L’insostenibile dipendenza da internet e tecnologie: un ragazzo su cinque è a rischio
Parla Luigi Salvatico, psicologo e terapista: “Dedicate tempo e attenzione ai figli, solo così si potrà contrastare la violenza provocata dallo strumento virtuale”Pubblicato in origine sul numero del 14 aprile 2022 del settimanale Cuneodice: ogni giovedì in edicola
Un ragazzo su 5 è a rischio gaming, cioè l’abuso di tempo passato ai videogiochi che compromette salute, rapporti sociali e provoca allontanamento dagli affetti.
Questi i dati elaborati da uno studio internazionale realizzato nel 2019 dal Cnr insieme all’Università di Padova e all’australian Flinders University, su un campione di 90 mila studenti sedicenni di 30 Paesi europei. Un dato sicuramente cresciuto dopo questi due anni di pandemia che hanno favorito l’uso e l’abuso di videogiochi. Letteralmente chiusi in casa e senza altro tipo di svago, bambini e adolescenti hanno trovato nei giochi virtuali una valvola di sfogo e l’unico modo per interagire con gli amici durante questo periodo di restrizioni e isolamento. Da cosa si capisce se la dipendenza è patologica? E come possono intervenire i genitori? Lo abbiamo chiesto a Luigi Salvatico, psicologo-psicoterapeuta, presidente del Comitato Etico A.O. S. Croce e Carle Cuneo, ASL CN1, CN2 e Asti.
“I due anni di pandemia, l’isolamento sociale e il lockdown hanno trovato tutti impreparati, anche noi specialisti. La socializzazione è stimolo all’apprendimento e nutrimento per la crescita evolutiva dell’essere umano, ma anche ricerca dei nostri limiti. Tutto questo ai bambini, e soprattutto agli adolescenti, è mancato. I videogiochi non sono solo un passatempo, ma sono diventati un vero e proprio rifugio per molti ragazzi, spesso lasciati a casa da soli perché i genitori andavano a lavorare, mentre loro non potevano neanche uscire di casa. Il gioco è diventato l’unico canale di comunicazione con loro stessi e con gli altri per superare noia e stanchezza”.
Da questa quotidianità nasce la dipendenza?
“Non proprio. È un problema più complesso. Le dico solo che c’è un aumento esponenziale di adolescenti in cura per dipendenze da internet con sindromi ansioso-depressive dovute anche all’isolamento e all’utilizzo di questi strumenti tecnologici. Alcuni giochi sono un bombardamento che crea uno stress micidiale, un disadattamento sociale, nel bambino come nell’adulto. Dal gioco online ci vuole pochissimo a passare alla ludopatia, ai gratta e vinci, alle slot”.
Come uscirne?
“Il primo passo, il più importante, è riconoscere di avere un problema e accettare l’aiuto di un terapeuta”.
Da cosa si capisce se c’è un problema?
“L’adolescente che trascorre su internet molte ore al giorno riduce le sue relazioni sociali, o le limita a frequentazioni unicamente online, questo può essere un segnale. Ma non solo. A volte si alterano i ritmi biologici, compaiono reattività, irritabilità e carenza di sonno che diventano un fattore di rischio importante per ansia e depressione”.
Che ruolo possono avere i genitori?
“Il loro compito è fondamentale. Devono capire il problema e non fare finta di niente. Con grande calma, dialogare con i propri figli, dedicare loro tempo esclusivo e inserire gli antichi giochi insieme a regole chiare e concordate anche per l’utilizzo dei devices. Contrastare l’aggressività di alcuni contenuti virtuali non è facile e richiede tempo e pazienza, per evitare che si trasferisca in comportamenti violenti ed anti-sociali. Bisogna saper riconoscere il disagio e chiedere aiuto ad un esperto prima che sia troppo tardi”.
Anche nei ristoranti si vedono sempre più bambini o ragazzi incollati a telefonini, mentre gli adulti chiacchierano tranquillamente. Anche quello è isolamento?
“Certo. L’adulto che non vuole farsi disturbare e delega al gioco virtuale. Andrebbero portati altri giochi, carte, album da colorare, rompicapo, palloni. C’è un’esigenza etica da ritrovare nelle famiglie per ridare la giusta attenzione ai piccoli”.
La scuola che ruolo ha in tutto questo? In molte scuole, anche primarie, venivano inviati ai bambini video di YouTube permettendo così al minore di accedere a tutta una serie di contenuti pericolosi per un bambino da solo
“Credo che nella scuola ci sia stato un apprendistato troppo rapido. Forse, più che dei banchi a rotelle, più approfondita soprattutto degli insegnanti meno “tecnologici” per metterli in grado di fronteggiare i problemi legati all’uso della rete. Sicuramente l’accesso a certe app e contenuti andrebbe permesso in età diversificate”.
Chiara Carlini
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