Quando la disabilità non è un ostacolo: l’esempio del progetto FIS dell’Afp
Ieri in Confindustria un convegno sull’iniziativa che mira all’inserimento nelle aziende di persone con disturbi psichici: “Il lavoro non è solo reddito, ma anche integrazione""La vera pandemia sono i disturbi mentali, non il Covid. Per questo quella che avete fatto è una cosa straordinaria”. Così il dottor Francesco Risso, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl CN1 e dell’Azienda Ospedaliera “Santa Croce e Carle”, ha introdotto il convegno organizzato ieri, venerdì 24 gennaio, presso la sala “Michele Ferrero” della sede cuneese di Confindustria. La mattinata è stata dedicata al progetto di Formazione In Situazione (FIS), promosso da Afp - Azienda di Formazione Professionale di Dronero in collaborazione con la stessa Confindustria.
Che cos’è la FIS? Si tratta di un approccio innovativo e inclusivo pensato per favorire l’inserimento lavorativo di persone con disabilità psichica, che si concretizza nell’esperienza pratica direttamente sul posto di lavoro, con il supporto di tutor e professionisti.
A fare gli onori di casa, durante il convegno odierno, Stefania Bergia, responsabile del servizio Politiche del Lavoro e Welfare di Confindustria Cuneo: “Con il disability management abbiamo aperto una strada, siamo stati i primi a farlo. L’abbiamo fatto con grandi risultati, con inserimenti lavorativi laddove fino a qualche anno fa sarebbe molto difficile. Con la Formazione in Situazione, ora, facciamo un passo in più”.
Lavoro, casa e relazioni: i tre pilastri
Poi l’intervento del dottor Risso, che ha fatto da moderatore della mattinata: “Parliamo di un progetto straordinario, perchè è straordinario avere avuto questa sensibilità verso problemi che vivono ancora molti pregiudizi. Lavoro, casa e relazioni sono tre pilastri per i nostri pazienti”. Un problema, quello dei disturbi mentali, che diventa di anno in anno più attuale e che non può più essere ignorato: “Nonostante i disturbi mentali siano aumentati del 30%, prima causa di disabilità nel mondo occidentale, restano una cenerentola a livello di finanziamenti e personale. - ha detto il dottor Risso - Oggi una persona su tre ha un disturbo mentale che richiede un trattamento. L’Italia ha sempre fatto fatica da questo punto di vista: spendiamo per le malattie mentali il 2,5% del fondo sanitario, servirebbe almeno il 5%. E negli ultimi trent’anni la sanità pubblica è stata depredata dai Governi, sia di destra che di sinistra”.
A seguire l’intervento di Ingrid Brizio, direttrice generale dell’Afp: “Siamo qui oggi ad interrogarci su questo progetto e su questo approccio: è stato un successo? Io dico di sì. Un successo che si deve a tutte le persone che hanno collaborato: lo staff di Confindustria Cuneo, quello dell’Afp, insieme alle famiglie e alle aziende che hanno aderito”. A portare i ringraziamenti dell’Afp anche Federico Matteodo, direttore del Centro di Cuneo, che ha sottolineato l’orgoglio per la riuscita di questo progetto: “Nel nostro Centro eroghiamo corsi formativi nel settore benessere, è quindi significativo per noi promuovere anche questa iniziativa: significa imparare a prendersi cura delle persone in toto. Così com’è significativo ritrovarci a parlarne oggi, in occasione della Giornata Internazionale dell’Educazione”.
La tavola rotonda
La mattinata è proseguita con una tavola rotonda che ha visto confrontarsi gli attori coinvolti a vario titolo nel progetto FIS. Ad aprire il dibattito il dottor Andrea Barbieri, responsabile del Centro Diurno di Cuneo e della Comunità Terapeutica “Solaro” del Dipartimento di Salute Mentale, che ha anche ricordato la figura del dottor Franco Basaglia, a cent’anni dalla sua nascita: “Il tema è restituire autenticità alla vita di ciascuno, e questo passa attraverso il recupero del ruolo sociale. Questa era la battaglia portata avanti da Basaglia, alla base di tutti i processi che ha iniziato. Marginalizzare i sintomi, senza pensare a una guarigione, ma conviverci e puntare sulle parti sane che possono essere potenziate. In quest’ottica l’inserimento lavorativo è una partita importante, che dà significato sotto l’aspetto sociale e psicologico. Conferisce alla persona un ruolo attivo, un contributo riconosciuto da sé e dagli altri, dalla società stessa. Così si abbatte lo stigma che ancora caratterizza la malattia”.
