Le opere dell'artista garessino che ha partecipato alle biennali di Venezia, Tokyo e New York in esposizione a Cuneo fino al 2 febbraio
È stata inaugurata stasera in San Francesco la mostra di Giuseppe Penone 'Incidenze del vuoto'. Lo scultore è tra gli artisti più importanti e riconosciuti al mondo
È stata inaugurata stasera, venerdì 11 ottobre, presso il Complesso monumentale di San Francesco a Cuneo, la mostra “Giuseppe Penone: Incidenze del vuoto”, che presenta alcune opere dell’artista originario di Garessio, tra gli scultori attualmente più importanti e riconosciuti al mondo. L’evento espositivo nasce dalla collaborazione tra la Fondazione CRC e il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea ed è curato dal direttore del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev, con l’assistenza curatoriale di Giulia Colletti. L’esposizione, a ingresso gratuito, resterà aperta da sabato 12 ottobre a domenica 2 febbraio, da martedì a sabato dalle 15.30 alle 18.30, domenica dalle 11 alle 18.30.
Concepita come un progetto espositivo condiviso tra le due istituzioni nel Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo e nel giardino del Castello di Rivoli, la mostra presenta il cuore della ricerca dell’artista Giuseppe Penone. Una riflessione sulla dualità tra vuoto e pieno come parti costitutive e materiali del suo lavoro artistico, attraverso una precisa selezione di opere che mettono in relazione le due sedi, in un sofisticato gioco di giustapposizioni e rimandi.
“È un grande onore per Cuneo ospitare un artista di fama internazionale come Giuseppe Penone, originario di Garessio e ormai noto in tutto il mondo. Il Complesso monumentale di San Francesco diverrà per i prossimi mesi l’habitat ideale di opere normalmente esposte in luoghi come la Reggia di Versailles e il Louvre di Abu Dhabi” ha commentato il presidente della Fondazione CRC Giandomenico Genta. “La mostra è il frutto del grande lavoro messo in atto dalla Fondazione CRC in questi anni, grazie anche alla collaborazione con istituzioni culturali di primo livello come il Castello di Rivoli: la disponibilità di Penone dimostra l’importanza e la bontà di questo progetto espositivo, unico nel suo genere. Anche quest’anno la Fondazione CRC riesce ad offrire alla comunità cuneese e ai tanti appassionati d’arte che verranno appositamente a Cuneo l’occasione di ammirare con i loro occhi una mostra di altissimo livello”.
“L’arte di Penone esplora i fondamenti della scultura come modo di conoscere e comprendere empiricamente il mondo” ha spiegato il curatore della mostra e direttore del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev. “La sua arte si basa sul principio di incarnare una consapevolezza fisica, tattile-visiva, di tutti gli organismi e delle loro trasformazioni. Penone percepisce il mondo e la vita in modo scultoreo, toccandone e accarezzandone le parti costitutive. Persino l’atto di respirare è una forma di scultura automatica, prodotta senza accorgersene. La scultura riguarda l’intaglio, lo scavo e la produzione di vuoti oppure, al contrario, concerne la fusione, la duplicazione e la moltiplicazione, attraverso una serie di passaggi, dal positivo al negativo, della forma oggetto di duplicazione o copia. Sia l’addizione sia la sottrazione avvengono attraverso gesti di incontro e, quindi, attraverso relazioni di intenzione tra l’umano e la materia, tra l’umano e il non umano”.
Penone è emerso alla fine degli anni Sessanta nell’ambito dell’Arte Povera, tra i movimenti artistici più importanti e innovativi del XX secolo a livello internazionale che trova la sua origine in Piemonte, dal quale proviene un importante nucleo del gruppo di artisti. L’Arte Povera è generalmente definita come un’arte di materiali e tecniche eterogenei e “poveri”. Più importante di questo aspetto è il fatto che tali artisti sono interessati a creare situazioni reali di energia, in cui natura e cultura non sono opposti. Oggi l’Arte Povera, e in particolare l’opera di Penone, gode di un rinnovato interesse, anche legato all’apprezzamento di quella libertà artistica e dell’interesse per la natura in essa presenti.
