"Tra i bianchi di scuola": Esperance Hakuzwimana ha presentato il suo ultimo libro a Dronero
Ospite della rassegna letteraria "Ponte del Dialogo", la scrittrice ha raccontato la sua storia e ha parlato del volume che vuole essere "un messaggio corale per una scuola più aperta"Si comincia con l’appello. “E se non hai un nome o un cognome come gli altri, ma più difficile da pronunciare, l’insegnante si ferma, magari ride, si crea un momento di imbarazzo. E tu, che sei un bambino che ha la sola urgenza di sentirti uguale a tutti gli altri, speri solo che finisca in fretta, che lo saltino il tuo nome, perché sei già quello diverso, quello che scatena le risate e l’imbarazzo”. Esperance Hakuzwimana, scrittrice italiana di origini ruandesi adottata da una famiglia bresciana quando aveva 3 anni, questa situazione l’ha vissuto sulla propria pelle. Questa, come tante altre che spesso rendono difficile il percorso scolastico di ragazzi e ragazze con un background migratorio. Ad un certo punto della sua vita, ha deciso di raccoglierle, unendole a tante altre storie simili, e inserirle in un libro, dal titolo “Tra i bianchi di scuola – Voci per un’educazione accogliente”, che Esperance ha presentato a Dronero all’interno della rassegna letteraria “Ponte del Dialogo”.
Durante l’incontro, svolto presso l’Istituto Comprensivo di Dronero e aperto dall’intervento della consigliera regionale cuneese Giulia Marro, l’autrice ha raccontato la propria storia, quella di una bambina nata nel 1991 in Ruanda, negli anni del genocidio, e arrivata in un paese del bresciano “in cui ero l’unica bimba nera e tutti sapevano la mia storia, quello che avevo perso e quanto avevo sofferto, togliendomi la possibilità di presentarmi, farmi conoscere”. Dopo aver lottato con “gli adulti” che prendevano sempre poco sul serio la sua voglia di scrivere, e aver completato un percorso scolastico vissuto quasi come “un conto alla rovescia”, Esperance ha deciso di assecondare la propria grande passione, iscrivendosi ad una scuola di scrittura a Torino (dove oggi vive) e riuscendo a diventare una scrittrice. Prima di “Tra i bianchi di scuola” ha pubblicato “E poi basta. Manifesto di una donna nera italiana” in cui racconta la propria storia, “Tutta intera”, il romanzo d’esordio, e il libro per bambini “La banda del pianerottolo”.
Leggendo alcuni passaggi del volume, a Dronero ha spiegato come è nata l’idea del suo ultimo lavoro: “Durante il tour di presentazione di ‘Tutta intera’, tanti insegnanti ed educatori mi si avvicinavano, chiedendomi consigli su come gestire alcune situazioni in classi sempre più multietniche. Così ho preso a cuore la situazione scolastica italiana, che sta vivendo un tracollo senza fine, ho studiato le carte ministeriali e ho deciso di scrivere un libro che avesse un messaggio corale. Mi chiedevo come fosse possibile che i bambini arrivassero alle elementari contenti e pieni di entusiasmo, e li ritrovassi alle superiori con la voglia di andarsene da questo Paese, ‘che non mi rappresenta’”.
Ecco allora la questione del nome e del desiderio che l’insegnante non si fermi ridacchiando quando arriva al tuo, così difficile da pronunciare e diverso da quello degli altri, tanto da accettare che venga “italianizzato” purché si vada oltre. O della lingua, “che non è solo grammatica, ma esistenza intera di una famiglia, di una tradizione, di un popolo. Spesso ai bambini viene chiesto di parlare solo l’italiano, non capendo che così facendo li si fa rinunciare ad una parte di loro, alla possibilità di mantenere accesa la memoria, di conservare vivo e saldo un apparato di identità che non si vede, ma c’è. Io stessa, quando finalmente l’estate scorsa ho trovato la forza per tornare in Ruanda e ho capito che non avevo il lessico adeguato per comunicare con la famiglia che mi ha messo al mondo, ci sono rimasta molto male: questa cosa ha tolto una parte di me”.
Ponendo l’attenzione su diversi temi attraverso le voci di tanti ragazzi e ragazze, “Tra i bianchi di scuola” prova a dare “piccoli suggerimenti su come porci verso gli altri ed anche con noi stessi nella vita di tutti i giorni” per immaginare una scuola più aperta e accogliente. Non integrata, parola che Esperance proprio non sopporta: “Per me è impronunciabile, vecchia e antiquata. Quella giusta è interazione”.
Gabriele Destefanis

Dronero - Ponte - dialogo