Ad entrare nello specifico della Formazione in Situazione è stata la dottoressa Erica Laschi, referente del progetto e tutor formativo per l’Afp: “I ragazzi iniziano con 30 ore di aula per la formazione sulla sicurezza, poi si passa a uno stage direttamente in azienda da 400 ore. Afp ha sempre posto l’attenzione sulla prospettiva a fine stage: non chiediamo la garanzia di assunzione, ma chiediamo all’azienda di non escludere questa possibilità a priori. Il punto di forza di questo progetto è il tutoraggio: un tutor FIS affianca il tutor aziendale e segue la persona per tutto il tempo necessario. Orari e mansioni sono sempre concordati con l’azienda: il ruolo deve essere utile, non fine a se stesso. Si parte con un tutoraggio diretto in azienda, poi si passa a un monitoraggio telefonico. Al termine si fa una valutazione sulla possibilità di attivare un tirocinio o un contratto”. Un percorso impegnativo, ma dai risvolti importantissimi per la vita di chi lo sceglie: “Non nego che le difficoltà sono state tante, sia nel trovare utenti che aziende che decidessero di ospitare gli stage e comprendessero questo metodo, che ci credessero. La maggior parte delle persone che hanno intrapreso il percorso FIS oggi ha un contratto lavorativo: questo non significa solo reddito, ma anche socializzazione e integrazione nella comunità”.
Alessandra Dogliani, disability manager di Confindustria Cuneo, ha poi spiegato come l’organizzazione abbia “creduto in questo progetto fin dalla prima edizione”: “Il ruolo più difficile è mediare tra le esigenze della persona e i bisogni competitivi dell’azienda. Il nostro compito è stato anche comunicare alle aziende quanto l’inclusione porti una coesione nel gruppo di lavoro, un rafforzamento dei legami in azienda. Imparare facendo: possiamo semplificare così il FIS, un percorso che permette a persone con disturbi psichici di stare a contatto con un senso di normalità, di sviluppare relazioni nuove e un senso di appartenenza all’azienda, e ovviamente ottenere un reddito che può essere fondamentale nel completamento di un progetto di vita. Il contesto va preparato, dobbiamo dare all’azienda gli strumenti per crearlo, questo è in sostanza il mio ruolo".
Per il Consorzio Socio Assistenziale del Cuneese è intervenuto il dottor Nicola Banchio, referente del Servizio Integrazione al Lavoro: “Per noi questo progetto è stato un valore aggiunto. Un progetto che ha avuto successo perché tutti gli attori si sono messi insieme con il supporto di una formazione degli operatori. Rispetto al nostro normale inserimento lavorativo è importante l’orario massivo di tutoraggio, cosa che per noi sarebbe quasi impossibile: questo è un fattore di successo. Grazie alla rete che si è formata le persone con disturbi psichici possono accedere a cose che per noi sono scontate, come un lavoro e una casa".
A portare una testimonianza diretta del punto di vista delle aziende è stata poi la dottoressa Valeria Marinelli, Coordinatrice Diversità, Equità e Inclusione per Michelin Italia. Fondamentale, infatti, la disponibilità e l’impegno delle aziende disposte a mettersi in gioco: un ruolo che richiede sensibilità e dedizione, oltre a metodo e preparazione. Inserire in azienda persone con disturbi psichici non deve essere una scelta che si sente di dover accettare perché lo impone l’etica. Si punta sulla diversità perché aggiunge valore. L’esperienza della FIS ha dimostrato che il “Modello Cuneo” è efficace anche da questo punto di vista.