La mostra è accompagnata da un catalogo con un saggio inedito e un’intervista all’artista di Carolyn Christov-Bakargiev e scritti inediti di Penone. Il volume include una serie di disegni inediti che ripercorre come in un viaggio lo svolgimento cronologico e geografico delle opere scrivendo per la prima volta attraverso parole e immagini il racconto che le lega ai due luoghi che le ospitano.
LE OPERE IN MOSTRA
La navata centrale della Chiesa di San Francesco a Cuneo è attraversata dalla scultura orizzontale Matrice, vera spina dorsale del progetto espositivo. Matrice è un abete che Giuseppe Penone ha sezionato longitudinalmente in due parti, scavato gli strati di legno seguendo gli anelli concentrici e dischiuso l’essenza della pianta. L’artista ha quindi ottenuto il negativo dell’albero in un momento preciso della sua esistenza. Tale negativo presuppone un suo positivo, che è presente proprio mediante la sua assenza, eccetto che in un punto, dove appare la forma annerita dal bronzo, un positivo dell’interno dell’albero. Le sezioni longitudinali ricomposte formano un’unica identità e ciascuna delle parti che forma l’unità dell’opera porta con sé le tracce del processo. La percezione del vuoto in Matrice è legata all’assenza di una presenza, richiamata dal “midollo” nero in bronzo dell’abete. Quest’ultimo ha delle sinuosità antropomorfe e la sua lunghezza, di circa 170 centimetri, è paragonabile all’altezza di un essere umano adulto. Penone stabilisce una relazione tra umano e vegetale, evidente anche all’interno della scultura, in cui è possibile notare le impronte delle dita che hanno modellato l’opera. Questo lavoro si basa sul principio e sul processo d’inversione temporale, mostrando delle fasi presenti nella memoria dell’albero non visibili altrimenti.
Suture è una scultura monumentale che dialoga con l’architettura dell’abside della Chiesa di San Francesco. Quest’opera è modulata sulla forma della struttura del cranio umano, diviso in quattro sezioni da lame di acciaio che collegano i punti terminali delle suture. Penone realizza la scultura attraverso un segno veloce, quasi abbozzato con una matita. Un tratteggio che imita le suture craniche, ovvero quelle articolazioni fisse tra le ossa del cranio. L’opera è sostenuta da una biforcazione a Y, formata da un cilindro di acciaio ricoperto da plexiglass. La struttura a Y imita il processo di biforcazione che è presente nelle sinapsi o nelle nervature delle foglie, uno dei fenomeni più frequenti in natura. Tra i due materiali, l’artista versa un cumulo di terra, alludendo alla sedimentazione e stratificazione della nostra memoria. Per Penone, il cervello non è un’entità “piena”. È piuttosto concepito come uno spazio mentale nel quale la differenziazione tra materia solida e molle non è definita. Il cranio è un involucro le cui congiunzioni, che l’artista definisce “foglie del cervello”, alterano il proprio volume in conformità a potenziali deformazioni cerebrali. Il cranio è materia solida eppure plasmabile. La sutura è un punto di congiunzione, un sito in cui due parti si uniscono. Tuttavia non è lineare, ma si tratta di un complesso incastro, un incontro in cui però le due sezioni mantengono la propria identità.
