Social e adolescenti: in pericolo anche la salute mentale
“A un figlio non chiedete dove sei andato, ma cosa hai visto sui social”, dice Francesco Risso, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Cn1La vita degli adolescenti è sempre più condizionata dal rapporto che instaurano con i social media, nel bene e nel male. In un certo senso i social rappresentano uno strumento di conoscenza, danno la possibilità di imparare nuove lingue, studiare, conoscere ricette, mantenere i rapporti con le persone che non si vedono quotidianamente e avvicinarsi a luoghi del mondo lontani e sconosciuti. Ma sono anche un pericolo se non vengono usati consapevolmente. E spesso ai giovani - anche per una ragione puramente legata all’età e alla maturità - quella consapevolezza manca.
“A causa degli algoritmi, tali per cui se cerchi una cosa su internet poi ti verranno riproposti tanti contenuti su quell’argomento, i social possono rappresentare anche un fattore di rischio”, dice Francesco Risso, direttore del Dipartimento di Salute Mentale interaziendale dell’Asl Cn1 e dell’Azienda Ospedaliera “Santa Croce e Carle” di Cuneo: “Se un ragazzo o una ragazza cerca sui social immagini di autolesionismo, suicidio, diete ferree per dimagrire, automaticamente l’algoritmo ti presenterà in futuro contenuti relativi a quei temi. In questo senso, le piattaforme come TikTok sono molto pericolose perché possono riproporre anche immagini e video violenti o dannosi per l’utente”.
Tra i ragazzi adolescenti (12-24 anni) si sta verificando un malessere crescente, aumentato in particolare con l’avvento della pandemia quando sono venuti meno i legami sociali che normalmente si creavano in ambiente scolastico. Quel disagio però non è destinato a fermarsi senza un intervento efficace. Nel 2023, spiega Risso, ci sono stati novanta ricoveri di adolescenti nei reparti per adulti (come la psichiatria) e cinquanta nelle pediatrie: “Sono sempre di più i giovani che soffrono di depressione, disturbi dell’umore, che fanno uso di sostanze, prime tra tutte l’alcol e le droghe che spesso ancora non conosciamo. Il problema è che non esiste un luogo apposito per ricoverarli nella nostra zona, i reparti per gli adulti non sono adatti a loro, ma nemmeno le pediatrie. In Piemonte c’è il Regina Margherita, ma ormai riesce a servire solo la zona di Torino e dintorni”.
Spesso sui social circolano video e immagini di ragazze e ragazzi bellissimi, con una corporatura perfetta che risponde a canoni inarrivabili, con una pelle senza imperfezioni, che possono essere fonti di disagio per le persone vulnerabili. Qualche anno fa erano molto diffusi i cosiddetti gruppi pro-ana, che su Whatsapp, Telegram e Kik, riunivano persone che volevano perdere peso velocemente, molte di queste malate di anoressia o bulimia nervosa. “Adesso quei gruppi non ci sono nemmeno più - continua Risso - ma al loro posto sono diffusi sui social video di persone che dicono come controllare maniacalmente il proprio peso. Il problema è che chi ha già una vulnerabilità rischia di ammalarsi. In Italia nel 2023 sono morte quattromila persone di anoressia, alcune suicide e altre a causa di arresti cardiaci perché il loro fisico era già debilitato. Anche il Cuneese è stato molto colpito”.
Un ruolo importante può essere svolto dalla scuola e dai genitori. “La domanda da rivolgere ai figli non dovrebbe più essere dove sei andato, ma cosa hai visto sui social”, afferma il direttore Risso. Dato che non c’è una regolazione stringente dei contenuti che girano su internet, sarebbe necessaria un’educazione che implichi un approccio sano all’uso della rete e dei social: “Per le famiglie sicuramente non è facile, ma bisogna riuscire a esercitare un minimo di controllo e verificare cosa vedono i propri figli sui propri smartphone. In alcuni casi è possibile che assistano sui social a violenze, pornografia, episodi di cyberbullismo, autolesionismo, suicidio e disturbi alimentari. È una mission difficilissima però bisogna cercare di stare con le antenne dritte”. Importante è l’aspetto di sostegno genitoriale, che in Italia è venuto a mancare da un po’ di anni: “Senza politiche di sostegno famigliare è sempre più difficile per i genitori. Ma lo stesso discorso vale anche per la salute e la scuola, sono trent’anni che sia da destra che da sinistra non si investe in questi settori”.
Un’indagine di Altroconsumo condotta nel 2023 ha sottolineato che un’alta percentuale di genitori, pari al 73% del campione, si fida del comportamento dei figli su internet. Spesso gli adulti, che non sono nativi digitali, sono inconsapevoli della mole di contenuti che si possono creare, vedere e condividere in rete e ne sottovalutano le conseguenze negative sul benessere psicologico ed emotivo dei figli. Ma gli effetti ci sono: dall’indagine, infatti, emerge che il 63% del campione giovane dice di soffrire di problemi legati alla sfera emotiva in seguito alle proprie attività online (ansia, sbalzi d’umore, ira).
Un aspetto importante in questo senso è rappresentato dalla prevenzione, quindi dall’educazione, per evitare che l’accesso a internet abbia conseguenze negative sulla sfera emotiva e psicologica dei ragazzi. “Bisogna fare un grande investimento, in particolare sulla prevenzione della salute mentale - conclude Risso -. Ma la sanità da sola può fare solo un pezzo, è la collettività tutta ad avere un ruolo”.
Micol Maccario
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