Avrebbero picchiato l’anziano vicino di casa in due al culmine di una violenta lite, lasciandolo stordito al freddo fino al sopraggiungere dell’assideramento. Poi, accortisi che l’uomo era morto, avrebbero messo a soqquadro la sua abitazione, arrivando a svestire il cadavere, nella speranza di confondere le tracce.
Questa è in sintesi la ricostruzione offerta dai sostituti procuratori Carla Longo e Chiara Canepa riguardo agli eventi che portarono alla
morte di Angelo Giordana, l’agricoltore 76enne residente in borgata Tetti Dietro Colletto, sopra l’abitato di Entracque. L’anziano venne ritrovato cadavere il 20 gennaio 2017 dai familiari, avvertiti proprio dai due vicini che ora si trovano a rispondere di omicidio.
Secondo la Procura, Stefano Giordano e Osvaldo Audisio sono i responsabili diretti di quell’assurda catena di eventi e per entrambi è stata chiesta al termine della requisitoria odierna la condanna a dodici anni di carcere: “Nel quadro di una coabitazione forzata, forzosa e infelice in borgata - ha affermato il procuratore Canepa - all’ennesima provocazione i due rispondono e percuotono la vittima con pugni e bastonate, lasciandolo sanguinante. Giordana si accascia al suolo e muore di freddo, quando i due se ne accorgono si coordinano e organizzano la pantomima, mettendo a soqquadro la casa e spogliando il cadavere”.
Che a Tetti Dietro Colletto fosse diventato
“impossibile vivere”, secondo il pm, lo avrebbe ammesso lo stesso Giordano, il quale del resto da anni era ai ferri corti con il suo vicino: una lunga serie di rancori, ripicche e denunce avrebbero portato all’omicidio preterintenzionale dell’uomo che già mesi prima aveva confidato ai familiari
“se non lo ammazzo, mi ammazzerà lui”.
Resisi conto di ciò che era successo, i due aggressori avrebbero cercato di confondere le acque, con la speranza che altri al posto loro ritrovassero il cadavere. Lo proverebbero una serie di circostanze: su tutte il fatto che i vestiti della vittima fossero risvoltati - in maniera innaturale, per chi si sia svestito da solo - e che la porta di casa fosse stata chiusa senza mandate, come se qualcuno se la fosse tirata dietro uscendo. E poi quel caos incredibile in casa di un uomo descritto da tutti come metodico e ordinato, e che di certo non avrebbe avuto la forza di spostare oggetti pesanti mentre era già debilitato dal freddo e dalla consistente perdita di sangue.
“Perché le tracce ematiche ritrovate sono solo della vittima? Perché gli aggressori avevano guanti e cappelli” ha proseguito Canepa, anticipando uno dei rilievi più consistenti che verosimilmente verranno mossi dalle difese degli imputati. Impossibile, comunque, non notare le numerose macchie di sangue che non solo gli investigatori ma anche i parenti di Giordana avevano subito individuato sul vialetto: “Giordano dice di non averci fatto caso fino al giorno dopo il ritrovamento del cadavere ma si smentisce in una telefonata con la sorella, dove parla di una piccola macchia individuata solo più tardi”.
Questa ed altre incongruenze, come i diversi spostamenti degli imputati dalla borgata nei giorni precedenti al ritrovamento e il riferimento ai graffi sul cadavere che Giordano avrebbe fatto in una telefonata, avevano portato la Procura a iscrivere i due nel registro degli indagati solo a maggio 2018, dopo aver prima vagliato altre possibilità: soltanto Giordano e Audisio, però, avrebbero avuto “la forza fisica necessaria, il libero accesso ai luoghi e il movente per l’aggressione”.
A carico degli accusati gli avvocati Alessandro Bruno e Gabriella Chiapella, che rappresentano la famiglia Giordana, hanno chiesto 343mila euro per danni patrimoniali e morali e oltre 200mila euro a titolo di risarcimento provvisionale, associandosi alle richieste di condanna.
Nella prossima udienza toccherà invece ai difensori di Giordano e Audisio illustrare le ragioni degli imputati.