La scultura Dafne dialoga senza soluzione di continuità con l’opera Matrice. Penone la realizza mediante lo stesso processo, sebbene invertito. Se in Matrice è presente l’impronta umana all’interno della sezione arborea di bronzo e l’impronta del tronco dell’albero all’esterno, in Dafne l’impronta umana è visibile nella corteccia esterna mentre in quella interna la scultura riproduce le venature del legno di alloro che è servito da modello. Nel realizzare quest’opera sembra che Penone abbia toccato, quasi accarezzato, la superficie dell’albero, avvolgendola. Il titolo dell’opera richiama il mito di Apollo e Dafne. Apollo, invaghitosi della ninfa a causa di una freccia scoccata da Cupido, inizia a rincorrere Dafne, la quale, per sfuggire al suo incontrollato e mascolino desiderio, chiede al padre dio-fiume Peneo di salvarla dissolvendone le forme. È così che avviene la metamorfosi della ninfa in albero d’alloro, pianta che di lì in avanti Apollo avrebbe considerato sacra e con essa ornato il proprio capo, la cetra e la faretra. Questa scultura prende il titolo di Dafne perché Penone la modella su un albero di alloro. La storia di Apollo e Dafne è inoltre funzionale alla comprensione di un fattore prettamente naturale: l’alloro è una pianta che, per difendersi dagli attacchi d’insetti e animali, reagisce sprigionando un’intensa fragranza, che li allontana. Nel caso di Penone, le tecniche, generalmente dietro le quinte nell’arte della scultura, vengono in primo piano, in una celebrazione di ogni passaggio della materia, di ogni trasformazione nella scultura, dalla modellatura alla fusione, dal legno, alla creta, alla cera, al gesso, ai forni in mattoni, al bronzo liquido. Il bronzo si intreccia nella vita e nella crescita degli alberi di alloro, cosicché, come nel mito di Apollo e Dafne, l’umano e il non umano si uniscono nelle loro diverse temporalità ed evoluzioni, nella danza dell’universo, grazie all’incontro innescato dalla scultura.
Nella serie Gesti vegetali, Penone propone una riflessione sulla relazione che intercorre tra essere umano e vegetale e sulla rispettiva capacità di modificare l’uno l’identità dell’altro attraverso forme d’interazione reali o potenziali. Penone ricopre dei manichini con della creta, sulla quale produce dei solchi con le proprie dita. In essi cola la cera e dalla cera il bronzo. Ottiene pertanto un involucro parziale della forma di questi corpi, al cui interno o esterno può lasciare crescere i vegetali. Avviluppandosi alla scultura antropomorfa, essi ne modificano i connotati e ne indirizzano la forma di crescita finale. In occasione della mostra “Incidenze del Vuoto” alla Chiesa di San Francesco di Cuneo, i Gesti vegetali dialogano con le nicchie della navata laterale dalle quali filtra la luce, continuando a crescere e ad annodarsi spontaneamente ma senza vegetale vivo.
A richiamare la scultura monumentale innestata all’ingresso del Castello di Rivoli, è infine esposto nella Chiesa di Francesco di Cuneo il modellino di Identità, insieme a studi e disegni preparatori. Esso si riferisce alla grande scultura di un albero duplicato e rovesciato, allestito nel piazzale di fronte al Castello di Rivoli. Su un piano di percezione istintiva, si potrebbe pensare che le due sculture, Matrice e Suture, siano rispettivamente il corpo e il capo di un gigante dormiente, il cui pensiero si concretizza nel modellino. Quella di Giuseppe Penone è una riflessione sul processo della scultura al lavoro. L’opera si nutre del processo, dell’azione della scultura. Quindi è un parlare della scultura. La scultura ha una caratteristica precisa. Il tema del doppio, del raddoppiare è tipico della scultura.
