Magistrati e avvocati uniti nel ricordo di Fabrizio Caccioppoli: al giudice sarà dedicato un centro studi
Il magistrato romano è scomparso nel 2016 ad appena 50 anni. L’ordine forense di Cuneo lo ha celebrato con un convegno e un’intitolazioneC’erano decine di persone tra avvocati, pubblici ministeri, cancellieri e ovviamente anche colleghi giudici al convegno che l’Ordine degli Avvocati di Cuneo ha indetto la settimana scorsa, per annunciare l’intitolazione del proprio centro studi al giudice Fabrizio Caccioppoli.
Una decisione non scontata, da parte delle toghe cuneesi, quella di scegliere un magistrato anziché un avvocato. Ma chi frequenta i corridoi del palazzo di giustizia sa quanto la figura di Caccioppoli sia tuttora rimpianta, a cinque anni dalla prematura dipartita. Il tribunale ha dedicato un’aula, la sua aula B, al magistrato romano divenuto cuneese d’adozione dopo anni trascorsi nella Granda, prima come gip e poi al dibattimento. Chi l’ha conosciuto in questa veste ne ricorda lo stile inconfondibile nel condurre le udienze, evitando ogni “melina” processuale e badando al sodo. Ma anche la simpatia nel senso etimologico del “sentire assieme”, con profonda umanità, la pena altrui: quella dei suoi imputati, anzitutto, diversi dei quali sono rimasti in contatto con lui perfino dopo una condanna e ne hanno pianto la scomparsa.
“È stato un magistrato che ha coltivato un ottimo rapporto con il foro. Sempre pronto a mettersi in discussione ed estraneo a ogni forma di ‘magistrite’, ovvero a certi atteggiamenti autoreferenziali di una parte della categoria” ricorda Claudio Massa, presidente dell’Ordine degli Avvocati. A lui si deve l’iniziativa del centro studi: “Vi sono già diverse attività in programma, ad esempio vorremmo coinvolgere alcuni magistrati del tribunale che hanno svolto in passato la professione forense, per parlare di differenze e specificità rispetto al loro ruolo attuale”. Si pensa anche a un tributo alla memoria della saluzzese Lina Monge, prima avvocato donna iscritta all’ordine nella nostra provincia e poi a lungo giudice di sezione penale.
“Abbiamo bisogno dell’avvocatura perché senza avvocatura non c’è giustizia. Agli avvocati chiediamo di darci una mano a salvaguardare la Costituzione, di non affossarci” è l’appello venuto dal procuratore capo Onelio Dodero nello stesso convegno. Dodero ha rievocato il proprio rapporto personale con il giudice Caccioppoli e paragonato la sua figura al “mite giacobino” Alessandro Galante Garrone, secondo una definizione presa a prestito dal titolo di un libro di Paolo Borgna. Borgna, ex procuratore aggiunto a Torino, era a sua volta tra i relatori della conferenza, nel corso della quale ha tratteggiato una disamina dei rapporti storici tra avvocati e magistratura: “Ci vollero dieci anni dopo la proclamazione della Costituzione, prima che il difensore venisse autorizzato ad assistere agli atti preliminari di indagine, ma non ancora all’interrogatorio. Solo dopo una sentenza costituzionale nel 1970 arriverà questo ulteriore ampliamento delle garanzie dell’imputato. Oggi la difesa fronteggia altri e più subdoli nemici: la crisi dell’efficacia del processo, l’eccesso di offerta, le incertezze economiche dei più giovani e i conseguenti rischi di perdita dell’indipendenza. Difetti di sempre, ma amplificati dai numeri: gli avvocati erano 21mila nel 1947, oggi sono 240mila”.
“Da vent’anni - ha concluso l’ex pubblico ministero - si è spezzato il dialogo tra magistratura e avvocatura, il che è legato anche alle vicende politiche: è successo che alcuni avvocati fossero in grado di plasmare le leggi sulle esigenze dei processi e degli imputati che stavano seguendo, senza grandi opposizioni nell’avvocatura. La magistratura intanto si è arroccata a difesa della propria autonomia, finendo però per trincerarsi. La sua attuale solitudine è conseguenza dell’incapacità di fare i conti fino in fondo con il superamento irreversibile del modello di magistrato che i costituenti del ’46 avevano disegnato”.
Andrea Cascioli
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