Saluzzo, Max Gazzé incanta il pubblico nella città natale di suo padre
Circa duemila persone per il concerto del cantautore romano nel nuovo polo culturale dell'ex Caserma Musso"Una musica può fare cantare" e riempire il cortile del nuovo polo culturale "Il Quartiere", l'ex "Caserma Musso", di Saluzzo, in una calda sera di settembre, se la musica è quella di Max Gazzé. Ad aprire il concerto e scaldare il pubblico, la cantautrice romana Mille che, con la sua voce grintosa, la sua chitarra rosa e il suo look, ha saputo trasportare tutti nel suo immaginario d'altri tempi. Dopo di lei, è l'attesissimo Max Gazzé, con il suo basso, a prendere possesso del palco. Insieme a lui, accolti da un abbraccio di applausi, Cristiano Micalizzi alla batteria, Max Dedo al trombone, flicorno e chitarra acustica, Daniele Fiaschi alla chitarra elettrica e Clemente Ferrari al pianoforte e sintetizzatori. Il concerto inizia: risuonano nel buio le prime note di "Raduni Ovali" e quando i riflettori sul palco si accendono illuminano i musicisti e i tanti visi delle persone, circa duemila, che hanno riempito il cortile. Prima di continuare con il live, Gazzé racconta il suo legame con la città: "Per una serie di coincidenze, il 31 maggio 1929, un certo Enzo Gazzé nacque a Saluzzo. Era mio padre. Mio nonno era in missione, viaggiava molto per l'Italia ed è rimasto quattro anni qui. Oggi giravo per la città e ho visto dei posti meravigliosi, anche se in due ore di tempo non ho potuto vedere molto. Mi farebbe piacere, un giorno, venire a ricalcare i percorsi dove l''infante padre' ha vissuto per quattro anni". La musica ricomincia con una scaletta che accende il pubblico e ripercorre la carriera e i maggiori successi dell'artista con pezzi come "Vento d'estate", "Il solito sesso", "Cara Valentina", "Il timido ubriaco", "Annina", "La vita com'è" e "Considerando". O ancora "Mentre dormi", nella colonna sonora di "Basilicata coast to coast", film in cui Gazzé debutta come attore, e "Il farmacista", dove quel "si può fare" del ritornello è un riferimento alla battuta del dottor Frankestin di "Frankenstein Junior" di Mel Brooks. Tanti tra il pubblico i veri fan, quelli più devoti, che conoscono e cantano tutti i pezzi a memoria. Altri, pur apprezzando il cantautore, sono lì per godersi un ultimo concerto di fine estate dopo due anni di pandemia e restrizioni. Nelle prime file anche un tifoso che, ogni tanto, abbassa lo sguardo sul cellulare per monitorare i risultati di Napoli – Liverpool, per rialzarlo non appena inizia un pezzo che gli piace. È "Una musica può fare", ultima canzone della scaletta, a chiudere due ore di concerto. Un testo che parla del potere della musica, che può essere salvifico e liberatorio. E ieri sera bastava guardarsi intorno, guardare gli occhi incantati e ascoltare le voci di chi era tra il pubblico, nel cortile illuminato dai riflettori del palco, e dalla luna, per vedere quello che "una musica può fare".
Francesca Barbero

Saluzzo