La scultura Identità è un albero di bronzo, su cui l’artista Giuseppe Penone ha innestato una copia albina in alluminio che, capovolta, sembra smaterializzare la fisicità lignea della pianta. Non essendo i due alberi speculari, l’artista ha prodotto una simmetria di alcune loro parti servendosi di specchi, incastonati nelle ramificazioni. Producendo una rifrazione dei rami da ambo le parti, gli specchi ricongiungono ciascun albero con la propria identità speculare riflessa. Gli specchi si inseriscono non in uno spazio fisico di vuoto da riempire, bensì in quel luogo etereo della specularità, l’unico in cui può esserci la simmetria. Accogliendo il visitatore all’ingresso principale del Castello di Rivoli, questa opera scultorea si inscrive nella ricerca di Penone, con il suo intreccio di presenze materiali e diafane. Un’esplorazione della nozione di incontro che mette a fuoco il senso della dualità. Qui, la riflessione è materia incarnata, spazio liminale della scultura, spazio del minimo contatto dei corpi. Sin dall’inizio, l’immagine dell’albero sostiene la costruzione dell’edificio artistico di Penone, dirigendo i contenuti della sua indagine sia verso il mondo vegetale, con l’intento di visualizzare e modificare i processi di crescita naturale degli elementi, sia verso il corpo da sempre oggetto della sua ricerca. L’aspetto binario dell’opera riprende la caratteristica duale dell’insieme del progetto espositivo tra Cuneo e Rivoli.
L’ARTISTA: GIUSEPPE PENONE
Giuseppe Penone nasce a Garessio (Cuneo) nel 1947. Nel 1968 inizia l’attività espositiva ed entra a far parte del gruppo di artisti dell’Arte Povera. Nelle sue sculture e installazioni, datate a partire dal 1968, il processo di attuazione è parte integrante dell’opera e sono le azioni compiute dall’artista, in rapporto dialettico con quelle naturali, che danno forma a una materia, di volta in volta diversa, svelandone l’aspetto fantastico. L’albero, che Penone considera “l’idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura”, è un elemento centrale nel suo lavoro. Nel 1970 ha partecipato alla decima Biennale di Tokyo. Ha partecipato a documenta a Kassel nel 1972 (d5), 1977 (d6), 1982 (d7), 1987 (d8), 2012 [d(13)]. Nel 2007 ha rappresentato l’Italia alla 52esima Biennale di Venezia. Ha partecipato alla sedicesima Biennale di Sydney nel 2008. Nel 2013 ha esposto nei giardini della Reggia di Versailles, nel 2014 nei Giardini di Boboli a Firenze e al Madison Square Park a New York. Negli ultimi anni gli sono state dedicate mostre personali al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (1991), alla Whitechapel Gallery di Londra e al Kunstmuseum di Winterthur (2013), al Musée de Grenoble (2014), al Nasher Sculpture Center di Dallas e al Musée Cantonal des Beaux Arts di Losanna (2015), al Mart di Rovereto e al Rijksmuseum di Amsterdam (2016), al Palazzo della Civiltà Italiana di Roma (2017), e allo Yorkshire Sculpture Park di Wakefield (2019).
Concepita come un progetto espositivo condiviso tra le due istituzioni nel Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo e nel giardino del Castello di Rivoli, la mostra presenta il cuore della ricerca dell’artista Giuseppe Penone. Una riflessione sulla dualità tra vuoto e pieno come parti costitutive e materiali del suo lavoro artistico, attraverso una precisa selezione di opere che mettono in relazione le due sedi, in un sofisticato gioco di giustapposizioni e rimandi.
“È un grande onore per Cuneo ospitare un artista di fama internazionale come Giuseppe Penone, originario di Garessio e ormai noto in tutto il mondo. Il Complesso monumentale di San Francesco diverrà per i prossimi mesi l’habitat ideale di opere normalmente esposte in luoghi come la Reggia di Versailles e il Louvre di Abu Dhabi” ha commentato il presidente della Fondazione CRC Giandomenico Genta. “La mostra è il frutto del grande lavoro messo in atto dalla Fondazione CRC in questi anni, grazie anche alla collaborazione con istituzioni culturali di primo livello come il Castello di Rivoli: la disponibilità di Penone dimostra l’importanza e la bontà di questo progetto espositivo, unico nel suo genere. Anche quest’anno la Fondazione CRC riesce ad offrire alla comunità cuneese e ai tanti appassionati d’arte che verranno appositamente a Cuneo l’occasione di ammirare con i loro occhi una mostra di altissimo livello”.
