Per quel grave infortunio, avvenuto in un’azienda agricola di Casalgrasso, l’ex lavoratore oggi 46enne ha affrontato quattro mesi di ricovero per far fronte a una serie di lesioni all’encefalo e fratture costali, vertebrali, alla scapola sinistra e al bacino. Dell’incidente è stata chiamata a rispondere con l’accusa di lesioni personali in concorso anche M.F., la titolare della ditta di trasporti per cui lavorava all’epoca.
Al centro delle contestazioni formulate dalla Procura c’è il fatto che quel trattore avesse una forca di sollevamento non omologata. Le balle di fieno, che si trovavano sotto una tettoia, venivano calate a terra in quattro alla volta: operazione rischiosa, secondo gli ispettori dello Spresal, perché gli attrezzi per la movimentazione sono pensati per il trasporto di non più di tre balle insieme.
Il procuratore aggiunto Gabriella Viglione, chiedendo la condanna a quattro mesi di reclusione, ha chiarito di non credere alla spiegazione fornita dall’infortunato, il quale sosteneva di essersi avvicinato al trattore “per dare un po’ di fieno ai vitellini” nel vicino capannone: “Affermazione ridicola, posto che in quel capannone fra l’altro non c’erano animali. La realtà delle piccole aziende è che la divisione tra mansioni spesso rimane sulla carta e che quindi in quel momento l’autista stava aiutando il suo collega”. Il trattore, ha precisato il pubblico ministero, era fuori norma per quella specifica mansione: “Se ci fosse stata un’indicazione di carico, anche un lavoratore distratto avrebbe potuto e dovuto tener conto di quel dato”. La difesa invece ha sostenuto che quell’assenza di indicazioni non fosse un dato dirimente: “Il trattore non si è ribaltato e il lavoratore stesso ha affermato che sapeva di aver sbagliato, non si sarebbe dovuto trovare lì”.
Al termine dell’istruttoria, il giudice Elisabetta Meinardi ha assolto M.F. perché il fatto non costituisce reato.