L'attore di Saluzzo che ha “battuto” Luca Ward
Mario Bois è stato premiato al Festival “Corti in Cortile” di Catania per il suo cortometraggio: “Ha grande capacità recitativa”Dal 21 al 25 settembre ha avuto luogo a Catania la quattordicesima edizione del Festival Internazionale del Cortometraggio “Corti in Cortile”, un evento nato con lo scopo di dare visibilità agli autori emergenti, italiani e internazionali, attraverso la proiezione dei cortometraggi in gara. Al festival, l’attore saluzzese Mario Bois ha vinto il premio come “Miglior attore 2022” con il suo cortometraggio “FIORI”, con la seguente motivazione: “Il protagonista è il cuore del cortometraggio. Ne assume i colori e le sfaccettature, dimostrando una grande capacità recitativa, sensibilità attoriale e complessità del personaggio”.
Cosa ti ha portato a fare l’attore?
"La recitazione è sempre stata una delle mie passioni più grandi. Ho iniziato da piccolissimo con la curiosità che contraddistingue i bambini e che è, d'altronde, uno degli ingredienti principali per fare l’attore. Ho iniziato all’età di sei anni, con una classica recita alle scuole elementari, e da quel momento non ho mai più abbandonato la recitazione, nel teatro prima e nel cinema dopo. Mi sono anche avvicinato alle rievocazioni storiche, in particolare al gruppo storico del saluzzese, dove ho avuto di rapportarmi con il teatro di strada, con le persone in piazza e con la situazione principale del teatro che è l’essere nel qui e ora. In quel momento l’attore dev’essere pronto a dare quello che il pubblico è lì ad attendere. Il fatto di voler continuare a recitare è nato dal piacere, conseguente alla curiosità, di poter conoscere e fare esperienza di tante vite e tanti mondi diversi. È quello che in fondo fa anche Manfredi Ricci, il protagonista di “Fiori”, che esce dal suo piccolo nido e leggendo i bigliettini dei mazzi di fiori cerca di curiosare nelle vite degli altri. L’attore fa un po' questo, cerca di curiosare nella realtà di altri personaggi, diventando poi di fatto uno di loro. Non si limita mai, si è, si diventa, ed è questo uno degli aspetti che sicuramente affascina e che crea il piacere nell’attore, il fatto di poter essere in mille situazioni diverse per poi tornare a essere sé stessi, una volta dismessi i panni del personaggio".
Qual è stata l’esperienza più significativa della tua carriera?
"Ogni esperienza che mi viene proposta la vedo come un’occasione per mettermi in gioco, sperimentando ogni volta linguaggi diversi del mondo dello spettacolo come il cinema, il teatro e il doppiaggio. Ci sono state tante esperienze che mi hanno sorpreso e stupito più di altre, ma ogni volta che entro in scena o sono sul set mi batte forte il cuore perché faccio una cosa che mi piace, la passione e l’entusiasmo sono, senza dubbio, gli ingredienti principali. A partire da “FIORI” ci sono state tante esperienze positive nella mia carriera: aver preso parte a film con attori di fama internazionale dai quali ho imparato molto. Aver avuto la possibilità di partecipare a workshop con attori dell’Actor’s Studio americano come Danny Lemmo e Michael Margotta piuttosto che della scuola russa. Ho avuto la fortuna di vivere esperienze significative con attori come Michele Placido, Barbora Bobul’ová, Penelope Cruz, Salemme, Ficarra e Picone. Aver partecipato a film diretti da Massimo Cappelli, al film dei fratelli Taviani “Una questione privata” e molte altre rappresentazioni in cui si unisce il teatro alla musica e la poesia alla musica. Molto spesso le più grandi soddisfazioni sono avvenute nella formazione: tuttora continuo a formarmi con la NIPAI, un’università berlinese che organizza corsi in Europa legati alla recitazione, al teatro fisico e alla preparazione dell’attore. Un’altra grande emozione è stata la vittoria del Premio Internazionale di Regia per “La notte prima del processo” di Anton Cechov. Con mio grande stupore, tra l’altro, a consegnarmi il premio è stato proprio Sergei Ostrenko, uno dei miei insegnanti dell’università di Berlino. Ho poi avuto l’onore di ricevere un premio dalle mani di Rutger Hauer, grande interprete di Blade Runner, del quale mi aveva colpito, al di là della sua grandezza come artista, il suo modo di vedere la vita: mi aveva confessato di viaggiare per l’Europa con una casa mobile. E ancora il doppiaggio di alcune canzoni dei cartoni animati “Uffa! Che pazienza” per Rai2, un’esperienza molto bella condivisa insieme a Enrico Sabena. E, per concludere, un audiolibro, nato per l’associazione “I Sogni dei Bambini” e per “Unione Italiana Ciechi”, intitolato “Nel tempo di un caffè”, scritto da me e Matteo Cadorin e registrato nella Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo, nella quale tengo lezioni di recitazione".
Cosa simboleggia per te questa recente vittoria al Festival Corti in Cortile di Catania?
"Questa vittoria è stata un’assoluta sorpresa. “FIORI” era in nomination tra i finalisti in programma del Festival, ma non c’era alcuna candidatura per gli attori. Per questa ragione io non sapevo neanche di essere fra i candidati. La vittoria mi ha fatto molto piacere e ricevere un riconoscimento di questo calibro, in un contesto pieno di attori di fama nazionale e internazionale, è stato incredibile. Essere in nomination con attori che hanno una lunga esperienza alle spalle, come Luca Ward e Lino Guanciale, con i quali si può avere uno scambio di professionalità ed esperienza, è la ricchezza più grande di questi riconoscimenti. Il punto non è arrivare primo ma che l’impegno che c’è stato dietro venga riconosciuto e condiviso".
Quale consiglio daresti a giovani aspiranti attori?
"Innanzitutto, vorrei ricordare che noi siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Non lo dico io ma Shakespeare. Dobbiamo continuare a coltivare i nostri sogni mantenendoli vivi e cercando di realizzarli con tutto noi stessi, anche quando le cose non sembrano andare per il verso giusto. Dal punto di vista artistico, poi, è importante ricercare la verità. Noi, come attori, dobbiamo sempre metterci in gioco con la verità dei personaggi, senza rifarci a stereotipi che pensiamo possano essere graditi dal pubblico. Dobbiamo fare il nostro, essere veri e autentici, solo in questo modo coinvolgeremo veramente il pubblico, portandolo in viaggio con noi. Questo sia in teatro che nel cinema. Solo in questo modo potremo avere uno scambio di emozioni portando un messaggio, che è anche un po' il fine dell’arte in sé, avere la possibilità di dire qualcosa e non fare dei prodotti fini a sé stessi per cercare di “farci belli”. Non si fa arte solo per il piacere di essere qualcuno. Il terzo suggerimento che mi sento di dare, per l’appunto, è quello di rimanere umili e volare basso, perché la soddisfazione vera è interiore. Spero che riuscirete a esaudire tutti i vostri sogni".
Redazione

Saluzzo - Mario Bois