“L’arte di Penone esplora i fondamenti della scultura come modo di conoscere e comprendere empiricamente il mondo” ha spiegato il curatore della mostra e direttore del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev. “La sua arte si basa sul principio di incarnare una consapevolezza fisica, tattile-visiva, di tutti gli organismi e delle loro trasformazioni. Penone percepisce il mondo e la vita in modo scultoreo, toccandone e accarezzandone le parti costitutive. Persino l’atto di respirare è una forma di scultura automatica, prodotta senza accorgersene. La scultura riguarda l’intaglio, lo scavo e la produzione di vuoti oppure, al contrario, concerne la fusione, la duplicazione e la moltiplicazione, attraverso una serie di passaggi, dal positivo al negativo, della forma oggetto di duplicazione o copia. Sia l’addizione sia la sottrazione avvengono attraverso gesti di incontro e, quindi, attraverso relazioni di intenzione tra l’umano e la materia, tra l’umano e il non umano”.
Penone è emerso alla fine degli anni Sessanta nell’ambito dell’Arte Povera, tra i movimenti artistici più importanti e innovativi del XX secolo a livello internazionale che trova la sua origine in Piemonte, dal quale proviene un importante nucleo del gruppo di artisti. L’Arte Povera è generalmente definita come un’arte di materiali e tecniche eterogenei e “poveri”. Più importante di questo aspetto è il fatto che tali artisti sono interessati a creare situazioni reali di energia, in cui natura e cultura non sono opposti. Oggi l’Arte Povera, e in particolare l’opera di Penone, gode di un rinnovato interesse, anche legato all’apprezzamento di quella libertà artistica e dell’interesse per la natura in essa presenti.
La mostra è accompagnata da un catalogo con un saggio inedito e un’intervista all’artista di Carolyn Christov-Bakargiev e scritti inediti di Penone. Il volume include una serie di disegni inediti che ripercorre come in un viaggio lo svolgimento cronologico e geografico delle opere scrivendo per la prima volta attraverso parole e immagini il racconto che le lega ai due luoghi che le ospitano.
LE OPERE IN MOSTRA
La navata centrale della Chiesa di San Francesco a Cuneo è attraversata dalla scultura orizzontale Matrice, vera spina dorsale del progetto espositivo. Matrice è un abete che Giuseppe Penone ha sezionato longitudinalmente in due parti, scavato gli strati di legno seguendo gli anelli concentrici e dischiuso l’essenza della pianta. L’artista ha quindi ottenuto il negativo dell’albero in un momento preciso della sua esistenza. Tale negativo presuppone un suo positivo, che è presente proprio mediante la sua assenza, eccetto che in un punto, dove appare la forma annerita dal bronzo, un positivo dell’interno dell’albero. Le sezioni longitudinali ricomposte formano un’unica identità e ciascuna delle parti che forma l’unità dell’opera porta con sé le tracce del processo. La percezione del vuoto in Matrice è legata all’assenza di una presenza, richiamata dal “midollo” nero in bronzo dell’abete. Quest’ultimo ha delle sinuosità antropomorfe e la sua lunghezza, di circa 170 centimetri, è paragonabile all’altezza di un essere umano adulto. Penone stabilisce una relazione tra umano e vegetale, evidente anche all’interno della scultura, in cui è possibile notare le impronte delle dita che hanno modellato l’opera. Questo lavoro si basa sul principio e sul processo d’inversione temporale, mostrando delle fasi presenti nella memoria dell’albero non visibili altrimenti.
