Quella morte non fu un omicidio provocato da una precedente aggressione, e i vicini di casa della presunta vittima hanno pagato soltanto la colpa di abitare in un posto dove era difficile reperire altri sospettati. È il succo delle conclusioni offerte dagli avvocati difensori di Stefano Giordano e Osvaldo Audisio nel corso delle quattro ore di arringa davanti alla Corte d’Assise di Cuneo.
Più che una difesa un lungo atto d’accusa, quello pronunciato dai legali che hanno assistito nel processo i due entracquesi imputati per l’
omicidio preterintenzionale di Angelo Giordana. Accuse rivolte al modo in cui gli investigatori hanno portato avanti le indagini sulla morte dell’agricoltore e al supposto accanimento della Procura su ipotesi mai dimostrate. Il 20 gennaio 2017 Giordana venne trovato nudo, in posizione supina, sul pavimento di casa sua nella borgata di Tetti Dietro Colletto. Causa della morte è un assideramento, che lo avrebbe colpito appena rientrato nell’abitazione.
“Qui bisogna innanzitutto capire se c’è stato un delitto, se cioè le lesioni sul corpo di Giordana siano state causate da qualcuno” ha esordito l’avvocato Vittorio Sommacal, che insieme a Francesca Quaranta rappresentava Audisio:
“Tre medici legali sui quattro ascoltati dicono che le ferite sono compatibili con una caduta dalla scala. Nemmeno il consulente della Procura lo esclude”.
Sommacal punta il dito su ciò che è accaduto tra l’autopsia e la richiesta di rinvio a giudizio:
“Il video dell’esame autoptico mostra i medici concordare sul fatto che il defunto si sia svestito da solo, dopo essere rimasto vittima di un fenomeno noto come ‘svestimento paradosso’. Nessuno avanza una sola parola sull’ipotesi dell’omicidio”. Lo
‘svestimento paradosso’ è l’istinto a denudarsi nel momento in cui crollano tutte le difese corporee dal freddo: nella medicina artica esiste una cospicua letteratura a riguardo, alla quale si sono rifatti i periti delle difese per rendere ragione del fatto che quell’uomo avesse sentito il bisogno di levarsi tutti i vestiti in pieno inverno. Un fatto che la Procura spiega invece con il tentativo dei due presunti aggressori di ‘confondere le acque’ dopo aver pestato Giordana fino a causarne la morte.
Ad avvalorare l’ipotesi dell’omicidio preterintenzionale, per il quale sono stati chiesti
dodici anni di condanna per entrambi gli imputati, sarebbero secondo i sostituti procuratori Chiara Canepa e Carla Longo una serie di indizi: a cominciare dalle numerose tracce ematiche ritrovate sulla scena e dal rinvenimento di un bastone di circa 90 centimetri sporco di sangue. Ma le macchie - comprese quelle sul bastone - sono tutte da gocciolamento, obiettano le difese:
“Vogliamo veramente credere - continua Sommacal -
che nell’ipotesi di un’aggressione prolungata gli assalitori non avrebbero lasciato una sola traccia?”.
Nessuna impronta o traccia biologica tra quelle repertate collega Audisio e Giordano alla scena del supposto crimine e questo è senza dubbio un grosso argomento a sostegno dell’innocenza dei due. Nemmeno ipotizzando che di omicidio si sia trattato, comunque, sarebbe lecito concludere che gli unici ad avere il movente e l’occasione fossero i due imputati, i soli residenti stabili della borgata insieme al defunto Giordana: “Chiunque poteva salire da Entracque senza venire registrato, perché le telecamere si trovano più a valle” conferma l’avvocato Federico Morbidelli, che insieme a Michele Parola ha assistito Giordano.
Quest’ultimo è apparso fin da principio il ‘sospettato perfetto’ agli occhi degli investigatori: i suoi screzi con l’anziano vicino erano noti a tutti in paese ed erano
sfociati più volte in liti violente, con tanto di denunce. Tutte storie vecchie, obietta Morbidelli:
“I rapporti ostili tra i vicini negli ultimi anni erano mutati in una sorta di silenziosa indifferenza. È un dato oggettivo, perché l’ultima denuncia di Giordana risale al 2011”. In compenso,
“nessun approfondimento è mai stato ordinato da chi conduceva le indagini sui visitatori occasionali di Giordana in borgata”.
Ma è tardi ormai per ipotizzare altre piste. Ora tutto è nelle mani dei sei giudici popolari che insieme al presidente Elisabetta Meinardi e al giudice a latere Massimo Scarabello si esprimeranno il 31 gennaio.