“Ad ogni salto di tecnologia il campo elettromagnetico emesso dalle antenne e dai dispositivi telefonici si riduce”: detto in altri termini, il 5G è meno ‘impattante’ delle tecnologie che lo hanno preceduto.
A dirlo è il funzionario dell’Arpa Piemonte
Flavio Corino, intervenuto nella seduta congiunta della III e V Commissione consiliare del Comune di Cuneo dedicata al tema del 5G. La questione fa discutere da quando nel settembre scorso i consiglieri hanno approvato all’unanimità - in versione emendata - l’ordine del giorno presentato da
Beppe Lauria sui
possibili rischi per la salute legati all’introduzione della nuova tecnologia telefonica in città. Un’eventualità che per il momento non esiste nemmeno come ipotesi, ha ribadito l’assessore all’Innovazione
Domenico Giraudo: il capoluogo della Granda infatti non fa parte dell’elenco di 120 comuni che due anni fa l’Agcom ha individuato come sedi della sperimentazione.
Tuttavia, l’Arpa si è messa a disposizione degli amministratori locali per chiarire le questioni in sospeso. In Italia sono state messe ad asta tre diverse bande di frequenza per il 5G: la prima, quella da 3,7 MHz, è già attiva da circa un anno e mezzo ma attende ancora un vero sviluppo di rete. Al momento in Piemonte esistono un centinaio di impianti per assicurarne la copertura per gli smartphone. La seconda banda da 700 MHz verrà attivata dal 1 luglio 2022 quando saranno liberate le frequenze ora in uso alle TV: questa banda servirà a coprire soprattutto i piccoli comuni. Infine c’è la terza banda da 27 GHz, la più potente e ricca di sviluppi nel cosiddetto ‘Internet delle cose’ ma anche quella su cui le compagnie hanno scommesso di meno: non si sa ancora, infatti, entro quanti anni diverrà operativa.
Dal punto di vista dell’inquinamento elettromagnetico, si può notare in primo luogo che sull’intero territorio regionale i tralicci sono aumentati da circa 500 a 8mila nell’arco di tempo compreso fra il 2000 e il 2018. Il 95% della popolazione piemontese però è esposta a livelli di campo elettromagnetico inferiori agli 0,5 volt al metro: per capire cosa ciò significhi bisogna considerare che in Italia il limite legale è di 20 volt al metro (il più basso in Europa, dove la media si aggira sui 61 V/m) e la soglia di attenzione individuata dall’Arpa è pari a 6 V/m. È dunque molto significativo il fatto che a fronte di un incremento di sedici volte del numero di tralicci i livelli di esposizione della popolazione si siano mantenuti costanti.
Merito dell’evoluzione tecnologica, appunto: se un impianto 2G emetteva all’incirca 60-70 Watt e un 4G attuale arriva a 20-30 Watt, gli impianti 5G al momento sono tutti sotto i 10 Watt in termini di potenza d’antenna. C’è di più, sottolinea Corino: “La novità del 5G è che l’antenna non irradia più indiscriminatamente il segnale di copertura ma si mette in contatto solo con i dispositivi in utilizzo: si chiamano antenne ‘smart’, definizione impropria che però rende l’idea della potenza che si irradia solo sui reali utilizzatori”. Allo stato attuale, nella Granda sono solo tre gli impianti 5G che hanno ottenuto il via libera dell’Arpa (cui deve seguire l’autorizzazione del Comune): due si trovano ad Alba e uno a Boves.
Se l’avanzamento tecnologico è indubbio, resta comunque in sospeso la valutazione dal punto di vista sanitario. A sottolinearlo è Ugo Sturlese, medico e consigliere di Cuneo per i Beni Comuni: “Ci sono studi in letteratura medica che dimostrano le possibili conseguenze negative. Lo stress ossidativo che si viene a determinare sui nervi periferici può portare effetti epigenetici, in grado cioè di cambiare nell’arco del tempo la genetica delle patologie”. Un aspetto su cui il funzionario Arpa invita a essere cauti: “Non esisterà mai una prova definitiva, ma la proporzione tra gli studi che indicano una presunta nocività e quelli che non hanno trovato nulla è fortemente a favore dei secondi. L’unica banda su cui avrei qualche remora è quella dei 27 GHz che però non verrà ancora implementata: in ogni caso, i telefonini TACS con l’antenna estraibile utilizzati fino a un quindicennio fa erano molto più dannosi”.
Nei prossimi cinque o sei anni il 5G si andrà ad affiancare - senza sostituirlo - al 4G, garantendo un flusso di dati molto maggiore: “La modulazione, cioè quel che differenzia i vari 2G, 3G, 4G e 5G, non conta niente dal punto di vista della salute. Quello che cambia la valutazione sono la frequenza e l’intensità”. Per questo, conclude Corino, “dobbiamo fare molta attenzione non all’antenna di telefonia, ma ai nostri dispositivi: qui è il vero nocciolo della questione”.