Le derive del desiderio tra realtà e immaginazione spiegate dallo scrittore Jonathan Bazzi
L'autore di "Febbre" e "Corpi minori", tra gli ospiti del "Ponte del Dialogo" di Dronero, ha raccontato i suoi libri e la sua storia personale, strettamente connessiIl desiderio, i luoghi che si legano ai racconti delle persone, la passione per lo yoga, gli amati gatti, la socialità a distanza del nostro tempo. Sono alcuni dei temi toccati da Jonathan Bazzi nell’incontro che lo ha visto protagonista al festival letterario “Ponte del Dialogo” di Dronero. Temi presenti nella vita e nei due libri dello scrittore di Rozzano: “Febbre”, finalista al Premio Strega del 2019, e “Corpi minori”, pubblicato nel 2022.
Sul palco del teatro Iris, intervistato da Alessia Tallone, una delle giovani che fin dall’inizio fa parte del gruppo promotore del "Ponte del Dialogo", Bazzi si è soffermato in particolare sul suo secondo lavoro, la storia di un ragazzo con talento ma poca perseveranza che lascia Rozzano per approdare nella grande Milano, inseguendo l’amore ma trovando in realtà le “derive del desiderio tra realtà e immaginazione”, cioè il titolo dell’interessante incontro dronerese. Iniziato con la spiegazione del titolo del suo ultimo libro, “Corpi minori”: “Arrivato ad un certo punto, ho capito che la storia che stavo scrivendo aveva molto a che fare con il tema del desiderio. Facendo ricerche per trovare un titolo, mi sono imbattuto in questa espressione astronomica: i corpi minori sono corpi celesti più piccoli, di importanza secondaria. E ho pensato che quando desideriamo, ci sentiamo tutti corpi minori, che gravitano attorno a qualcuno o a qualcosa”.
Curioso anche che ogni capitolo porti il nome di una via o una piazza milanese: “Inizialmente erano titoli provvisori dei capitoli, ma scrivere spesso ti fa conoscere cose che non pensavi di sapere, di te e degli altri. Così, strada facendo, mi sono accorto che i luoghi sono violentemente collegati alle nostre storie, perché spesso ci determinano. A volte si riesce molto meglio a raccontarsi, o a raccontare le persone, se si tiene conto dei luoghi in cui sono nate, crescono e vivono”. Bazzi ha poi spiegato come, quando scrive, “sia molto interessato a dare spazio alle esperienze che sembrano poco condivise e condivisibili: già nel primo libro l’ho fatto, anche in questo secondo volevo raccontare qualcosa che, per certi versi, fosse impronunciabile”. Come il dolore, a cui il protagonista di “Corpi minori” fatica a dare una forma, e che il suo autore rivela, con il tempo, di aver imparato a “riconoscere, capirne gli effetti, cercare di fare un passo indietro con la creazione di nuovi modi di reagire o con cui stare con i fastidi e con le sofferenze”.
Questo grazie anche allo yoga, che ha accompagnato Jonathan per tantissimi anni: “È stata una salvezza per me. L’ho scoperta quando avevo 18 anni, perché ero molto fan di Madonna, che aveva avuto questa fase, e non l’ho mai abbandonato. Sono stato molto discontinuo in tutto, ma lo yoga c’è sempre stato, mi ha aiutato ad avere una direzione, a mantenere tutto insieme”. E anche a mantenersi, nel vero senso della parola: “Ad un certo punto tutto portava a tornare a Rozzano, lasciando Milano. Ma avevo già i miei gattini, a cui sono molto legato, e non potevo separarmi da loro. Allora per guadagnare qualcosa ho iniziato ad insegnare yoga, anche forzandomi molto, perché ero, e sono tuttora, molto timido”.
Infine, una riflessione sulla solitudine contemporanea, tema che Bazzi ha affrontato recentemente attraverso alcuni articoli in cui ha parlato delle sue giornate, trascorse quasi interamente a casa: “Il nostro è un tempo in cui abbiamo la sensazione della socialità, ma si tratta in realtà di una socialità a distanza, che spesso riduce la dimensione dell’incontro reale. Io ho osservato e ho dato voce al mio autoisolamento domestico, avvenuto soprattutto in inverno, con la possibilità di avere tutto a domicilio o in streaming, di avere contatti con gli amici in ogni momento: si può stare a casa facendo tante cose, senza vedere nessuno. Mi sono sorpreso nel constatare come molte persone mi abbiano scritto riconoscendosi in questa spinta all’autoreclusione, che si lega probabilmente anche a quello che succede fuori, ad un mondo molto spaventoso”.
Nel video, l'intervista a Jonathan Bazzi.
Gabriele Destefanis

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