Tra le aziende che hanno aderito al progetto nelle sue (finora) tre edizioni, oltre alla citata Michelin (sei stage e sei contratti nello stabilimento di Cuneo), ci sono Alstom Ferroviaria (uno stage e un contratto); Albacatti Vivai (uno stage e un contratto); Associazione Scuola Materna Mons. Calandri (uno stage); Damilano (uno stage e un contratto); Hotel Lovera Palace (uno stage e un contratto); Nova Coop (uno stage e un contratto); Prestofresco (quattro stage e due contratti); Venchi (uno stage e un contratto).
La testimonianza di Sara
Al termine della tavola rotonda il momento più emozionante della mattinata. Sul palco è salita Sara Busè, accompagnata dal padre Eusebio: affetta da disturbo dello spettro autistico, Sara ha aderito al progetto FIS dell’Afp sostenendo uno stage alla Michelin e dallo scorso ottobre è stata assunta con regolare contratto. A parlarne è stata lei stessa: “Questa è stata la mia prima esperienza lavorativa. Avevo bisogno di lavorare per la mia crescita. All’inizio ci sono state difficoltà, credevo quasi che non ce l’avrei fatta. Poi la mia famiglia e i miei colleghi mi hanno dato la fiducia che mi serviva per non abbattermi. Oggi sono diventata una dipendente della Michelin e ho realizzato un sogno".
“Ho sempre insegnato a Sara ad affrontare gli ostacoli che trova. - ha detto il papà Eusebio - Non si sa mai se si riuscirà a superarli, ma è importante almeno provarci". Una storia, quella della famiglia Busè, più unica che rara: nel 2012 papà Eusebio decide di vendere tutto ciò che ha per acquistare una barca da dodici metri, creando nel frattempo l’associazione “Hakuna Matata”. Da allora dà vita al progetto “Sara” (Sostegno Ai Ragazzi Autistici), con cui ha portato a bordo centinaia di ragazzi, autistici e non, per far vivere loro in prima persona l’esperienza della navigazione e del lavoro che richiede la conduzione di un’imbarcazione. Senza avventure straordinarie, ma facendo sentire i ragazzi, Sara in primis, protagonisti di questa esperienza.
Il signor Busè ha poi ripercorso le tappe della vita di Sara: “Abbiamo avuto la diagnosi a due anni e mezzo, fino a quattro anni lei era completamente anaffettiva e non parlava. È importante la rete che si forma a supporto, che parte dal servizio sanitario nazionale: noi siamo sempre rimasti collegati a questa rete. Questo è un messaggio che voglio trasmettere anche alle famiglie che vivono situazioni come la nostra: non saremmo riusciti a fare tutto questo se non avessimo seguito i protocolli e le indicazioni dell’Asl”.
“Come famiglia ci siamo sempre sentiti seguiti, prima, durante e dopo il percorso FIS. - ha proseguito Eusebio Busè - Sara è stata seguita passo dopo passo, instaurando un rapporto quasi confidenziale che l’ha fatta sentire in un ambiente estremamente protetto. Noi spesso tendiamo a volere tenere i ragazzi nella loro zona di comfort: il lavoro invece li strappa da questo ambiente. Questo non è facile da accettare, ma se ci si riesce si ottengono risultati importantissimi. Questi ragazzi sono realmente inseriti nel processo produttivo. In Michelin non si sono inventati un posto di lavoro per Sara: ne occupa uno vero e proprio accanto ai suoi colleghi, che è diventata una squadra che ha anche l’obiettivo di proteggerla”.
A chiudere la mattinata altre testimonianze di alcune famiglie che hanno vissuto con i loro figli l’esperienza della FIS. Un progetto, per usare le parole della direttrice Brizio, che per Afp rappresenta senz’altro un successo. Un progetto che dimostra come la diversità possa diventare un valore, come la disabilità non debba necessariamente rappresentare un ostacolo.
Andrea Dalmasso
CUNEO cuneo - Confindustria - afp - FIS