Sette anni per il nuovo ospedale: ecco le tappe del cronoprogramma
Resta l’incognita sui costi e sui tempi per le autorizzazioni da Roma. Ora si pensa a cosa fare del “vecchio” Santa Croce: la funivia? È una possibilitàDopo la cabina di regia odierna si ritorna a parlare del cronoprogramma per il nuovo ospedale di Cuneo, ma stavolta con qualche certezza in più. Una, rilevante, riguarda i tempi di costruzione. Li indica Livio Tranchida, l’ex commissario dell’Aso, ora ufficialmente direttore generale: “La durata del cantiere è prevista in sette anni”.
Questo significa che se il bando di gara venisse pubblicato a luglio, come si ipotizza (o si spera, meglio), per fine anno si potrebbe arrivare all’affidamento dei lavori e all’apertura dei cantieri. Il termine di consegna ipotetico, a quel punto, sarebbe fine 2031. Che è un bel balzo in avanti, sia detto en passant, rispetto alla data indicata nella conferenza d’intenti dello scorso marzo, quando si parlava di dicembre 2028. Il cronoprogramma di allora, molto più ottimistico, restringeva a quattro e mezzo gli anni necessari per la costruzione. Ma era sembrato più un rigo tratto da un libro dei sogni che un’ipotesi concreta, già prima che succedesse tutto quello che poi è capitato: il terremoto delle dimissioni del precedente direttore generale, il subentro di Tranchida, le varie scosse di assestamento nell’organigramma dell’ospedale.
Voltiamo pagina, perché da adesso si fa sul serio. Il 2 febbraio ci sarà la convocazione della conferenza di servizi, che è il primo atto ufficiale dell’iter. In quella sede i vari soggetti interessati, in primis Comune e Provincia ma anche i Vigili del Fuoco, la Soprintendenza per le Belle Arti e molti altri, potranno vedere il progetto (ancora coperto da segreto) e metterci bocca. Tranchida vuole fissare un termine per l’acquisizione di tutti i pareri preliminari a marzo, in modo che il progetto di fattibilità tecnico-economica (Pfte) possa essere aggiornato dalla INC entro il 30 aprile. Dopodiché verrà convocato un tavolo con i primari, per entrare nel merito delle esigenze sanitarie: “Chi lavora nell’ospedale potrà quindi esprimersi prima della gara” sottolinea il direttore generale, in sintonia con l’assessore e il presidente della Regione. A differenza di Verduno, insomma, qui si vuole scongiurare il rischio di costruire sulla testa dei diretti interessati e malgrado il loro parere.
Per legge il Pfte dev’essere validato da un organismo terzo, indipendente dai decisori. Supponendo che il placet di questo organismo arrivi a giugno, a luglio si potrà sperare di ottenere il parere vincolante regionale e la dichiarazione di fattibilità: è l’ultimo step prima del bando di gara. Tutto a posto, quindi? Più o meno, perché c’è almeno una variabile su cui né l’azienda ospedaliera né la Regione possono influire: il via libera dei ministeri. E non è uno scoglio irrilevante, se pensiamo a quanti progetti - dalla variante di Demonte al completamento dell’Asti-Cuneo - si sono infossati nelle secche degli uffici romani.
Tranchida questo non se lo nasconde, così come non nega che sui costi continua a non esserci un punto fermo: “L’aggiornamento del Pfte potrebbe portare a una ulteriore modifica, in questa fase non siamo nelle condizioni di poterne parlare. Su indicazione dell’advisor Bocconi, le informazioni sono secretate”. Di certo c’è solo che l’ospedale e i privati che hanno proposto il partenariato stanno tirando sul prezzo, e lo faranno fino quasi all’ultimo giorno prima della gara. Anzi, al terz’ultimo, ovvero il termine per il cosiddetto financial closing, quando verranno stabiliti i tassi d’interesse definitivi: “I tassi sul mercato stanno seguendo una curva decrescente, perciò la proposta andava riadattata” spiega il direttore dell’Aso. Già durante la trattativa con l’advisor, i “suggerimenti” (così li definisce Tranchida, non si sa quanto eufemisticamente) si sono concentrati sul contesto finanziario: “L’advisor chiede di realizzare un ospedale che costi poco” taglia corto Alberto Cirio. “Ci sarà una rata da pagare, ma come per il grattacielo della Regione alla fine risparmieremo” assicura il governatore: e qui tocca dirgli soltanto, speruma.
La novità dell’ultima riunione è che ora si comincia a ragionare anche su cosa fare dell’attuale Santa Croce. “La Regione vuole mantenere la destinazione socio-sanitaria, i contenuti andranno declinati col Comune” fa sapere il presidente, e questo dovrebbe già evitare ulteriori timori. Cirio cita l’esempio degli ex ospedali di Alba e Bra, riconvertiti a case di comunità, ovvero sedi per tutti i servizi della medicina territoriale e di prossimità che non devono per forza essere collocati nella struttura ospedaliera. Nessuna cattedrale nel deserto, giura il politico di Sinio. Al Carle, intanto, il progetto è stato “sostanzialmente aggiornato e rivisto”, chiarisce l’assessore alla Sanità Luigi Icardi: sono previsti volumi in più rispetto alla precedente versione, perché un nuovo edificio che ospiterà i degenti del Carle durante la costruzione verrà poi adibito ad uffici. Si riaffaccia anche un’ipotesi suggestiva, già ventilata in passato: la funivia per unire l’altipiano alla futura sede unica di Confreria. “Il nuovo progetto ha le predisposizioni necessarie” conferma Tranchida, ma sarà un tema che eventualmente verrà trattato nella conferenza preliminare.
Andrea Cascioli
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