè la risposta si faceva attendere, nel 1477 il marchese decise a scrivere al re di Francia Luigi XI e a Jean d’Aillon, governatore del Delfinato.
All’epoca non era impresa da poco forare le dure rocce della catena del Monviso, ma i vantaggi per entrambe le parti sarebbero stati notevoli. L’impresa, iniziata nell’estate del 1479 dopo lo scioglimento delle nevi, fu terminata in circa 18 mesi da maestranze italiane, sotto la direzione degli ingegneri Martino di Albano e Baldassarre di Alpeasco e con un costo complessivo di 12 mila fiorini: a quanto si dice, per scavare la galleria furono impiegati ferro, fuoco, aceto e acqua bollente, ma in soli due anni dall’approvazione del progetto i due versanti delle Alpi erano, per la prima volta nella storia, collegati da un tunnel. A quell’epoca il Marchesato di Saluzzo necessitava di una via di commercio alternativa ai passi controllati dai Savoia, in particolare per evitare i dazi imposti sull'acquisto del sale proveniente dalle saline della Provenza. Per questo motivo si scelse di migliorare il percorso più rapido, ovvero quello che prevedeva di scollinare attraverso il Colle delle Traversette, scavando una galleria che permetteva di evitare la parte più ripida e pericolosa della salita al passo, che culmina a quasi 3 mila metri di quota.
A partire dal completamento dei lavori avvenuto nel 1481, come previsto e prevedibile, vi fu un notevole aumento del traffico commerciale e il Buco di Viso divenne rapidamente un percorso strategico per il transito delle merci: verso la Francia venivano trasportati vino, riso, canapa e olio di noce, mentre le importazioni verso Saluzzo riguardavano in particolare stoffe, broccati e cavalli, oltre al già citato sale dalle saline di Aigues-Mortes. Fu così che il Buco di Viso divenne, come molti altri valichi del territorio dell'Italia settentrionale, elemento cruciale di una rotta commerciale di estrema importanza: nel 1482 e negli anni successivi la gabella di Revello registrava un transito annuo di addirittura 20 mila sacchi di sale, oltre a svariata altra merce. Il Buco di Viso fu utilizzato anche per ragioni militari e nel 1486 fu lo stesso marchese Lodovico II a servirsene per organizzare la sua fuga in Francia. Successivamente se ne servirono anche i medesimi sovrani francesi. Nel 1494 vi transitò, infatti, anche il re di Francia Carlo VIII con il suo esercito e l'artiglieria, per effettuare spostamenti strategici utili allo schieramento nella Battaglia di Fornovo. Nel 1499 lo percorse Luigi XII e nel 1525 il successore Francesco I, che con il suo esercito si diresse in Italia per combattere contro l'imperatore Carlo V. In quest'occasione il traforo e il sentiero vennero anche ampliati per renderli più praticabili al passaggio dell’artiglieria. Dopo il Trattato di Lione del 1601 il Marchesato di Saluzzo, che aveva conservato la sua indipendenza per oltre tre secoli, venne annesso al Ducato di Savoia e pertanto il Buco di Viso perse la sua importanza strategica dal punto di vista commerciale, vedendo alternare sporadiche aperture a lunghi periodi di chiusura. Successivamente il duca Carlo Emanuele I di Savoia, per non compromettere il flusso di traffico commerciale dei valichi del Moncenisio e del Monginevro, sui quali i Savoia esercitavano diritti daziali da lungo tempo, ne ordinò l’ostruzione. Negli anni successivi dalla parte francese ci furono tentativi di riapertura, ma la galleria fu poi nuovamente richiusa, sempre su ordine dei Savoia.
Nel corso dei decenni successivi il Buco di Viso rimase quindi chiuso a lungo: a questo contribuirono le frane dovute agli eventi stagionali e al disgelo, ma anche ragioni politico-militari come la guerra della Grande Alleanza e la Guerra di successione spagnola, che contrappose il Ducato di Savoia al Regno di Francia. Tuttavia non mancarono le richieste di riapertura, come testimonia una delibera del Comune di Crissolo datata 1781, che recita: “Il passaggio nella galleria sarebbe di grandissimo vantaggio non solo a questo luogo, oltre a tutto il Piemonte pel comodo commercio”. Nonostante questo, fino al XIX secolo il passaggio rimase impraticabile: servì attendere il 1837 quando, anche per via di un crescente flusso migratorio verso la Francia, vi fu un parziale e sommario ripristino su iniziativa volontaria degli abitanti della valle Po. Il traforo fu riaperto, ma il transito risultava difficoltoso poiché in alcuni tratti si poteva procedere soltanto a carponi ed era economicamente sconveniente poiché era impossibile portare con sé gli animali da soma. Per una riapertura definitiva si arrivò al ventesimo secolo: avvenne il 25 agosto del 1907, grazie a un finanziamento disposto dal Governo italiano presieduto da Giovanni Giolitti e al contributo della sezione di Torino del CAI presieduta da Ubaldo Valbusa. Per l’occasione i festeggiamenti durarono due giorni, furono sparati mortaretti, intervennero autorità civili e militari e giornalisti dei due versanti delle Alpi, tra cui il corrispondente del Corriere della Sera.
Da allora la galleria è stata ripulita a più riprese: alcuni importanti interventi sono stati eseguiti nel corso del 1998, finanziati dalle sezioni di Saluzzo ed Embrun del Rotary Club. Oggi, anche grazie al contributo del Parco del Monviso e della Regione Piemonte, dal 2014 il Buco di Viso è stato ristrutturato e ripristinato ed è accessibile agli escursionisti nei mesi estivi, rappresentando una delle principali attrazioni turistiche della valle Po. Nel solo 2018, secondo i dati del Parco, sono stati registrati oltre 20 mila passaggi. Per raggiungere il Buco di Viso,dal versante italiano si parte dal Pian del Re, imboccando il sentiero in direzione ovest che taglia a mezzacosta. Dopo i primi 600-700 metri ci si trova nel Vallone delle Traversette, mantenendo la destra si inizia a salire giungendo con alcuni tornanti a Pian Armoine. Il sentiero riprende a salire con numerose svolte sino a Pian Mait. Proseguendo si giunge alle Casermette, al di sopra delle quali una traccia sul terreno franoso porta all'ingresso del Buco. Per la sua visita è necessaria una torcia ed è consigliabile un caschetto di protezione. L'entrata italiana è senza dubbio più agevole di quella francese, che è più piccola e stretta. Il tempo medio di percorrenza è di circa 3 ore (sola andata).
Andrea Dalmasso
CRISSOLO Montagna - Buco di Viso