Suture è una scultura monumentale che dialoga con l’architettura dell’abside della Chiesa di San Francesco. Quest’opera è modulata sulla forma della struttura del cranio umano, diviso in quattro sezioni da lame di acciaio che collegano i punti terminali delle suture. Penone realizza la scultura attraverso un segno veloce, quasi abbozzato con una matita. Un tratteggio che imita le suture craniche, ovvero quelle articolazioni fisse tra le ossa del cranio. L’opera è sostenuta da una biforcazione a Y, formata da un cilindro di acciaio ricoperto da plexiglass. La struttura a Y imita il processo di biforcazione che è presente nelle sinapsi o nelle nervature delle foglie, uno dei fenomeni più frequenti in natura. Tra i due materiali, l’artista versa un cumulo di terra, alludendo alla sedimentazione e stratificazione della nostra memoria. Per Penone, il cervello non è un’entità “piena”. È piuttosto concepito come uno spazio mentale nel quale la differenziazione tra materia solida e molle non è definita. Il cranio è un involucro le cui congiunzioni, che l’artista definisce “foglie del cervello”, alterano il proprio volume in conformità a potenziali deformazioni cerebrali. Il cranio è materia solida eppure plasmabile. La sutura è un punto di congiunzione, un sito in cui due parti si uniscono. Tuttavia non è lineare, ma si tratta di un complesso incastro, un incontro in cui però le due sezioni mantengono la propria identità.
La scultura Dafne dialoga senza soluzione di continuità con l’opera Matrice. Penone la realizza mediante lo stesso processo, sebbene invertito. Se in Matrice è presente l’impronta umana all’interno della sezione arborea di bronzo e l’impronta del tronco dell’albero all’esterno, in Dafne l’impronta umana è visibile nella corteccia esterna mentre in quella interna la scultura riproduce le venature del legno di alloro che è servito da modello. Nel realizzare quest’opera sembra che Penone abbia toccato, quasi accarezzato, la superficie dell’albero, avvolgendola. Il titolo dell’opera richiama il mito di Apollo e Dafne. Apollo, invaghitosi della ninfa a causa di una freccia scoccata da Cupido, inizia a rincorrere Dafne, la quale, per sfuggire al suo incontrollato e mascolino desiderio, chiede al padre dio-fiume Peneo di salvarla dissolvendone le forme. È così che avviene la metamorfosi della ninfa in albero d’alloro, pianta che di lì in avanti Apollo avrebbe considerato sacra e con essa ornato il proprio capo, la cetra e la faretra. Questa scultura prende il titolo di Dafne perché Penone la modella su un albero di alloro. La storia di Apollo e Dafne è inoltre funzionale alla comprensione di un fattore prettamente naturale: l’alloro è una pianta che, per difendersi dagli attacchi d’insetti e animali, reagisce sprigionando un’intensa fragranza, che li allontana. Nel caso di Penone, le tecniche, generalmente dietro le quinte nell’arte della scultura, vengono in primo piano, in una celebrazione di ogni passaggio della materia, di ogni trasformazione nella scultura, dalla modellatura alla fusione, dal legno, alla creta, alla cera, al gesso, ai forni in mattoni, al bronzo liquido. Il bronzo si intreccia nella vita e nella crescita degli alberi di alloro, cosicché, come nel mito di Apollo e Dafne, l’umano e il non umano si uniscono nelle loro diverse temporalità ed evoluzioni, nella danza dell’universo, grazie all’incontro innescato dalla scultura.
Nella serie Gesti vegetali, Penone propone una riflessione sulla relazione che intercorre tra essere umano e vegetale e sulla rispettiva capacità di modificare l’uno l’identità dell’altro attraverso forme d’interazione reali o potenziali. Penone ricopre dei manichini con della creta, sulla quale produce dei solchi con le proprie dita. In essi cola la cera e dalla cera il bronzo. Ottiene pertanto un involucro parziale della forma di questi corpi, al cui interno o esterno può lasciare crescere i vegetali. Avviluppandosi alla scultura antropomorfa, essi ne modificano i connotati e ne indirizzano la forma di crescita finale. In occasione della mostra “Incidenze del Vuoto” alla Chiesa di San Francesco di Cuneo, i Gesti vegetali dialogano con le nicchie della navata laterale dalle quali filtra la luce, continuando a crescere e ad annodarsi spontaneamente ma senza vegetale vivo.
