Un futuro per la castagna: nella Granda i castagneti sono cresciuti del 20% in un decennio
La maggiore concentrazione nelle vallate monregalesi, ai piedi della Bisalta, nelle valli Stura e Vermenagna. In crescita anche gli impianti di pianuraCon una crescita del +20% in 10 anni di castagneti da frutto in Provincia di Cuneo e importanti prospettive di sviluppo sul mercato per ridurre la dipendenza dall’estero dell’Italia, primo Paese importatore al mondo con 73 milioni di euro di castagne importate nel 2023, la castanicoltura si candida a diventare protagonista dell’economia agricola cuneese. È quanto emerso dal convegno “Castanicoltura: l’evoluzione tra mercato e valorizzazione” organizzato da Coldiretti Cuneo in occasione della 25esima Fiera nazionale del Marrone, cui hanno partecipato un centinaio di castanicoltori.
Al convegno, presso la sede provinciale della Coldiretti, sono intervenuti Sara Tomatis, assessore a Manifestazioni, Turismo e Metro Montagna del Comune di Cuneo, Fabiano Porcu, direttore di Coldiretti Cuneo, Luciano Trentini, vice presidente del Centro di Studio e Documentazione sul Castagno e vice presidente di Eurocastanea, Simone Marchisio, tecnico dell’Agenzia 4A di Coldiretti Cuneo, e Franco Parola, responsabile Servizio Ambiente e Territorio di Coldiretti Cuneo.
Come ha evidenziato Trentini, il quadro mondiale della castanicoltura vede concentrarsi in Asia l’82% della produzione, con la Cina in testa, seguita dall’Europa (17%); l’Italia è il terzo Paese produttore sul continente europeo dopo Turchia e Spagna, tallonata da Grecia e Portogallo. Rispetto agli anni ’60 la produzione nazionale è crollata, con un picco minimo fra 2014 e 2015: c’è lo spazio commerciale - evidenzia Coldiretti Cuneo - per recuperare quanto perso negli anni, e lo conferma il fatto che l’Italia è il primo Paese importatore al mondo con 73 milioni di euro di castagne importate nel 2023.
Al contempo, il nostro Paese fa segnare ottimi risultati nell’export. Infatti, pur vendendo oltre confine bassi quantitativi, circa 15.000 tonnellate contro i 37.000 della Cina, le esportazioni valgono circa 65 milioni di euro, posizionando l’Italia al secondo posto nel mondo dopo il Paese del Dragone, segno che il valore del patrimonio castanicolo tricolore è importante e riconosciuto fuori dai nostri confini e ci sono margini importanti di crescita per i castanicoltori cuneesi e italiani, anche per ridurre la dipendenza dall’estero.
La castanicoltura cuneese - ricorda la Coldiretti - conta oggi oltre 2.000 aziende e 4.100 ettari di superficie coltivata. Le maggiori concentrazioni di castagneti si registrano nelle vallate del Monregalese e Cebano (1.187 ettari), ai piedi della Bisalta (533 ettari), in valle Stura (331 ettari) e in valle Vermenagna (320 ettari). Seguono la valle Grana, la valle Po, la valle Maira, la valle Varaita e, a distanza, la valle Gesso. Nell’ultimo decennio - spiega Coldiretti - i castagneti cuneesi sono aumentati in superficie del 20% grazie alla realizzazione di nuovi impianti in pianura, dove oggi arrivano a coprire una superficie di circa 700 ettari; nel territorio comunale di Cuneo, ad esempio, la superficie coperta da nuovi impianti è aumentata di 107 ettari in meno di vent’anni.
Si tratta di impianti di castagne ibride eurogiapponesi (Bouche de Betizac), varietà molto produttive che offrono una redditività importante, anche grazie alle quotazioni interessanti registrate negli ultimi anni, a fronte di un basso costo di realizzazione dell’impianto e di una bassa richiesta di manodopera, che hanno reso i castagneti un buon sostituto a frutteti di specie in crisi come pesco e kiwi. Ma, come è emerso nel convegno Coldiretti, sono molte le idee e le esperienze di successo trasferibili dalla pianura alla montagna, dunque adattabili ai castagneti tradizionali, a cominciare dalla gestione della difesa fitosanitaria senza uso della chimica, ad esempio ricorrendo alla confusione sessuale o all’uso dei nematodi, parassiti naturali degli insetti dannosi per il castagno, per attuare una lotta biologica.
È, inoltre, necessario - sottolinea Coldiretti Cuneo - trasferire il concetto di irrigazione con spruzzo sotto-chioma, sviluppato nei castagneti di pianura, anche nei castagneti in collina e montagna, almeno dove possibile, per mantenere alte le performance qualitative; allo scopo è essenziale realizzare micro-invasi, ossia bacini di accumulo per stoccare l’acqua piovana e distribuirla in piccoli comprensori attraverso una rete di tubature in pressione, così da azzerare i costi di pompaggio degli impianti di irrigazione a pioggia. Infine, c’è bisogno di lavorare sulla promozione per accelerare il consumo di marroni e castagne locali di alta qualità, a cominciare dall’IGP Castagna Cuneo, perché, come emerge da un’elaborazione del CSO Italy, solo il 27% delle famiglie italiane acquistano almeno una volta all’anno questi prodotti.
“Il riconoscimento IGP che la Castagna Cuneo vanta dal 2006 ha scontato difficoltà nel corso degli anni ad emergere sul mercato. Con le recenti modifiche al disciplinare di produzione, che rendono più agevole l’accesso al marchio, auspichiamo un utilizzo sempre più diffuso dell’IGP da parte di tutti gli operatori della filiera per portare sul mercato nazionale ed estero un prodotto di grande eccellenza e riconoscergli il valore che merita” dichiara Enrico Nada, presidente di Coldiretti Cuneo. “In Provincia di Cuneo ereditiamo una castanicoltura nata secoli fa per esigenze di sostentamento della popolazione, ma che oggi ha tutti i requisiti per rifondarsi e proporsi con nuove opportunità economiche, diventando un vero protagonista del nostro sistema agroalimentare” conclude il direttore di Coldiretti Cuneo, Fabiano Porcu.
c.s.
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