A richiamare la scultura monumentale innestata all’ingresso del Castello di Rivoli, è infine esposto nella Chiesa di Francesco di Cuneo il modellino di Identità, insieme a studi e disegni preparatori. Esso si riferisce alla grande scultura di un albero duplicato e rovesciato, allestito nel piazzale di fronte al Castello di Rivoli. Su un piano di percezione istintiva, si potrebbe pensare che le due sculture, Matrice e Suture, siano rispettivamente il corpo e il capo di un gigante dormiente, il cui pensiero si concretizza nel modellino. Quella di Giuseppe Penone è una riflessione sul processo della scultura al lavoro. L’opera si nutre del processo, dell’azione della scultura. Quindi è un parlare della scultura. La scultura ha una caratteristica precisa. Il tema del doppio, del raddoppiare è tipico della scultura.
La scultura Identità è un albero di bronzo, su cui l’artista Giuseppe Penone ha innestato una copia albina in alluminio che, capovolta, sembra smaterializzare la fisicità lignea della pianta. Non essendo i due alberi speculari, l’artista ha prodotto una simmetria di alcune loro parti servendosi di specchi, incastonati nelle ramificazioni. Producendo una rifrazione dei rami da ambo le parti, gli specchi ricongiungono ciascun albero con la propria identità speculare riflessa. Gli specchi si inseriscono non in uno spazio fisico di vuoto da riempire, bensì in quel luogo etereo della specularità, l’unico in cui può esserci la simmetria. Accogliendo il visitatore all’ingresso principale del Castello di Rivoli, questa opera scultorea si inscrive nella ricerca di Penone, con il suo intreccio di presenze materiali e diafane. Un’esplorazione della nozione di incontro che mette a fuoco il senso della dualità. Qui, la riflessione è materia incarnata, spazio liminale della scultura, spazio del minimo contatto dei corpi. Sin dall’inizio, l’immagine dell’albero sostiene la costruzione dell’edificio artistico di Penone, dirigendo i contenuti della sua indagine sia verso il mondo vegetale, con l’intento di visualizzare e modificare i processi di crescita naturale degli elementi, sia verso il corpo da sempre oggetto della sua ricerca. L’aspetto binario dell’opera riprende la caratteristica duale dell’insieme del progetto espositivo tra Cuneo e Rivoli.
L’ARTISTA: GIUSEPPE PENONE
Giuseppe Penone nasce a Garessio (Cuneo) nel 1947. Nel 1968 inizia l’attività espositiva ed entra a far parte del gruppo di artisti dell’Arte Povera. Nelle sue sculture e installazioni, datate a partire dal 1968, il processo di attuazione è parte integrante dell’opera e sono le azioni compiute dall’artista, in rapporto dialettico con quelle naturali, che danno forma a una materia, di volta in volta diversa, svelandone l’aspetto fantastico. L’albero, che Penone considera “l’idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura”, è un elemento centrale nel suo lavoro. Nel 1970 ha partecipato alla decima Biennale di Tokyo. Ha partecipato a documenta a Kassel nel 1972 (d5), 1977 (d6), 1982 (d7), 1987 (d8), 2012 [d(13)]. Nel 2007 ha rappresentato l’Italia alla 52esima Biennale di Venezia. Ha partecipato alla sedicesima Biennale di Sydney nel 2008. Nel 2013 ha esposto nei giardini della Reggia di Versailles, nel 2014 nei Giardini di Boboli a Firenze e al Madison Square Park a New York. Negli ultimi anni gli sono state dedicate mostre personali al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (1991), alla Whitechapel Gallery di Londra e al Kunstmuseum di Winterthur (2013), al Musée de Grenoble (2014), al Nasher Sculpture Center di Dallas e al Musée Cantonal des Beaux Arts di Losanna (2015), al Mart di Rovereto e al Rijksmuseum di Amsterdam (2016), al Palazzo della Civiltà Italiana di Roma (2017), e allo Yorkshire Sculpture Park di Wakefield (2019).
Redazione
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